Immagine fotorealistica, obiettivo macro 70mm, che mostra batteriofagi che attaccano batteri solfato-riduttori (SRB) su una superficie metallica corrosa, alto dettaglio, messa a fuoco precisa, rappresentando la lotta contro la corrosione microbica indotta (MIC).

Fagi Mangia-Ruggine: La Rivoluzione Naturale Contro la Corrosione Batterica!

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di una battaglia silenziosa ma devastante che si combatte ogni giorno nelle tubature, negli impianti industriali, specialmente quelli petroliferi e di trattamento delle acque reflue. Una battaglia contro un nemico invisibile ma potentissimo: la corrosione indotta dai microbi, o MIC (Microbially Induced Corrosion), e l’inacidimento (MIS – Microbially Induced Souring). E indovinate chi sono i principali colpevoli? Un gruppo di batteri chiamati SRB, ovvero batteri solfato-riduttori.

Chi sono questi SRB e perché ci danno tanto filo da torcere?

Immaginate dei microrganismi che, in assenza di ossigeno (o quasi), si nutrono di solfati e producono solfuri, come l’acido solfidrico (H₂S), quel gas puzzolente che sa di uova marce. Ecco, questi sono gli SRB. Non solo l’H₂S è tossico e pericoloso per chi lavora negli impianti, ma accelera drasticamente la corrosione dei metalli. Pensate alle condotte petrolifere, alle attrezzature di perforazione… questi batteri possono letteralmente mangiarsi le infrastrutture!

Il problema grosso è che gli SRB sono furbetti. Amano formare delle comunità chiamate biofilm sulle superfici metalliche. Questi biofilm sono come delle fortezze fatte di zuccheri complessi, proteine, DNA e altre sostanze, che proteggono i batteri al loro interno. Sapete quanto sono più resistenti i batteri nel biofilm rispetto a quelli che nuotano liberi? Fino a 1000 volte di più ai disinfettanti chimici! E causano una corrosione 100 volte maggiore. Capite bene che i metodi tradizionali, come l’uso massiccio di disinfettanti chimici (tipo i sali di ammonio quaternario), non solo sono poco efficaci contro i biofilm, ma creano anche problemi di resistenza batterica e inquinamento ambientale. Certo, ci sono strategie innovative come rivestimenti speciali (ZnO) o nanocompositi (chitosano-ZnO) per impedire ai batteri di attaccarsi o formare biofilm, ma spesso sono costose.

Arrivano i nostri: i Batteriofagi!

E se vi dicessi che la natura stessa ci offre una soluzione elegante, specifica ed ecologica? Sto parlando dei batteriofagi, o più semplicemente fagi. Ma che diavolo sono? Sono virus! Aspettate, non scappate! Non sono virus che attaccano noi umani, ma virus specializzati nell’infettare e distruggere *esclusivamente* batteri specifici. Sono i predatori naturali dei batteri, e ce ne sono miliardi ovunque intorno a noi, si stima che superino i batteri di 10 volte!

La “fagoterapia”, cioè l’uso dei fagi per combattere infezioni batteriche, non è un’idea nuova, ma sta tornando prepotentemente alla ribalta, soprattutto ora che l’antibiotico-resistenza è una crisi globale. E negli ultimi anni, abbiamo iniziato a pensare: perché non usarli anche contro i batteri che causano la corrosione? Sembra fantascienza, vero? Eppure, funziona!

Il problema è che trovare fagi specifici per gli SRB è complicato, proprio perché questi batteri vivono in ambienti senza ossigeno. Finora, ne erano stati trovati pochissimi in natura. Ma la ricerca non si ferma mai!

Fotografia macro, obiettivo 80mm, di una superficie metallica corrosa con evidenti vaiolature e macchie scure di biofilm causate da batteri solfato-riduttori, alto dettaglio, illuminazione controllata.

La scoperta di SRB7757: un cacciatore di SRB dalle fogne!

Ed è qui che entra in gioco la nostra storia. Nel mio lavoro (parlo in prima persona come richiesto, ma rappresento il team di ricerca!), siamo riusciti a isolare un nuovo fago, che abbiamo chiamato SRB7757, direttamente dalle acque reflue di un impianto di trattamento. E chi è la sua preda preferita? Proprio uno degli SRB più “cattivi”, il Desulfovibrio vulgaris (in particolare il ceppo ATCC 7757).

Questo fago è un tipo “litico”, il che significa che una volta infettato il batterio, si replica al suo interno fino a farlo letteralmente scoppiare (lisi), liberando nuovi fagi pronti ad attaccare altri batteri. Una vera macchina da guerra biologica!

SRB7757 alla prova dei fatti: stop alla corrosione!

Ovviamente, non ci siamo fermati all’isolamento. Volevamo vedere se SRB7757 fosse davvero efficace. Abbiamo fatto diversi esperimenti:

  • Stop ai solfuri: In laboratorio, abbiamo visto che aggiungendo il fago a una coltura di D. vulgaris, la produzione di solfuri veniva ridotta del 92.3% in sole 24 ore! Un risultato pazzesco.
  • Protezione dei metalli: Abbiamo simulato le condizioni di corrosione in un ambiente simile a quello delle acque prodotte dai giacimenti petroliferi. Abbiamo immerso dei campioni di acciaio al carbonio (il comune acciaio 20#) in questo mezzo. In un gruppo c’erano solo i batteri SRB, in un altro c’erano i batteri e il nostro fago SRB7757, e poi un controllo senza batteri. Dopo 28 giorni, i risultati erano evidenti. I campioni con solo SRB erano pieni di aggregati microbici e, una volta puliti, mostravano profonde vaiolature da corrosione. I campioni trattati con il fago, invece, avevano pochissimi aggregati e la superficie metallica era significativamente protetta, con solo qualche piccolissima imperfezione. Il fago aveva fatto il suo lavoro!

Carta d’identità di SRB7757: un fago robusto e interessante

Abbiamo studiato a fondo il nostro nuovo “eroe”:

  • Aspetto: Al microscopio elettronico a trasmissione (TEM), SRB7757 ha una testa icosaedrica (una specie di poliedro a 20 facce) e una lunga coda non contrattile. Appartiene alla famiglia Chaseviridae.
  • Ciclo vitale: Ha un periodo di latenza di 4 ore (il tempo tra l’infezione e lo scoppio della cellula) e produce circa 100 nuovi fagi per ogni batterio infettato (burst size).
  • Resistenza: È incredibilmente stabile! Resiste a temperature tra 4°C e 60°C e a un ampio range di pH, da molto acido (pH 2.0) a molto basico (pH 12.0). Questa robustezza è fantastica per le applicazioni pratiche in ambienti industriali difficili. Non teme nemmeno il cloroformio, il che suggerisce che non ha lipidi essenziali nella sua struttura esterna.
  • Genoma: Il suo DNA è lungo 142.573 paia di basi, contiene 217 potenziali geni (ORF) e 6 geni per tRNA (che aiutano nella sintesi delle proteine). È un genoma piuttosto unico, con poca somiglianza con altri fagi conosciuti, rendendolo un nuovo membro interessante della sottofamiglia Cleopatravirinae.
  • Specificità: Ha un raggio d’azione ristretto, infetta solo D. vulgaris e non altri batteri testati, nemmeno specie vicine. Questo è un vantaggio: colpisce solo il bersaglio senza disturbare altre popolazioni microbiche potenzialmente utili.

Immagine stile microscopia elettronica, alto dettaglio, che mostra multipli batteriofagi con testa icosaedrica e lunga coda attaccati alla superficie di una cellula batterica, messa a fuoco precisa.

Non solo il fago: le sue armi segrete (enzimi litici)

Analizzando il genoma di SRB7757, abbiamo trovato due geni vicini, ORF8 e ORF9, che sembravano codificare per enzimi litici, proteine capaci di degradare la parete cellulare batterica. Li abbiamo chiamati Lysrb8 e Lysrb9. Abbiamo clonato questi geni, prodotto le proteine in laboratorio e le abbiamo testate. Risultato? Entrambi gli enzimi sono capaci di inibire la crescita di D. vulgaris da soli!

Ma la cosa ancora più interessante è la loro capacità di attaccare i biofilm. Abbiamo fatto crescere dei biofilm di D. vulgaris per 48 ore e poi li abbiamo trattati con gli enzimi o con il fago stesso. Dopo 6 ore, Lysrb8 aveva rimosso il 66% del biofilm, Lysrb9 il 42% e il fago SRB7757 il 34%. Questo significa che non solo il fago intero, ma anche i suoi enzimi specifici, possono essere usati come potenti agenti anti-biofilm. Questi enzimi potrebbero avere un raggio d’azione più ampio del fago stesso, offrendo strategie ancora più versatili.

Cosa ci insegna tutto questo?

Questa scoperta è entusiasmante! Dimostra che i batteriofagi sono uno strumento promettente e concreto per combattere la corrosione microbica (MIC) e l’inacidimento (MIS) causati dagli SRB, un problema enorme per molte industrie. Il nostro SRB7757 è robusto, efficace e specifico. I suoi enzimi litici aprono ulteriori possibilità terapeutiche contro i tenaci biofilm.

Certo, siamo ancora in una fase di studio in condizioni di laboratorio controllate. L’ambiente reale è molto più complesso. Inoltre, abbiamo notato che dopo 24 ore, la produzione di solfuri tendeva a risalire, probabilmente perché alcuni batteri sviluppano resistenza al fago. Questo suggerisce che la strategia migliore in futuro sarà probabilmente usare dei “cocktail” di diversi fagi per prevenire la resistenza batterica.

Scena di laboratorio still life, obiettivo macro 100mm, che mostra piastre Petri o piastre microtiter con biofilm batterici visibili, alcuni pozzetti mostrano zone di schiarimento che indicano la rimozione del biofilm da parte di fagi o enzimi, illuminazione controllata.

Isolare fagi contro gli SRB è difficile, ma questo studio dimostra che è possibile e che i risultati possono essere rivoluzionari. Stiamo fornendo non solo un potenziale agente di biocontrollo, ma anche dati preziosi sulle caratteristiche biologiche e genomiche di questi affascinanti virus “mangia-batteri”. La lotta contro la ruggine batterica ha un nuovo, potente alleato naturale!

Fonte: Springer

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