Fotografia di ritratto realistica di una madre nigeriana che tiene amorevolmente in braccio il suo bambino piccolo fuori da una semplice clinica sanitaria rurale nel Nord Nigeria. La luce è calda e naturale, mettendo in risalto l'espressione premurosa della madre. Utilizzo di un obiettivo da 35mm con profondità di campo per sfocare leggermente lo sfondo. Un sottile effetto duotone con marrone terra e blu tenue aggiunge un tocco emotivo. Photorealistic.

Vaccinazioni Infantili nel Nord Nigeria: Un Viaggio nel Cuore delle Sfide

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio, non fisico, ma di comprensione, in una realtà complessa e cruciale: quella delle vaccinazioni infantili nel nord della Nigeria. Sapete, i vaccini sono tra gli strumenti di salute pubblica più potenti che abbiamo, capaci di salvare milioni di vite ogni anno da malattie terribili come morbillo, polio e tante altre. Pensate che solo il vaccino contro il morbillo ha evitato circa 23 milioni di morti tra il 2010 e il 2018! Numeri pazzeschi, vero?

Eppure, nonostante questi successi e gli investimenti fatti dal governo nigeriano e da organizzazioni internazionali, in molte aree del nord del paese la copertura vaccinale resta pericolosamente bassa. Questo significa che tantissimi bambini rimangono esposti a rischi che potrebbero essere evitati. Nel 2021, quasi un quarto dei bambini sotto l’anno non vaccinati nel mondo viveva proprio in Nigeria. E le zone nord-orientali e nord-occidentali registrano i tassi peggiori, con percentuali di bambini non vaccinati che arrivano al 27%, contro il 5-11% di altre aree del paese. Un dato che fa riflettere e che ci spinge a chiederci: perché?

Per cercare di rispondere a questa domanda, mi sono immerso (o meglio, noi come team di ricerca ci siamo immersi) in uno studio approfondito proprio in sei di questi stati del nord: Bauchi, Borno, Yobe nel nord-est, e Kaduna, Kano, Sokoto nel nord-ovest. Stati dove, tra il 2012 e il 2022, è stata attiva una partnership importante tra la Bill e Melinda Gates Foundation (BMGF), la Aliko Dangote Foundation (ADF) e i governi locali, proprio per rafforzare i programmi di vaccinazione di routine. L’obiettivo era ambizioso: migliorare i finanziamenti, la logistica, la fiducia delle comunità e le capacità del personale sanitario.

Ma nonostante questi sforzi, le sfide persistono. E per capirle davvero, abbiamo scelto di ascoltare le voci di chi vive questa realtà ogni giorno: le mamme, i caregiver (spesso donne tra i 15 e i 49 anni con bambini piccoli, alcune che avevano iniziato le vaccinazioni senza completarle, altre che non le avevano mai fatte) e le figure influenti nelle comunità (leader tradizionali, religiosi, donne, giovani, assistenti tradizionali al parto) che collaborano con gli operatori sanitari. Abbiamo organizzato 24 focus group, parlando con loro in Hausa, la lingua locale dominante, per cogliere sfumature e prospettive autentiche.

Ostacoli Personali e Familiari: Quando la Decisione Non È Tua

Una delle prime cose emerse con forza è il limitato potere decisionale delle donne. Anche quando una mamma è convinta dell’importanza dei vaccini, spesso si scontra con l’opposizione del marito, dei suoceri, o di altri membri della famiglia. “All’inizio ero favorevole per i miei tre figli,” ci ha raccontato una mamma in Borno, “ma con il terzo, mio marito ha detto che era stanco delle iniezioni… non capiva perché fossero gratuite in ospedale quando le medicine si pagano. Mi ha detto di smettere“. Questa diffidenza nasce spesso da scarsa conoscenza, da norme socioculturali radicate e da una generale sfiducia.

A questo si aggiunge la preoccupazione per gli effetti collaterali. Febbre, malessere, soprattutto dopo il vaccino pentavalente. Sebbene siano reazioni spesso normali e passeggere, senza un’adeguata spiegazione e rassicurazione da parte degli operatori sanitari, molte mamme (e i loro mariti) si spaventano e decidono di interrompere il ciclo vaccinale. “Mio marito mi ha fermata perché il bambino ha avuto la febbre dopo l’iniezione,” ha condiviso un’altra mamma. “Ha detto che cercando una cura per il catarro, gli avevo portato qualcos’altro“.

Fotografia di ritratto di un gruppo di donne nigeriane del nord sedute insieme in un contesto comunitario, impegnate in una conversazione seria ma collaborativa. Luce naturale, focus sulle espressioni che mostrano preoccupazione e discussione. Obiettivo prime, 50mm, profondità di campo per sfocare leggermente lo sfondo e mantenere l'attenzione sulle donne.

Miti, Credenze e Sospetti: Il Peso della Comunità

Poi c’è il macigno delle false credenze e dei miti sui vaccini. L’idea che possano causare infertilità, scatenare altre malattie o addirittura portare alla morte è purtroppo diffusa. “Mia suocera crede che i vaccini causino impotenza,” ci ha detto una donna. Un’altra a Kano ha aggiunto: “I miei suoceri si lamentano che le vaccinazioni fermano le nascite e a volte portano alla morte del bambino“.

Accanto ai miti, giocano un ruolo le credenze religiose. Alcuni interpretano i testi sacri come un divieto alla vaccinazione o addirittura all’accesso alle strutture sanitarie, affidandosi unicamente alla preghiera per la guarigione. “Ci sono quelli la cui religione impedisce loro di accedere alla vaccinazione di routine… credono che ‘tutto ciò che è creato dall’uomo bianco sia per i pagani’,” ha spiegato un leader comunitario maschile nello Yobe.

Un altro aspetto delicato è la discordanza di genere tra personale sanitario e pazienti. In una società conservatrice come quella del nord Nigeria, molti uomini sono restii a mandare le proprie mogli in ambulatori dove lavorano solo uomini. “La maggior parte dei nostri ospedali non ha donne. Secondo la nostra tradizione… se si sa che tutto il personale è maschile, alcune persone non permetteranno alle loro mogli di andarci,” ha sottolineato una leader comunitaria femminile a Sokoto. Questo limita l’accesso delle donne e dei bambini a cure essenziali, inclusi i vaccini.

Infine, c’è la diffidenza verso le motivazioni di chi promuove le vaccinazioni. Alcuni sospettano che gli “influencer” comunitari siano mossi da compensi economici piuttosto che dalla salute della comunità. Altri si chiedono perché i vaccini per bambini sani siano gratuiti, mentre le cure per i bambini malati si pagano, insinuando secondi fini nascosti. “Perché dovrebbero dire alla gente di andare a farseli gratis, visto che non danno medicine gratis quando il bambino è malato?” si chiedeva una mamma non-adottante in Borno. Questo scetticismo, sorprendentemente, è stato espresso anche da alcuni influencer comunitari, mettendo in dubbio la loro stessa efficacia nel promuovere la fiducia.

Il Sistema Sanitario: Tra Difficoltà e Opportunità Mancate

Passiamo ora agli ostacoli legati al sistema sanitario stesso. Molte mamme hanno raccontato di esperienze negative con gli operatori sanitari: mancanza di rispetto, umiliazioni, soprattutto durante visite prenatali o parti precedenti. “Sono scappata da [quella struttura] perché non valorizzano i pazienti… mi hanno umiliata quando sono andata a partorire,” ha confessato una donna a Sokoto. Queste esperienze spingono a cercare cure altrove, magari più lontano e con costi di trasporto proibitivi, o a rinunciare del tutto.

Un problema apparentemente piccolo ma significativo è la mancanza di documentazione scritta per gli appuntamenti. In alcuni stati come Borno e Yobe, le date per le vaccinazioni successive vengono comunicate solo verbalmente. È facile dimenticarsene, e la paura di essere rimproverate dagli operatori sanitari per aver saltato un appuntamento porta alcune mamme a interrompere il percorso. La tessera vaccinale non è solo un promemoria, ma un documento sanitario fondamentale!

Interno di un ambulatorio rurale di base nel Nord Nigeria. Un operatore sanitario, forse dall'aspetto stanco o oberato di lavoro, è visibile con forniture per la vaccinazione sullo sfondo. Illuminazione controllata che evidenzia i dettagli dell'ambiente semplice ma funzionale. Approccio con obiettivo macro, 60mm, alta definizione sui dettagli delle forniture e dell'ambiente.

La distanza dalle strutture sanitarie e la loro insufficienza rispetto ai bisogni della popolazione sono un altro tasto dolente. Se l’ambulatorio più vicino non è funzionante o è troppo lontano, raggiungere i servizi diventa difficile e costoso.

A questo si aggiunge la carenza di personale. Spesso un solo operatore deve fare tutto: recuperare i vaccini, somministrarli, gestire altre visite, compilare registri. Il risultato? Lunghe attese e, a volte, una gestione non equa delle priorità, che porta alcune mamme a tornare a casa senza aver vaccinato il proprio figlio. “A volte arrivi presto, ma assistono altri che vengono dopo di te. Ecco perché ho smesso di andare,” ci ha detto una mamma a Sokoto.

La mancanza di vaccini (stock-out), segnalata in particolare nello Yobe e nel Bauchi, è un altro duro colpo. Immaginate una mamma che ottiene a fatica il permesso dal marito per andare a vaccinare il figlio, fa magari un lungo viaggio, e una volta lì si sente dire che i vaccini sono finiti. Tornare a casa “a mani vuote” mina la sua credibilità agli occhi del marito, che potrebbe pensare stia usando la vaccinazione come scusa per andare altrove e negarle il permesso la volta successiva. “Non siamo autonome, siamo sotto di lui, quindi non possiamo andare finché non ci dà il permesso,” ha spiegato una mamma nello Yobe.

Infine, la mancanza di incentivi. In passato, la distribuzione di zanzariere alle mamme che portavano i figli a vaccinarsi era un buon motore. Ma quando questi incentivi vengono a mancare, come successo per diversi mesi prima della nostra raccolta dati in alcuni stati, convincere le mamme diventa più difficile. Questo solleva interrogativi sulla sostenibilità di approcci basati sugli incentivi e suggerisce che le mamme cercano un beneficio tangibile e immediato dalla vaccinazione.

Cosa Ci Insegna Tutto Questo?

Vedete? Il quadro che emerge è incredibilmente complesso. Non c’è una sola causa, ma un intreccio di fattori individuali, familiari, comunitari e di sistema. Norme sociali e di genere radicate, disinformazione, sfiducia, problemi logistici, qualità del servizio percepita, esperienze passate… tutto contribuisce a tenere basse le coperture vaccinali.

È chiaro che per migliorare la situazione non basta solo rendere disponibili i vaccini. Bisogna lavorare su più fronti:

  • Coinvolgere attivamente gli uomini (mariti, padri, leader) con iniziative mirate che li rendano alleati della vaccinazione infantile.
  • Formare gli operatori sanitari non solo tecnicamente, ma anche sulle capacità comunicative, sull’empatia, sulla gestione degli effetti collaterali e sulla creazione di un rapporto di fiducia con le pazienti.
  • Contrastare miti e disinformazione con campagne di comunicazione sociale e comportamentale culturalmente appropriate, che raggiungano sia i caregiver che i decisori chiave.
  • Rafforzare il ruolo e le competenze degli influencer comunitari, fornendo loro informazioni accurate e strumenti per promuovere la fiducia.
  • Migliorare il sistema: assicurare la presenza di personale femminile, migliorare la gestione degli appuntamenti, ridurre i tempi di attesa, garantire la disponibilità di vaccini e gestire meglio eventuali incentivi.

Fotografia che mostra un'operatrice sanitaria nigeriana donna mentre parla gentilmente con una madre che tiene in braccio il suo bambino all'interno di una clinica nel Nord Nigeria. La scena trasmette interazione positiva, connessione e fiducia. Obiettivo prime, 35mm, luce naturale che entra da una finestra, profondità di campo per mettere a fuoco l'interazione.

Certo, il nostro studio ha delle limitazioni: non abbiamo incluso direttamente le voci degli operatori sanitari o dei caregiver maschi, che sarebbero fondamentali per avere un quadro ancora più completo. Ma speriamo che queste riflessioni, nate dall’ascolto diretto delle donne e degli influencer comunitari, possano offrire spunti preziosi a chi lavora sul campo e a chi prende le decisioni, per affrontare queste sfide in modo più efficace e garantire a ogni bambino del nord della Nigeria il diritto fondamentale alla salute e alla protezione offerta dai vaccini. È un percorso difficile, ma necessario.

Fonte: Springer

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