Fotografia simbolica, un ponte linguistico parzialmente costruito tra un operatore sanitario e un paziente migrante in un ambiente ospedaliero luminoso ma impersonale. Obiettivo grandangolare 24mm, messa a fuoco nitida su entrambi i soggetti, luce morbida.

Senza Parole: Come le Barriere Linguistiche Ostacolano la Salute dei Migranti in Finlandia

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un tema che tocca corde profonde, un argomento che spesso rimane nell’ombra ma che ha un impatto enorme sulla vita di tante persone: le barriere linguistiche nel mondo della sanità, specialmente per chi si trova a vivere in un paese straniero. Immaginatevi per un attimo di non stare bene, di aver bisogno di cure mediche, ma di non riuscire a spiegare cosa sentite o a capire cosa vi dice il dottore. Frustrante, vero? E a volte, purtroppo, anche pericoloso.

Mi sono imbattuto in uno studio affascinante che getta luce proprio su questo problema, concentrandosi su una comunità specifica ma emblematica: i migranti nepalesi in Finlandia. La Finlandia, come sapete, è uno dei paesi nordici con un sistema sanitario sulla carta universale e accessibile. Eppure, anche lì, la realtà per i migranti, soprattutto quelli appartenenti a minoranze linguistiche come i nepalesi (una comunità piccola ma in rapida crescita), è ben diversa.

Il Muro Invisibile della Lingua

La prima, enorme difficoltà che emerge è proprio la lingua. Non parlare fluentemente il finlandese (o lo svedese, le lingue ufficiali) limita drasticamente la capacità di questi migranti di muoversi nel sistema sanitario. Pensate a cose basilari come:

  • Capire come prenotare una visita.
  • Distinguere tra un centro sanitario di base (Terveysasema) e un ospedale specializzato (in Finlandia c’è un percorso preciso da seguire, diverso da quello a cui magari si è abituati nel proprio paese d’origine, come il Nepal, dove si può andare direttamente in ospedale).
  • Comprendere le istruzioni per prendere un farmaco. Nello studio, ci sono storie toccanti, come quella di una persona che ha dato una medicina per via orale quando andava somministrata per via rettale, o di un’altra che ha preso una dose eccessiva di un farmaco perché non aveva capito che la compressa andava divisa. Errori che possono avere conseguenze serie!
  • Comunicare efficacemente sintomi e preoccupazioni al personale sanitario.

Questa incapacità di comunicare non solo genera frustrazione, ma può anche portare a sentirsi discriminati. Alcuni partecipanti allo studio hanno avuto la percezione che, parlando in inglese (quando possibile) o faticando a esprimersi in finlandese, venissero trattati diversamente, ignorati o liquidati più in fretta rispetto a chi padroneggiava la lingua locale. Anche se, va detto, il sistema sanitario finlandese sta affrontando sfide generali di accesso che colpiscono anche la popolazione autoctona, per un migrante è facile interpretare queste difficoltà come un problema personale legato alla propria origine o lingua.

Reti Informali: Aiuto o Trappola?

Di fronte a queste difficoltà, cosa succede? Succede che ci si affida a chi si conosce, alle reti informali: il datore di lavoro (spesso connazionale, nel caso di molti nepalesi impiegati in ristoranti etnici), amici, parenti, la comunità. Queste reti sono fondamentali all’inizio, forniscono supporto pratico, lavoro, un senso di appartenenza. Ma quando si tratta di salute, possono diventare un’arma a doppio taglio.

Molti migranti ricevono informazioni sanitarie proprio da queste fonti informali. Il problema è che spesso queste informazioni sono incomplete, imprecise o addirittura fuorvianti. C’è chi si sente dire dal proprio capo che “gli stranieri non hanno diritto al medico gratis finché non hanno la residenza permanente” o che andare dal medico per piccoli problemi costa troppo e fa diminuire lo stipendio. Falsità che generano paura e scoraggiano dal cercare cure.

Questa dipendenza dalle reti informali, unita alla scarsa conoscenza dei propri diritti sanitari (come l’assistenza sanitaria sul lavoro, l’OHC – Occupational Healthcare, obbligatoria per i datori di lavoro in Finlandia), rende i migranti più vulnerabili. Vulnerabili a non ricevere le cure di cui hanno bisogno, ma anche, in alcuni casi, allo sfruttamento lavorativo. Se non sai che hai diritto a giorni di malattia pagati o a determinate coperture sanitarie tramite il lavoro, è più facile che qualcuno se ne approfitti. E la paura di perdere il lavoro o di compromettere il permesso di soggiorno frena ulteriormente dal rivendicare i propri diritti o anche solo dal chiedere informazioni ufficiali.

Fotografia di ritratto, un uomo migrante dall'aspetto preoccupato guarda un foglio informativo in una lingua che non capisce, seduto in un caffè poco illuminato. Obiettivo 35mm, profondità di campo ridotta, toni bicromatici seppia e grigio scuro.

Interpreti: La Soluzione? Non Sempre

Ma non ci sono gli interpreti? Sì, la legge finlandese garantisce l’accesso a servizi di interpretariato gratuiti per chi non parla le lingue ufficiali. Nella pratica, però, le cose si complicano. Lo studio evidenzia diversi problemi:

  • Disponibilità limitata: Trovare un interprete disponibile, specialmente per lingue meno diffuse come il nepalese, può essere difficile e causare ritardi nelle visite o addirittura il rinvio di procedure mediche. Immaginate la frustrazione di dover tornare a casa senza cure perché l’interprete ha cancellato all’ultimo!
  • Qualità della traduzione: Non sempre l’interprete ha le competenze specifiche per tradurre termini medici complessi. A volte si ricorre a Google Translate, con il rischio di fraintendimenti. Come sottolinea un partecipante, “se alcune parole vengono interpretate male in sala operatoria, può essere pericoloso per la vita”.
  • Problemi di privacy: Qui la questione si fa delicata. In Finlandia, anche amici o familiari possono fare da interpreti. Se da un lato questo può mettere a proprio agio (una partecipante preferiva portare la figlia), dall’altro solleva dubbi sulla riservatezza e sull’accuratezza. Ancora più problematico è l’uso di interpreti della stessa comunità etnica. Essendo la comunità nepalese in Finlandia relativamente piccola, molti si conoscono. Questo crea imbarazzo e timore che informazioni personali e sensibili possano circolare. Alcuni partecipanti hanno ammesso di aver omesso dettagli importanti sulla propria salute per questo motivo, o addirittura di aver rinunciato all’interprete.

C’è una sorta di paradosso: si ha bisogno dell’interprete per comunicare, ma allo stesso tempo se ne temono le implicazioni sulla privacy o non ci si fida pienamente della sua competenza. Questo spinge molti a desiderare un contatto diretto con il medico.

Il Sogno della Lingua Condivisa (e la Realtà)

E qui arriviamo a un punto cruciale: l’aspettativa, quasi il sogno, di quella che viene chiamata “Language Concordance” (LC), ovvero la possibilità di essere curati da un medico o un infermiere che parli la propria lingua madre. I partecipanti allo studio nepalese hanno espresso forte questo desiderio, sentendo che altre comunità migranti più numerose magari avevano questa fortuna.

Chi ha trovato un medico che parlava nepalese ha descritto un enorme sollievo: “Dopo aver parlato con lui in nepalese, mi è sembrato che metà dei miei problemi fossero già risolti”. Al contrario, una partecipante ha vissuto una tragedia personale (la perdita del suo bambino) ed è rimasta convinta che l’esito sarebbe stato diverso se avesse potuto comunicare direttamente nella sua lingua con i medici, senza la barriera dell’interprete.

Purtroppo, per comunità migranti piccole come quella nepalese, trovare professionisti sanitari connazionali è molto difficile. La LC rimane un’aspirazione spesso irrealizzata, creando un’ulteriore disparità rispetto a gruppi più grandi.

Fotografia in stile documentaristico, una paziente migrante cerca di comunicare con un medico in uno studio medico finlandese, un interprete è presente ma l'atmosfera è tesa e confusa. Obiettivo 50mm, luce naturale dalla finestra, leggero effetto filmico.

Oltre la Lingua: Sfide Sistemiche e Vie d’Uscita

Cosa ci insegna tutto questo? Che le barriere linguistiche non sono solo un problema di parole. Sono un fattore che amplifica le disuguaglianze nell’accesso alla salute. Limitano la capacità di navigare il sistema, aumentano la dipendenza da reti informali potenzialmente inaffidabili, creano problemi con l’interpretariato e alimentano un senso di frustrazione e sfiducia.

È chiaro che affrontare questo nodo richiede un approccio su più fronti. Non basta dire “imparate la lingua”, anche se l’apprendimento del finlandese è ovviamente fondamentale per l’integrazione e l’autonomia. Servono azioni concrete:

  • Programmi di integrazione efficaci: Che includano corsi di lingua accessibili, ma anche informazioni chiare e comprensibili sui diritti sanitari e sul funzionamento del sistema, fin dall’arrivo nel paese. E questi programmi non dovrebbero escludere chi arriva per lavoro o studio.
  • Potenziamento dei servizi di interpretariato: Assicurando maggiore disponibilità, professionalità (con formazione specifica sul linguaggio medico) e regole chiare sull’uso degli interpreti per garantire qualità e privacy.
  • Politiche sanitarie più inclusive: Che tengano conto delle esigenze specifiche delle diverse comunità migranti, soprattutto quelle minoritarie, magari esplorando soluzioni innovative per superare le barriere comunicative.

In conclusione, la storia dei migranti nepalesi in Finlandia è uno specchio che riflette una sfida universale. Garantire un accesso equo alla salute significa anche abbattere i muri invisibili della lingua, costruendo ponti di comunicazione e comprensione. Solo così potremo parlare davvero di sistemi sanitari inclusivi e di società che si prendono cura di tutti i loro membri, senza lasciare indietro nessuno.

Fonte: Springer

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