Axolotl: Il Segreto Nascosto della Rigenerazione e il Ruolo Chiave dei Nervi
Avete mai sentito parlare dell’axolotl? Quella creatura quasi mitologica, una salamandra messicana che sembra aver deciso di rimanere giovane per sempre e, soprattutto, che possiede un superpotere incredibile: la capacità di rigenerare parti del corpo complesse, come un intero arto, senza lasciare cicatrici. È qualcosa che affascina noi scienziati da decenni. Perché loro sì e noi mammiferi, inclusi gli umani, no (a parte la punta delle dita, in alcuni casi)? È una delle grandi domande nel campo della biologia rigenerativa.
Per anni abbiamo studiato modelli animali, cercando di “convincere” le cellule di mammifero a rigenerare di più, magari cambiando l’ambiente intorno alla ferita. Ma c’è un “ma”: anche se riusciamo a spingerle un po’, le loro capacità non eguagliano mai quelle delle cellule “rigenerative” vere e proprie, come quelle dell’axolotl. Sembra che manchi loro qualcosa di fondamentale, una sorta di “competenza” intrinseca a rispondere ai segnali giusti che orchestrano la rigenerazione. Capire cosa rende le cellule dell’axolotl così speciali, così “competenti”, potrebbe aprirci le porte a future terapie rigenerative per l’uomo.
Il Blastema: L’Organo Magico della Rigenerazione
Sia nell’axolotl che, in misura minore, nel topo, la rigenerazione si basa sulla formazione di una struttura temporanea chiamata blastema. Nell’axolotl, questo è un ammasso di cellule mature dell’arto che fanno un passo indietro nel tempo, “dedifferenziandosi” in uno stato simile a quello delle cellule progenitrici. Queste cellule del blastema diventano incredibilmente ricettive a una cascata di segnali:
- Segnali che le attirano verso il sito dell’amputazione.
- Segnali che le fanno proliferare e sopravvivere.
- Segnali che le mantengono “giovani” o le guidano a ridifferenziarsi nei tessuti giusti (muscoli, ossa, pelle…).
La vera magia, però, sta nella capacità delle cellule del blastema dell’axolotl di organizzarsi per ricreare la struttura complessa dell’arto mancante. Per farlo, devono diventare “competenti” a interpretare segnali di “patterning”, cioè le istruzioni che definiscono dove va il pollice, dove il mignolo, dove la parte superiore e inferiore dell’arto (gli assi antero-posteriore, dorso-ventrale, prossimo-distale).
La Sfida della Complessità e il Modello CALM
Studiare questa “competenza al patterning” è un bel rompicapo. Nel blastema normale, cellule provenienti da diverse parti dell’arto (anteriore, posteriore) si mescolano, generando e rispondendo a segnali diversi (come Fgf8 e Shh). È come cercare di capire una singola conversazione in una stanza affollata.
Per superare questo ostacolo, abbiamo sfruttato un modello sperimentale più semplice, chiamato “deviazione del nervo” (ND). In pratica, deviamo chirurgicamente un fascio nervoso sotto una piccola ferita sulla pelle dell’arto. Questo crea un ambiente permissivo alla rigenerazione e forma un piccolo blastema “ectopico” (fuori posto). La cosa interessante è che questi blastemi ND esprimono geni di patterning specifici della loro posizione originale (anteriore o posteriore), ma non riescono a formare un arto completo da soli perché manca l’interazione tra i segnali anteriore e posteriore. Tuttavia, se forniamo loro i segnali mancanti, *possono* formare un arto! Questo ci dice che, pur non producendo tutti i segnali, le cellule del blastema ND sono competenti a risponderci.
Partendo da qui, abbiamo sviluppato il Competency Accessory Limb Model (CALM). Usiamo l’acido retinoico (RA), una molecola nota per influenzare il patterning negli arti in rigenerazione, come strumento per “interrogare” il tessuto della ferita ND. Se il tessuto è diventato competente, il trattamento con RA provoca cambiamenti specifici nell’espressione dei geni di patterning e, nei siti anteriori, può persino indurre la formazione di un arto accessorio completo. Il CALM ci offre una piattaforma ideale per studiare quando e come le cellule acquisiscono questa fondamentale competenza al patterning.

Quando Scatta la Competenza? Una Questione di Tempo e Stato Cellulare
Usando il CALM, abbiamo scoperto qualcosa di sorprendente: ci vuole tempo! Le cellule della ferita impiegano circa 5-6 giorni dopo l’infortunio e la deviazione del nervo per diventare pienamente competenti a rispondere ai segnali di patterning (come dimostrato dalla loro reazione all’RA). Questo periodo coincide con la formazione del blastema iniziale, quando le cellule sono ancora in uno stato indifferenziato.
Abbiamo anche notato che questa competenza sembra legata allo stato “giovane” delle cellule. Analizzando blastemi in diverse fasi di sviluppo, abbiamo visto che la capacità di rispondere ai segnali di patterning A/P (antero-posteriore) indotti dall’RA si perde man mano che le cellule iniziano a ridifferenziarsi. Se “costringiamo” le cellule del blastema a differenziarsi prematuramente (ad esempio, tagliando temporaneamente il nervo), la loro risposta all’RA e la capacità di formare strutture complesse diminuiscono. Questo suggerisce che la competenza al patterning è una caratteristica delle cellule indifferenziate del blastema. Curiosamente, però, abbiamo notato che anche le cellule mature rispondono all’RA modificando l’espressione di alcuni geni legati all’asse prossimo-distale (come Meis2), anche se questo non si traduce in una capacità rigenerativa completa. È come se potessero “sentire” il segnale, ma mancasse loro il contesto giusto (lo stato indifferenziato) per agire in modo completo.
Alla Ricerca delle Tracce Molecolari: l’Epigenetica Entra in Gioco
Se la competenza dipende dallo stato cellulare, quali sono i meccanismi molecolari alla base? Abbiamo rivolto la nostra attenzione all’epigenetica, l’insieme di modifiche chimiche che non alterano la sequenza del DNA ma ne regolano l’accessibilità e l’espressione, come degli interruttori che accendono o spengono i geni. Sapevamo già che durante la formazione del blastema avvengono grandi cambiamenti nella struttura della cromatina (il complesso di DNA e proteine).
Ci siamo concentrati su un particolare marcatore epigenetico repressivo, chiamato H3K27me3. Questa modifica è come un’etichetta “spegni questo gene” ed è nota per essere importante nel definire il patterning durante lo sviluppo e nel mantenere l’identità delle cellule mature. Usando tecniche avanzate come ChIP-seq, abbiamo confrontato i pattern di H3K27me3 in tre tipi di tessuto: pelle matura, pelle ferita (senza nervo deviato) e blastema ND-A (competente al patterning).
I risultati sono stati illuminanti! Abbiamo osservato cambiamenti dinamici nei livelli di H3K27me3 su molti geni chiave. In particolare, passando dalla pelle ferita al blastema competente (ND-A), abbiamo visto un aumento dell’arricchimento di H3K27me3 su molti geni coinvolti nel patterning dell’arto (come Shh, Fgf8, e altri). Questo suggerisce che la regolazione epigenetica tramite H3K27me3 gioca un ruolo cruciale nel preparare le cellule a rispondere correttamente ai segnali di patterning. Oltre ai geni di patterning, abbiamo identificato anche geni legati al ciclo cellulare e alla risposta immunitaria/stress come bersagli di questa regolazione epigenetica nelle cellule competenti.

Identificare i Grilletti: i Segnali Nervosi FGF e BMP
Sappiamo che i nervi sono essenziali, ma quali segnali specifici provenienti dai nervi inducono la competenza? Studi precedenti avevano suggerito un ruolo per fattori di crescita come FGF (Fibroblast Growth Factor) e BMP (Bone Morphogenetic Protein), che sono espressi dai nervi.
Abbiamo quindi testato diverse combinazioni di questi fattori, fornendoli a ferite normali (senza nervo deviato) tramite piccole perline di gelatina. Abbiamo scoperto che una combinazione di BMP2 e FGF8 è sufficiente per indurre la competenza al patterning nelle cellule della ferita, rendendole capaci di rispondere all’RA e persino di formare arti accessori. FGF2 e FGF8 da soli non bastavano. Questo ci dice che l’interazione tra le vie di segnalazione di BMP e FGF è fondamentale.
Collegare Segnali ed Epigenetica: Cosa Dipende da FGF/BMP?
Ora avevamo i segnali (FGF/BMP) e un marcatore epigenetico chiave (H3K27me3). Il passo successivo era capire quali cambiamenti in H3K27me3 fossero *direttamente* dipendenti da questi segnali nervosi nell’acquisizione della competenza.
Abbiamo trattato i blastemi ND-A (competenti) con inibitori specifici per le vie di FGF e BMP, singolarmente o in combinazione, e abbiamo analizzato nuovamente i pattern di H3K27me3 usando una tecnica chiamata CUTeRUN. Questo ci ha permesso di “sottrarre” l’effetto di FGF e BMP e vedere quali modifiche epigenetiche scomparivano o cambiavano.
Abbiamo scoperto che molte delle modifiche H3K27me3 che avevamo identificato come associate alla competenza dipendono effettivamente dalla segnalazione FGF e/o BMP. In particolare:
- La regolazione di H3K27me3 su molti geni di patterning dell’arto, specialmente quelli coinvolti nell’asse A/P, richiede segnali FGF e BMP.
- L’analisi delle vie molecolari influenzate ha evidenziato la via di segnalazione ErBB come un bersaglio epigenetico significativo che richiede l’azione combinata di FGF e BMP. Anche le vie di WNT e dell’acido retinoico stesso sono emerse come bersagli importanti.
Questi risultati iniziano a dipingere un quadro più chiaro: i segnali nervosi FGF e BMP non solo attivano le cellule, ma inducono anche specifici cambiamenti epigenetici (come la regolazione di H3K27me3) su geni cruciali per il patterning e altre vie di segnalazione, rendendo così le cellule “competenti” a interpretare le istruzioni per rigenerare un arto.
Verso il Futuro della Rigenerazione
Il nostro viaggio nel mondo della competenza rigenerativa dell’axolotl ci ha mostrato che è un processo graduale (5-6 giorni), dipendente dai nervi (specificamente dai segnali FGF e BMP), legato allo stato indifferenziato delle cellule e associato a precise firme epigenetiche, in particolare la regolazione del marcatore H3K27me3 su geni di patterning e vie come ErBB.
C’è ancora molta strada da fare. Dobbiamo capire esattamente cosa succede durante quei 5-6 giorni di “transizione” verso la competenza e se possiamo accelerare o migliorare questo processo. Dobbiamo anche identificare marcatori molecolari più specifici per riconoscere facilmente le cellule competenti.
Tuttavia, ogni passo avanti nella comprensione dei meccanismi dell’axolotl è un passo che ci avvicina, potenzialmente, a sbloccare capacità rigenerative nascoste anche nei mammiferi. Le firme epigenetiche che abbiamo identificato potrebbero diventare bersagli per future terapie, offrendo una nuova speranza per la medicina rigenerativa. L’axolotl continua a custodire i suoi segreti, ma noi siamo determinati a svelarli, un esperimento alla volta.
Fonte: Springer
