Pesci Viaggiatori: Uno Sguardo Intimo sul Benessere e il Trasporto Vivo nell’Acquacoltura Cinese
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante e, per certi versi, sorprendente nel cuore dell’acquacoltura cinese, un gigante mondiale nella produzione di pesce. Vi siete mai chiesti come arrivano quei pesci freschissimi sui banchi dei mercati in Cina, spesso ancora vivi e guizzanti? E, soprattutto, cosa ne pensano gli addetti ai lavori – allevatori, trasportatori, ricercatori – del benessere di questi animali durante il tragitto? Ho avuto modo di approfondire uno studio recente che si è tuffato proprio in queste acque, concentrandosi in particolare sulla regione di Hunan, e voglio condividere con voi le scoperte più interessanti.
La Cina, come forse saprete, domina la scena mondiale dell’acquacoltura, specialmente quella d’acqua dolce. Parliamo di oltre 27 milioni di tonnellate prodotte nel 2023, con la carpa asiatica a farla da padrone. A differenza di noi europei, che preferiamo il pesce lavorato, fresco o surgelato, i consumatori cinesi amano acquistare il pesce vivo, convinti che sia più sano e saporito se ucciso poco prima del consumo. Questa preferenza culturale ha una conseguenza enorme: una quantità impressionante di pesce viene trasportata viva in lungo e in largo per il paese.
Un Viaggio Acquatico: Come si Muovono i Pesci in Cina
Lo studio, basato su interviste online e faccia a faccia con 252 operatori del settore provenienti da 18 province (ma con una forte concentrazione in Hunan), ha rivelato dati pazzeschi. Pensate che oltre il 75% del pesce d’acqua dolce viene trasportato vivo! Se facciamo due conti, parliamo di circa 20,8 milioni di tonnellate di pesci che viaggiano ogni anno. Immaginatevi la logistica!
Come avviene questo trasporto? Generalmente, si usano camion appositamente costruiti, dotati di grandi vasche compartimentate che contengono acqua. Le destinazioni principali sono i mercati all’ingrosso (indicati dal 35% degli intervistati) e i mercati locali, i cosiddetti “wet market” (26,3%). Da lì, il pesce viene poi distribuito a ristoranti, supermercati e infine ai consumatori.
E quanto durano questi viaggi? La maggior parte degli intervistati ha parlato di tragitti che vanno dalle 4 alle 8 ore (45,2%), ma sono comuni anche viaggi più brevi, sotto le 3 ore (27,8%). Questo suggerisce che, almeno per gli operatori intervistati (molti dei quali piccoli produttori o a gestione familiare, soprattutto in Hunan), il trasporto avviene spesso su scala regionale o provinciale. Viaggi più lunghi, anche di 50 ore, esistono per coprire le grandi distanze tra le regioni produttrici e i grandi centri urbani, ma richiedono tecnologie e capacità logistiche che forse non tutti possiedono.
Cosa Conta Davvero Durante il Trasporto?
Ma cosa preoccupa di più gli addetti ai lavori per garantire che i pesci arrivino sani e salvi (e quindi vendibili)? Lo studio ha chiesto di classificare i fattori più importanti. Ecco cosa è emerso:
- Ossigeno disciolto: Assolutamente al primo posto, sia prima che durante il trasporto. Mantenere livelli adeguati (sopra 8 mg/L secondo uno standard nazionale non obbligatorio) è vitale. Si usano bombole di ossigeno liquido o compresso.
- Temperatura dell’acqua: Fondamentale. Essendo animali a sangue freddo, la temperatura influenza il metabolismo dei pesci. Abbassarla (spesso usando ghiaccio, indicato come l’additivo più comune) rallenta il metabolismo, riduce il consumo di ossigeno e la produzione di ammoniaca tossica.
- Esperienza del personale: Cruciale. Un operatore esperto sa come maneggiare i pesci, conosce i limiti di temperatura e ossigeno per le diverse specie e sa come intervenire in caso di problemi.
- Densità di carico: Quanti pesci mettere in una vasca è un equilibrio delicato tra massimizzare il carico e garantire spazio e ossigeno sufficienti.
- Salute del pesce prima del viaggio: Ovviamente, partire con pesci già sani e senza ferite è essenziale.
- Digiuno pre-trasporto: Una pratica comune (raccomandata per 24-48 ore) per ridurre l’escrezione di ammoniaca.
Interessante notare che anche l’uso di sale nell’acqua dolce è risultato comune, una pratica nota per aiutare a mitigare lo stress nei pesci. Meno importanti, secondo gli intervistati, sono risultati fattori come le condizioni stradali o l’ora del giorno del trasporto, anche se altri studi suggeriscono che strade dissestate possono aumentare lo stress dei pesci.
Dopo il trasporto, l’attenzione si sposta sulla condizione fisica del pesce (colore, assenza di lesioni) e sulla sua vitalità (quanto è attivo e reattivo). Squame perse o macchie rosse sono segni di stress o lesioni che possono deprezzare il prodotto.
‘Benessere Animale’: Un Concetto da Scoprire?
Qui arriva una delle scoperte più significative: il termine specifico “benessere animale” (dòngwù fúlì in cinese) è sconosciuto alla maggioranza degli intervistati (oltre il 61% ha dichiarato di non averlo mai sentito nominare). Solo un terzo si è detto molto familiare con il concetto, anche dopo averne letto la definizione nel questionario.
Questo non significa che non ci sia attenzione per le condizioni dei pesci. Anzi! La cosa affascinante è che, pur non conoscendo l’etichetta “benessere animale”, quasi tre quarti (75%) degli operatori riconoscono un legame positivo tra il benessere del pesce e la qualità del prodotto finale. E una percentuale simile (quasi il 75%) crede che i pesci siano senzienti, cioè capaci di provare sensazioni come il dolore.
Chi è più consapevole? Lo studio ha trovato una correlazione interessante con il livello di istruzione: chi ha un’istruzione universitaria o post-laurea è più familiare con il concetto di benessere animale e più propenso a credere che i pesci possano provare emozioni negative. Al contrario, chi lavora nel settore delle vendite sembra meno informato rispetto a chi si occupa della produzione.
Un dato curioso riguarda l’esperienza: gli operatori con 15-19 anni di esperienza erano *meno* propensi a credere che i pesci provassero dolore rispetto ai colleghi più giovani. Forse una visione più “strumentale” maturata negli anni? D’altro canto, gli operatori più anziani (over 46) erano *più* propensi a concordare che i pesci meritano un buon trattamento, simile a quello degli animali terrestri da allevamento.
Sfide e Prospettive Future
Nonostante l’emergere di una certa sensibilità, la strada per un benessere animale strutturato nell’acquacoltura cinese è ancora lunga. Manca uno standard nazionale specifico e vincolante sul benessere dei pesci durante il trasporto (quello esistente è datato 2011 e non obbligatorio). C’è poi la sfida economica, specialmente per i piccoli produttori: migliorare le pratiche di benessere richiede investimenti in strutture, formazione e tecnologia, che devono essere bilanciati con la sostenibilità economica.
Lo studio stesso riconosce i suoi limiti, come la concentrazione geografica in Hunan e la necessità di indagare più a fondo le differenze tra specie ittiche e tra piccole aziende familiari e grandi imprese.
Tuttavia, i risultati sono preziosi. Ci dicono che, anche se il termine “benessere animale” non è ancora entrato nel linguaggio comune, gli operatori dell’acquacoltura cinese sono consapevoli dell’importanza di fattori chiave come ossigeno e temperatura, riconoscono un legame tra buone pratiche e qualità del prodotto, e una maggioranza crede nella senzienza dei pesci. C’è una base su cui costruire.
La crescente attenzione pubblica in Cina per la sicurezza alimentare e, più recentemente, per il benessere degli animali da allevamento terrestre, potrebbe presto estendersi anche al mondo acquatico. Capire le attitudini e le pratiche attuali, come ha fatto questo studio, è il primo passo fondamentale per promuovere miglioramenti che vadano a beneficio sia dei pesci che della qualità del cibo che arriva sulle nostre tavole (o su quelle cinesi, in questo caso!). Un percorso complesso, ma necessario, per un settore così imponente e vitale.
Fonte: Springer