Illustrazione fotorealistica concettuale che mostra cellule immunitarie (cellule T, colore blu brillante) potenziate da un vaccino neoantigenico (particelle luminose) e radioterapia (raggi energetici) mentre attaccano cellule tumorali del colon-retto (colore rosso scuro), con il blocco della proteina B7-H3 visualizzato come uno scudo rimosso o dissolto, prime lens 35mm, depth of field, sfondo microambiente tumorale dettagliato.

Cancro: Svelata la Combo che Potenzia Vaccino e Radioterapia Mirando a B7-H3!

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di veramente affascinante che sta emergendo nel campo della lotta contro il cancro, in particolare per quei tumori un po’ “freddi”, quelli che tendono a non rispondere bene alle immunoterapie standard come il blocco dei checkpoint PD-1/PD-L1. Parliamo del cancro del colon-retto, una sfida non da poco per molti pazienti.

Sapete, l’immunoterapia ha rivoluzionato il trattamento di molti tumori, risvegliando il nostro sistema immunitario per fargli riconoscere e attaccare le cellule maligne. Una delle strategie più promettenti è quella dei vaccini basati sui neoantigeni. Cosa sono? Immaginate delle “bandierine” uniche presenti solo sulle cellule tumorali, derivanti dalle loro mutazioni. Un vaccino può insegnare al nostro sistema immunitario a riconoscere proprio quelle bandierine e a scatenare un attacco mirato. Fantastico, no?

Però, come dicevo, non sempre funziona come sperato. I tumori sono furbi e mettono in atto meccanismi per nascondersi o per “spegnere” le cellule immunitarie che arrivano per combatterli. Qui entra in gioco una proteina che forse non avete sentito nominare spesso: B7-H3 (conosciuta anche come CD276).

Il Problema Nascosto: B7-H3

Nel nostro studio, abbiamo fatto una scoperta piuttosto interessante (e un po’ preoccupante) osservando pazienti con cancro rettale localmente avanzato. Abbiamo notato che i livelli di B7-H3 sulle cellule tumorali tendevano ad aumentare dopo la chemio-radioterapia (CRT) neoadiuvante (cioè fatta prima dell’intervento chirurgico). E indovinate un po’? Livelli più alti di B7-H3 erano associati a una risposta peggiore alla terapia e a una prognosi meno favorevole in termini di sopravvivenza libera da malattia. Sembra proprio che questo B7-H3 giochi un ruolo da “cattivo” nel microambiente tumorale, specialmente dopo trattamenti come la radioterapia.

Abbiamo anche visto che i tumori con alti livelli di B7-H3 dopo la CRT avevano meno cellule immunitarie infiltranti, in particolare le cellule T CD3+ e le importantissime cellule T CD8+ (i “soldati” principali del nostro esercito immunitario). Questo ci ha fatto pensare: e se B7-H3 non solo aiutasse il tumore a resistere alle terapie, ma lo facesse proprio ostacolando la risposta immunitaria, magari interferendo con il riconoscimento dei neoantigeni?

Svelare il Meccanismo: Come B7-H3 Frena la Risposta Immunitaria

Per capirci di più, siamo passati a modelli preclinici, usando cellule di cancro del colon di topo (CT26, un modello spesso resistente all’immunoterapia, definito “freddo”). Abbiamo visto che la radioterapia, pur essendo utile per uccidere le cellule tumorali e stimolare una certa risposta immunitaria (inclusa quella contro i neoantigeni), causava anche un aumento dei livelli di B7-H3 sulle cellule tumorali sopravvissute, specialmente nei tumori che rispondevano meno bene al trattamento. Sembrava quasi un meccanismo di difesa del tumore!

Allora abbiamo provato a “spegnere” il gene B7-H3 nelle cellule tumorali (usando una tecnica chiamata knockdown). I risultati sono stati sorprendenti! I tumori senza B7-H3 crescevano più lentamente e rispondevano molto meglio alla radioterapia. Analizzando il microambiente di questi tumori, abbiamo trovato più cellule dendritiche mature (quelle che “presentano” gli antigeni, le bandierine, alle cellule T), più cellule T CD8+ infiltranti, e soprattutto più cellule T CD8+ attive ed “effector/memory” (quelle pronte a combattere e a ricordare il nemico).

Immagine macro fotorealistica di cellule tumorali del colon-retto al microscopio, 100mm Macro lens, high detail, con evidenziazione fluorescente della proteina B7-H3 (colore rosso) sulla superficie cellulare dopo trattamento radioterapico, controlled lighting. Accanto, cellule T CD8+ (colore blu) che faticano ad avvicinarsi.

La cosa più eccitante? Quando abbiamo stimolato le cellule immunitarie prelevate dai topi trattati con i neoantigeni specifici del tumore CT26, abbiamo visto una risposta delle cellule T CD8+ significativamente più forte nei topi con tumori senza B7-H3 trattati con radioterapia. Questo conferma la nostra ipotesi: B7-H3 agisce come un freno, riducendo la capacità del tumore di “farsi vedere” dal sistema immunitario (la cosiddetta presentazione dell’antigene, inclusi i neoantigeni) e attenuando così l’efficacia della radioterapia. Analisi bioinformatiche su linee cellulari umane (HCT116) hanno ulteriormente supportato l’idea che la rimozione di B7-H3 aumenti i geni legati alla presentazione dell’antigene.

La Strategia a Tre Punte: Vaccino, Radio e Blocco di B7-H3

A questo punto, ci siamo chiesti: se B7-H3 è un problema, soprattutto quando si usa la radioterapia e si cerca di stimolare una risposta contro i neoantigeni con un vaccino, cosa succede se lo blocchiamo?

Abbiamo quindi messo a punto una strategia combinata:

  • Vaccino a neoantigeni (usando un vettore AAV, un tipo di virus reso innocuo, per consegnare le “istruzioni” per riconoscere i neoantigeni del tumore CT26).
  • Radioterapia locale sul tumore primario.
  • Blocco di B7-H3 (usando un anticorpo specifico che neutralizza la proteina B7-H3).

L’idea era: la radioterapia danneggia il tumore e rilascia antigeni, il vaccino potenzia la risposta specifica contro i neoantigeni, e il blocco di B7-H3 toglie quel freno che impedisce al sistema immunitario di scatenarsi al massimo.

I risultati sono stati davvero incoraggianti! Già la combinazione di vaccino e radioterapia mostrava un effetto antitumorale migliore rispetto ai trattamenti singoli, con un aumento delle cellule T CD8+ attive nel tumore e nella milza, e una risposta più forte ai neoantigeni. Tuttavia, abbiamo notato che anche in questo caso, la radioterapia induceva un aumento di B7-H3 (e anche di PD-L1), suggerendo che il tumore cercava ancora di difendersi.

Ma quando abbiamo aggiunto l’anticorpo anti-B7-H3 alla combinazione vaccino+radioterapia… beh, lì abbiamo visto la vera magia!

Risultati Impressionanti e Speranze Future

La triplice combinazione ha portato a un ritardo significativo della crescita tumorale, molto più marcato rispetto alle altre combinazioni. Abbiamo osservato un aumento delle cellule tumorali in apoptosi (morte cellulare programmata), un’ulteriore infiltrazione di cellule dendritiche e di cellule immunitarie citotossiche (quelle che esprimono Granzima B, un’arma per uccidere le cellule bersaglio) nel tumore.

Visualizzazione concettuale fotorealistica del microambiente tumorale, wide-angle 24mm, depth of field, dove si vedono cellule T (indicate da un colore, es. blu brillante) attivate da un vaccino (simboleggiato da particelle luminose) e dalla radioterapia (simboleggiata da raggi energetici) che attaccano vigorosamente cellule tumorali (colore rosso scuro) mentre un bloccante (simboleggiato da scudi trasparenti che si dissolvono) neutralizza la proteina B7-H3, duotone blu acceso e grigio scuro.

Analizzando più a fondo le cellule immunitarie, abbiamo visto non solo un aumento delle cellule T CD8+ totali e di quelle “effector/memory”, ma anche delle cellule T CD4+ e, cosa interessante, delle cellule Natural Killer (NK), un altro tipo di killer immunitario. Inoltre, i marcatori di “esaurimento” delle cellule T (come Tim3 e Tigit) erano ridotti, suggerendo che il blocco di B7-H3 aiutava a mantenere le cellule T più attive e combattive.

La prova del nove è arrivata quando abbiamo testato di nuovo la risposta specifica ai neoantigeni: con la triplice terapia, la risposta delle cellule T CD8+ era decisamente più potente. Non solo, le cellule T prelevate da questi topi erano anche più brave a uccidere le cellule tumorali CT26 in vitro.

Ma la cosa forse più entusiasmante è stata l’osservazione dell’effetto sistemico. In un modello in cui i topi avevano sia un tumore primario (trattato con la terapia combinata) sia metastasi polmonari (non irradiate direttamente), la triplice combinazione è stata in grado di eliminare quasi completamente le metastasi polmonari! Questo suggerisce che bloccare B7-H3 insieme a vaccino e radioterapia non solo potenzia l’attacco locale, ma genera una forte immunità antitumorale sistemica e duratura, capace di controllare la malattia a distanza.

Cosa Significa Tutto Questo?

Questi risultati sono davvero promettenti, specialmente per tumori come il cancro del colon-retto microsatellite stabile (MSS-CRC), che rappresentano la maggioranza dei casi e sono notoriamente resistenti alle attuali immunoterapie basate sul blocco di PD-1/PD-L1.

Dimostriamo che B7-H3 è un attore chiave nell’inibire la risposta immunitaria antitumorale, in parte diminuendo la presentazione degli antigeni (neoantigeni inclusi) e limitando l’attivazione delle cellule T e delle cellule dendritiche. La radioterapia, pur utile, può esacerbare questo problema aumentando B7-H3.

Targettizzare B7-H3 sembra quindi una strategia chiave per “riscaldare” questi tumori freddi, rendendoli più sensibili all’immunoterapia. La combinazione con un vaccino a neoantigeni e la radioterapia appare particolarmente potente, creando una sinergia che supera i meccanismi di resistenza del tumore.

Ovviamente, siamo ancora a livello preclinico, ma questi dati forniscono una solida base razionale per esplorare il blocco di B7-H3 in combinazione con vaccini personalizzati e radioterapia negli studi clinici, offrendo una nuova speranza ai pazienti con tumori difficili da trattare. È un campo in rapida evoluzione e non vedo l’ora di vedere dove ci porteranno i prossimi passi!

Fonte: Springer

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