Un'immagine concettuale di Microbacterium proteolyticum ZJSU01 che degrada attivamente molecole di 17β-estradiolo in un ambiente acquatico stilizzato. Macro fotografia, 100mm, alta definizione, illuminazione drammatica che evidenzia i batteri e le molecole, sfondo leggermente sfocato per enfasi.

ZJSU01: Il Batterio Supereroe che Divora l’Inquinamento da Estrogeni!

Ciao a tutti, appassionati di scienza e curiosi! Oggi voglio parlarvi di una faccenda che, ammettiamolo, sta diventando un bel grattacapo a livello globale: l’inquinamento ambientale causato dagli estrogeni. Sembra un argomento di nicchia, ma credetemi, queste sostanze, anche a concentrazioni bassissime nell’acqua e nel suolo, possono fare un bel po’ di scompiglio nei sistemi endocrini di noi umani e degli animali. Pensate che l’estrogeno più diffuso e strutturalmente stabile è il 17β-estradiolo, o più semplicemente E2. Questo E2 è un vero e proprio disturbatore endocrino, capace di mandare in tilt i recettori degli estrogeni e causare una serie di problemi a cascata.

Finora, per cercare di rimuovere questi composti, si sono usate strategie fisiche e chimiche, ma spesso costano un occhio della testa e non sono così efficienti quando le concentrazioni di estrogeni sono basse. Ed è qui che entra in gioco la natura, o meglio, la biodegradazione! Sì, avete capito bene: usare microrganismi per “ripulire” l’ambiente. È considerata la strategia più efficiente e, soprattutto, con il minimo impatto ecologico. Tra questi microrganismi, i batteri sono i veri campioni nella degradazione dell’E2.

L’Identikit del Nostro Eroe Batterico: Microbacterium proteolyticum ZJSU01

Ebbene, il protagonista della nostra storia di oggi è un ceppo batterico che abbiamo isolato e che si è rivelato un vero fenomeno: il Microbacterium proteolyticum ZJSU01. Immaginatevi dei ricercatori (sì, ci siamo anche noi in questa avventura!) che, armati di pazienza e provette, setacciano campioni di letame di maiale proveniente da un allevamento a Shengzhou, nella provincia di Zhejiang, in Cina. Dopo ben cinque cicli di arricchimento in un terreno di coltura specifico, ecco spuntare lui, ZJSU01! Si tratta di un batterio Gram-positivo, di forma sferica e color avorio. Studiando il suo gene rRNA 16S, abbiamo visto che è strettamente imparentato (identità del 99.93%) con Microbacterium proteolyticum NJ-QEDSD-12-C. I batteri del genere Microbacterium sono noti per essere dei veri giramondo, presenti in suoli, sedimenti, fiumi e persino nell’intestino.

La cosa più entusiasmante è che questo ZJSU01 è un vero portento nel degradare l’E2, molto più velocemente di tanti altri batteri studiati finora. Pensate che la maggior parte dei batteri impiega circa sette giorni per degradare completamente l’E2, mentre il nostro ZJSU01 fa il lavoro in poche ore!

Un Appetito Insaziabile per l’E2 (e non solo?)

Abbiamo messo alla prova ZJSU01 con diversi tipi di estrogeni: E1 (estrone), E2 (17β-estradiolo) e EE2 (17α-etinilestradiolo, un estrogeno sintetico). I risultati sono stati sorprendenti! In un terreno di coltura dove l’E2 era l’unica fonte di carbonio, ZJSU01 ha degradato il 100% di 5 mg/L di E2 in sole 4 ore. Nello stesso lasso di tempo, ha degradato circa il 68% di E1 in 12 ore, mentre l’EE2 è rimasto praticamente intatto. Questo ci dice che ZJSU01 ha una preferenza e una super-efficienza per l’E2.

Abbiamo anche testato diverse concentrazioni iniziali di E2. Con 10 mg/L, l’E2 è stato completamente degradato in 4 ore (principalmente nelle prime 3). Con 5 mg/L, ci ha messo 3 ore. E con 1 mg/L, è bastata solo 1 ora e mezza! Un vero fulmine. Durante questo processo, abbiamo notato che l’E2 viene convertito principalmente nel suo intermedio, l’E1. Ad esempio, partendo da 10 mg/L di E2, dopo 4 ore si sono accumulati 5.47 mg/L di E1. È interessante notare che la crescita batterica (misurata come OD600) non aumentava significativamente durante la degradazione dell’E2. Questo suggerisce che ZJSU01 potrebbe utilizzare enzimi preesistenti per degradare gli ormoni steroidei, senza bisogno di crescere ulteriormente, una sorta di strategia di sopravvivenza “a basso consumo energetico”.

Colonie di Microbacterium proteolyticum ZJSU01 su una piastra di Petri in laboratorio, lente macro 60mm, alta definizione dei dettagli delle colonie color avorio, illuminazione controllata da laboratorio per evidenziare la texture.

Un Campione di Adattabilità: ZJSU01 alla Prova Ambientale

Per capire quanto il nostro ZJSU01 sia “robusto” e adattabile, l’abbiamo sottoposto a una serie di test, variando diversi fattori ambientali, sempre con una concentrazione iniziale di E2 di 5 mg/L.

  • Temperatura: ZJSU01 ha mostrato un’ottima tolleranza alle alte temperature, rimuovendo completamente l’E2 a 30°C, 37°C e persino 42°C entro 3 ore. Anche a temperature più basse (fino a 10°C), pur con efficienza ridotta, continuava a degradare l’E2.
  • Quantità di inoculo: Aumentando la quantità di batteri inoculati (dallo 0.1% al 5%), l’efficienza di degradazione migliorava, con una rimozione completa dell’E2 in 3 ore per concentrazioni di inoculo dell’1%, 2% e 5%.
  • pH: Qui ZJSU01 ci ha davvero stupito! Ha mostrato un’efficienza di degradazione superiore al 97.5% in un range di pH incredibilmente ampio, da 5 a 11. Addirittura, a pH 11 (molto alcalino), l’E2 veniva completamente degradato con un accumulo minimo di E1.
  • Velocità di agitazione: La velocità dell’agitatore non ha influenzato la velocità di degradazione dell’E2, ma velocità maggiori portavano a un minore accumulo di E1, probabilmente per una maggiore disponibilità di ossigeno che favorisce la degradazione dell’E1.
  • Fonti di carbonio extra: L’aggiunta di glucosio o acetato di sodio non ha inibito la degradazione dell’E2. Tuttavia, se coltivato in terreni ricchi di nutrienti come LB o TSB, ZJSU01 degradava completamente l’E2 ma l’E1 si accumulava senza ulteriore degradazione, suggerendo che il batterio potrebbe preferire metabolizzare altri nutrienti più “facili” rispetto all’E1.
  • Fonti di azoto: Usando ammoniaca o nitrato come fonte di azoto, l’E2 veniva degradato completamente. Al contrario, il nitrito ha inibito significativamente la degradazione, probabilmente a causa della sua tossicità per i microbi.

Questi risultati ci dicono che M. proteolyticum ZJSU01 è un batterio con una notevole adattabilità ambientale, il che è fantastico se pensiamo a possibili applicazioni pratiche nel biorisanamento.

Svelare i Segreti: Come Fa ZJSU01 a “Mangiare” l’E2?

Per capire meglio il meccanismo di degradazione, abbiamo analizzato i prodotti intermedi che si formano durante il processo. Utilizzando tecniche sofisticate come UHPLC e HPLC-Q-TOF-MS, abbiamo identificato sette prodotti intermedi (P1, P2, P3, P4, P5, P6, P7) e previsto altri quattro prodotti (Pd1, Pd2, Pd3, Pd4) basandoci su studi precedenti. Grazie a queste informazioni, abbiamo proposto quattro possibili vie di degradazione.

La Via I sembra essere la principale. Inizia con la deidrogenazione del gruppo ossidrilico in posizione C-17 dell’E2, formando E1 (il nostro P1). Successivamente, l’E1 subisce un’idrossilazione in posizione C-4, formando 4-idrossiestrone (4-OH-E1, il nostro P2). Infine, l’anello A del 4-OH-E1 viene aperto, portando a Pd1 e poi a P3. Questa via, nota come “via 4,5-seco”, è abbastanza comune nei batteri che degradano l’E2.

Le altre vie (II, III e IV) coinvolgono passaggi simili o alternativi, come condensazioni con ammoniaca o ossidazioni in altre posizioni della molecola, portando a diversi intermedi. È affascinante vedere come questo piccolo batterio abbia sviluppato strategie multiple per smantellare una molecola complessa come l’E2!

Schema molecolare dettagliato che illustra le quattro vie di biodegradazione del 17β-estradiolo da parte di Microbacterium proteolyticum ZJSU01. Infografica scientifica, macro lens 100mm, alta definizione delle strutture chimiche, colori distinti per ogni via metabolica su sfondo neutro.

Dentro il DNA: i Geni della Degradazione

Non contenti, siamo andati a curiosare nel suo genoma! Il sequenziamento completo del genoma di ZJSU01 ci ha rivelato un cromosoma di 3.828.432 paia di basi, con un contenuto di GC del 70.55% e ben 3.619 geni. Analizzando questi geni, abbiamo scoperto che molti sono coinvolti nel trasporto e metabolismo dei carboidrati, ma soprattutto, abbiamo identificato numerosi geni che codificano per enzimi potenzialmente coinvolti nella degradazione dell’E2. Parliamo di:

  • 23 geni per deidrogenasi
  • 23 geni per SDRs (deidrogenasi/reduttasi a catena corta), una famiglia a cui appartengono le famose 17β-idrossisteroido deidrogenasi (17β-HSD) che catalizzano il primo step E2 → E1
  • 3 geni per monoossigenasi
  • 4 geni per diossigenasi
  • 6 geni per idrolasi

Tra questi, abbiamo trovato geni omologhi a quelli già noti per essere coinvolti nella degradazione degli estrogeni in altri batteri, come il gene oecA (per la conversione E2→E1) e geni simili a oecB o mocA (per l’idrossilazione E1→4-OH-E1), e persino un gene catA (per l’apertura dell’anello del 4-OH-E1).

La Prova del Nove: la Trascrittomica Conferma i Protagonisti

Per avere la certezza di quali geni fossero effettivamente “al lavoro” durante la degradazione dell’E2, abbiamo condotto un’analisi trascrittomica (RNA-seq). In pratica, abbiamo confrontato quali geni erano più “accesi” (sovraespressi) in ZJSU01 quando era in presenza di E2 rispetto a quando non lo era. I risultati sono stati illuminanti! Abbiamo trovato 89 geni significativamente sovraespressi e 85 sottoregolati.

Tra i geni sovraespressi, molti erano proprio quelli che sospettavamo: deidrogenasi, SDRs, monoossigenasi. Ma la vera star è stata un gene chiamato budC. Questo gene, che codifica per una butandiolo deidrogenasi, è risultato espresso a livelli quasi 170 volte superiori rispetto al controllo! Sebbene non ci siano studi precedenti che collegano direttamente budC alla degradazione dell’E2, la sua massiccia sovraespressione e la presenza di motivi conservati tipici della famiglia SDR suggeriscono che giochi un ruolo cruciale nella rapida efficienza di ZJSU01. È una scoperta davvero intrigante!

Anche altri geni importanti si sono “accesi”:

  • Un gene (orf0305), che codifica per un’acil-CoA deidrogenasi omologa a oecA, era 2.1 volte più espresso.
  • Il gene qor, che codifica per una NAD(P)-dipendente alcol deidrogenasi, era 1.8 volte più espresso.
  • Il gene fdeE, una monoossigenasi coinvolta nell’idrossilazione (E1→4-OH-E1), era 9.4 volte più espresso.
  • Il gene catA, responsabile dell’apertura dell’anello (4-OH-E1→Pd1), era anch’esso sovraespresso.

Inoltre, tra i 20 geni più sovraespressi, abbiamo trovato geni che codificano per proteine di membrana e trasportatori, suggerendo che ZJSU01 sia molto efficiente anche nell’assorbire l’E2 e nel gestire i processi transmembrana, il che contribuisce anche alla sua adattabilità ambientale.

Ricercatore in un laboratorio di biotecnologie che analizza dati di sequenziamento genetico su un monitor ad alta risoluzione, con grafici di espressione genica e strutture del DNA visibili. Lente 35mm, profondità di campo, illuminazione da laboratorio focalizzata sullo schermo e sul volto concentrato del ricercatore.

ZJSU01: Una Speranza Concreta Contro l’Inquinamento da Estrogeni

Quindi, cosa ci dice tutto questo? Che abbiamo tra le mani un ceppo batterico, Microbacterium proteolyticum ZJSU01, che non solo è estremamente rapido ed efficiente nel degradare il 17β-estradiolo, ma è anche incredibilmente adattabile a diverse condizioni ambientali. La sua capacità di degradare completamente l’E2 in poche ore, in un ampio range di pH e temperature, e la sua non inibizione da fonti di carbonio extra, lo rendono un candidato ideale per future applicazioni di biorisanamento.

L’identificazione della via 4,5-seco come principale percorso di degradazione e, soprattutto, la scoperta del ruolo chiave del gene budC e di altri geni sovraespressi, ci forniscono preziose informazioni sui meccanismi molecolari alla base di questa super-efficienza. Questo lavoro non solo spiega perché ZJSU01 sia così bravo nel suo “mestiere”, ma pone anche le basi per future ricerche. Immaginate di poter ingegnerizzare ceppi batterici ancora più potenti o di sviluppare sistemi di biorisanamento basati su questi piccoli ma potentissimi operai della natura!

Insomma, la lotta contro l’inquinamento da interferenti endocrini ha un nuovo, promettente alleato. E io non vedo l’ora di scoprire cos’altro ZJSU01 e i suoi “colleghi” batterici potranno fare per il nostro pianeta!

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *