Primo piano di una batteria allo stato solido di nuova generazione prodotta con processo di co-rolling, con dettagli visibili dell'interfaccia strettamente coesa tra elettrolita solido ed elettrodo, illuminazione da studio per enfatizzare la tecnologia avanzata, obiettivo macro 70mm, alta definizione e texture dei materiali.

Batterie allo Stato Solido: La Svolta del Co-Rolling a Secco per Prestazioni da Urlo!

Amici appassionati di tecnologia e futuro sostenibile, tenetevi forte! Oggi voglio parlarvi di una vera e propria chicca nel mondo delle batterie, quelle allo stato solido (ASSB), che promettono di rivoluzionare il modo in cui immagazziniamo energia. Immaginate batterie più sicure, con una densità energetica maggiore rispetto alle tradizionali agli ioni di litio… un sogno, vero? Beh, ci stiamo lavorando sodo, e i progressi sono entusiasmanti!

Il Problema: Processi Bagnati e Fragilità

Fino ad oggi, uno dei metodi più usati per produrre componenti per batterie, anche quelle allo stato solido, è il cosiddetto “processo a umido” (wet slurry). È un po’ come fare la pastella per una torta: si mescolano i materiali con dei solventi, si stende e poi si fa asciugare. Il problema? Questi solventi sono spesso tossici, richiedono un sacco di energia per essere rimossi e recuperati, e non vanno molto d’accordo con alcuni dei materiali più promettenti per gli elettroliti solidi (SSE). Insomma, non proprio il massimo della sostenibilità e dell’efficienza.

Ecco perché da tempo si guarda con interesse al “processo a secco” (dry-process), che elimina i solventi. Una figata, direte voi! E lo è, ma porta con sé altre sfide. Uno dei componenti chiave è lo strato di elettrolita solido (SSE). Per avere batterie performanti, questo strato deve essere sottilissimo. Ma più è sottile, più diventa fragile, un po’ come un foglio di carta velina. Immaginate la difficoltà nel maneggiarlo e assemblarlo senza romperlo! Inoltre, spesso si usa un legante chiamato PTFE (politetrafluoroetilene), che però ha i suoi limiti elettrochimici. Se si usano altri leganti, magari meno performanti, bisogna metterne di più, e questo non è ideale. E poi, diciamocelo, mancava un metodo di fabbricazione scalabile e continuo per ottenere strati di SSE sottili ma robusti.

Un’altra bella gatta da pelare è la pressione operativa. Le batterie allo stato solido, per funzionare bene e mantenere i contatti tra le particelle, spesso richiedono pressioni molto elevate, tipo quelle che si usano nei test di laboratorio (parliamo anche di oltre 50 MPa!). Nella vita reale, però, non è praticabile. Bisogna trovare il modo di farle funzionare bene a pressioni più basse.

La Nostra Idea: Il Co-Rolling a Secco!

E qui entriamo in gioco noi! Abbiamo pensato: e se invece di creare prima uno strato sottile e fragile di SSE da solo, lo “accoppiassimo” fin da subito con lo strato dell’elettrodo positivo? È nato così il nostro processo di co-rolling a secco.

In pratica, prendiamo un “nastro” più spesso di materiale per l’elettrolita solido (SSE feed) e un altro nastro di materiale per l’elettrodo positivo (positive electrode feed) e li facciamo passare insieme attraverso dei rulli, pressandoli. In questo modo, otteniamo contemporaneamente uno strato di SSE sottile (siamo arrivati a 50 µm, pensate un po’!) e uno strato di elettrodo positivo ad alta capacità (5 mAh cm-2) con un’alta percentuale di materiale attivo (80% in peso).

Il bello è che questo film integrato SSE-elettrodo positivo ha proprietà fisiche migliorate e una ciclabilità da urlo (oltre l’80% di ritenzione della capacità dopo 500 cicli!) anche a basse pressioni di stack (solo 2 MPa). Questo perché durante il processo di co-rolling si forma un’interfaccia tra SSE ed elettrodo positivo super robusta e intima. È come se i due strati si “fondessero” insieme, creando una connessione fortissima.

Macro fotografia di un sottile strato di elettrolita solido (SSE) per batterie, affiancato da uno strato di elettrodo positivo, illuminazione controllata per evidenziare la texture uniforme e l'interfaccia tra i due, lunghezza focale 80mm, alta definizione dei dettagli, su un banco di laboratorio pulito.

Perché il Co-Rolling Funziona Meglio?

Nel processo a secco convenzionale, si parte da un nastro spesso di SSE e lo si assottiglia progressivamente passandolo più volte tra i rulli. Più diventa sottile, più aumenta il rischio di rotture, crepe o strappi. Con il nostro co-rolling, invece, lo strato di SSE non deve mai esistere da solo in forma sottile e indipendente, perché è sempre supportato dallo strato dell’elettrodo positivo. Questo riduce drasticamente il rischio di fallimenti meccanici. Il film che otteniamo è uniforme, senza crepe, e molto più facile da maneggiare per l’assemblaggio delle celle.

Abbiamo anche studiato come ottimizzare il processo, guardando a tre parametri fondamentali:

  • Dimensione delle particelle del materiale attivo catodico (CAM): Abbiamo confrontato particelle più grandi (policristalline, PC-NCM) con particelle più piccole (monocristalline, SC-NCM). Le particelle più piccole si sono rivelate migliori, evitando crepe durante la pressatura e garantendo contatti più intimi.
  • Temperatura di co-rolling: Lavorare a temperature più alte (120 °C contro 30 °C) permette ai materiali di deformarsi meglio, portando a strati più uniformi. Questo perché il legante diventa meno rigido col calore.
  • Spessore di riduzione: Ridurre lo spessore gradualmente (ad esempio, 20 µm per passata invece di 100 µm) evita che lo strato dell’elettrodo positivo “penetri” in quello dell’SSE, mantenendo i due strati ben distinti e uniformi.

Con i parametri ottimizzati, siamo riusciti a fabbricare questi film a una velocità notevole (4 metri al minuto!) nel nostro macchinario da laboratorio, il che fa ben sperare per una produzione su larga scala.

Un’Interfaccia da Campioni

La vera forza del nostro film co-laminato sta nelle sue proprietà fisiche. È flessibile, recupera la forma e ha un’integrità che sarebbe difficile ottenere con un film di SSE sottile autoportante. La resistenza alla trazione del film co-laminato è praticamente la somma delle resistenze dei singoli strati, il che significa che l’elettrodo positivo “aiuta” meccanicamente il fragile strato di SSE. E tutto questo usando una quantità minima di legante (meno dello 0.1% in peso!), un risultato notevole rispetto ad altri lavori pubblicati.

Per capire quanto fosse robusta l’adesione tra i due strati, abbiamo fatto dei “peel-off test”, cioè abbiamo provato a separarli. I film creati con il metodo tradizionale (laminando strati già formati) si separavano subito. Nel nostro film co-laminato, invece, lo strato di SSE non si staccava nemmeno dopo dieci tentativi! Anche quando si creava una piccola separazione forzata, l’elettrodo positivo rimaneva tenacemente attaccato all’SSE. Questo grazie a una rete fibrillata di legante e fibre di carbonio (VGCF) che si forma all’interfaccia durante il co-rolling, una specie di “tessuto” che tiene tutto insieme.

La differenza chiave è la forza di taglio (shear force) applicata durante il nostro processo. Questa forza induce la fibrillazione del legante e la formazione di contatti intimi tra le particelle all’interfaccia, creando una sorta di “fusione” tra i due strati, a differenza dell’interfaccia più eterogenea che si ottiene semplicemente impilando strati preformati.

Immagine al microscopio elettronico a scansione (SEM) che mostra l'interfaccia strettamente legata tra l'elettrolita solido e l'elettrodo positivo in una batteria allo stato solido prodotta con co-rolling, lunghezza focale macro, illuminazione per dettagli strutturali, alta risoluzione.

Prestazioni Elettrochimiche: Non Solo Bello, Ma Anche Bravo!

Ovviamente, un film robusto non basta, deve anche funzionare bene dal punto di vista elettrochimico. Abbiamo confrontato le proprietà di trasporto degli ioni litio (Li+) e degli elettroni (e) nei nostri film co-laminati e in quelli prodotti tradizionalmente.
I risultati? Il nostro film co-laminato ha mostrato una conduttanza ionica molto più alta nello strato SSE, principalmente perché è molto più sottile (164 mS contro 20 mS). La conducibilità elettronica nell’SSE era comparabilmente bassa per entrambi, il che è buono perché significa che isola bene elettronicamente. Anche il trasporto di ioni e elettroni nello strato dell’elettrodo positivo era ottimo e comparabile.

Passando alle celle complete, la resistenza interna delle celle con film co-laminato era significativamente più bassa, sempre grazie allo strato SSE più sottile. La durata a scaffale (shelf-life), cioè quanto bene mantengono la carica nel tempo, era simile, indicando una buona tenuta nonostante lo spessore ridotto dell’SSE.

Ma la vera magia si è vista analizzando gli effetti della pressione di stack. Le celle con film co-laminato hanno mostrato un aumento minore della resistenza all’interfaccia SSE-elettrodo positivo quando la pressione veniva ridotta da 75 MPa a soli 2 MPa. Di conseguenza, a 2 MPa, la cella con il nostro film ha fornito una capacità di scarica molto più alta (177 mAh g–1 contro 141 mAh g–1). Questo suggerisce che la nostra interfaccia “fusa” è meno suscettibile alla formazione di vuoti e alla perdita di contatto quando la pressione è bassa.

Ciclabilità a Bassa Pressione: La Prova del Nove

Abbiamo quindi testato le prestazioni a lungo termine. A 75 MPa, entrambi i tipi di film (co-laminato e tradizionale) si sono comportati bene, con alte capacità e ritenzione oltre il 95% dopo 500 cicli. Ma a 2 MPa, la differenza è stata netta: il film co-laminato ha mantenuto una capacità più alta (3.65 mAh cm-2) con una ritenzione superiore all’80% dopo 500 cicli. Un risultato fantastico!

Analizzando i film dopo il ciclaggio, abbiamo visto il perché. Nelle celle con film tradizionali ciclati a 2 MPa, si formavano molti vuoti all’interfaccia SSE-elettrodo positivo. Con i nostri film co-laminati, invece, l’interfaccia rimaneva molto più integra e con meno vuoti, anche a bassa pressione. Meno vuoti significa meno polarizzazione e migliore utilizzo della capacità. L’interfaccia robusta creata durante il co-rolling è quindi la chiave per queste prestazioni superiori a pressioni operative ridotte, un passo cruciale verso l’applicazione pratica delle ASSB.

Fotografia di una cella a tasca (pouch cell) per batteria allo stato solido, ben illuminata su sfondo neutro per evidenziare la sua forma compatta, obiettivo macro 60mm per mostrare i dettagli costruttivi e i terminali di connessione, alta definizione.

Verso Batterie ad Alta Densità Energetica: La Cella a Tasca

Per spingere ancora più in là le prestazioni, abbiamo accoppiato il nostro film co-laminato con un anodo al silicio (Si) ad alta capacità. Questa configurazione promette un’energia specifica elevata, circa 315 Wh kg-1. E non ci siamo fermati qui: abbiamo assemblato una cella a tasca (pouch cell) con il nostro film co-laminato e l’anodo al silicio. Questa cella ha funzionato stabilmente per oltre 30 cicli a 30 °C e una pressione di stack di soli 5 MPa, raggiungendo un’energia specifica a livello di stack di 310 Wh kg-1 e una densità energetica di 805 Wh L-1! Numeri davvero impressionanti rispetto ad altri lavori su film SSE processati a secco. Certo, c’è ancora lavoro da fare per stabilizzare l’interfaccia con l’anodo al silicio a lungo termine, magari esplorando leganti diversi, ma la strada è tracciata.

Conclusioni (per Ora!)

Insomma, con questo approccio di co-rolling a secco, abbiamo dimostrato che è possibile ridurre efficacemente lo spessore dello strato di elettrolita solido minimizzando i rischi di rottura. Il film co-laminato che otteniamo ha proprietà fisiche superiori grazie a un’interfaccia SSE-elettrodo positivo robustissima, che si traduce in una migliore ciclabilità a basse pressioni operative. La dimostrazione di una cella a tasca ad alta densità energetica apre prospettive entusiasmanti per l’applicazione pratica delle batterie allo stato solido.

Credo davvero che questo lavoro rappresenti un passo avanti significativo verso una fabbricazione più sostenibile, scalabile e performante per le batterie del futuro. E non vediamo l’ora di continuare su questa strada!

Fonte: Springer

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