Fegato Sotto Attacco? La Colpa Potrebbe Essere delle Tue Cellule T CD4 “Disordinate”!
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di veramente affascinante che sta emergendo dalla ricerca medica, qualcosa che riguarda il nostro fegato e il sistema immunitario. Sapete, il fegato è un organo pazzesco, fa mille cose, ma quando si ammala cronicamente, come nelle epatiti croniche, nell’abuso di alcol o nella steatosi epatica (il cosiddetto “fegato grasso”), può andare incontro a un processo chiamato fibrosi. Immaginatela come una cicatrice che si espande sempre di più, fino a rendere il fegato duro e poco funzionante, arrivando alla cirrosi. Per anni abbiamo cercato terapie efficaci contro la fibrosi, ma siamo ancora un po’ a corto di soluzioni definitive.
Qui entra in gioco il sistema immunitario. Non è solo lì per difenderci dai microbi, ma a volte, in queste malattie croniche, partecipa attivamente al danno. In particolare, un tipo di globuli bianchi, le cellule T CD4 convenzionali, possono diventare una fonte importante di molecole infiammatorie che peggiorano la fibrosi. Capire come “calmare” queste cellule T potrebbe essere la chiave per nuove terapie.
La Scoperta Sorprendente: L’Autofagia Difettosa nelle Cellule T
Ed ecco la novità su cui abbiamo lavorato e che voglio raccontarvi: abbiamo scoperto che in questo processo c’entra un meccanismo cellulare fondamentale chiamato autofagia. Cos’è l’autofagia? Pensatela come il sistema di “pulizia e riciclo” interno delle nostre cellule. Elimina componenti danneggiati o inutili, mantenendo la cellula sana ed efficiente. È un processo vitale, soprattutto per le cellule immunitarie, per regolare la loro risposta.
Analizzando campioni umani e modelli animali, ci siamo accorti di una cosa sorprendente: nelle cellule T CD4 di pazienti con fibrosi epatica avanzata (e anche nei modelli animali), questo sistema di pulizia, l’autofagia, non funziona come dovrebbe! È come se le cellule T CD4 “dimenticassero” di fare le pulizie di casa. Abbiamo visto che i livelli di alcuni marcatori chiave dell’autofagia, come LC3-II (che indica la formazione delle “sacche della spazzatura” chiamate autofagosomi), erano ridotti. Al contrario, aumentavano i livelli di proteine che segnalano un blocco dell’autofagia, come P62 e una proteina inibitoria chiamata Rubicon. Addirittura, una proteina chiave per l’avvio dell’autofagia (ULK1) veniva modificata in modo da essere meno attiva. Sembra proprio che nelle fasi avanzate della fibrosi, le cellule T CD4 abbiano un problema serio con la loro autofagia.
Quando le Cellule T Diventano “Cattive”: Le Th17 Patogene
Ma cosa succede quando l’autofagia va in tilt in queste cellule T CD4? Per capirlo meglio, abbiamo usato modelli animali in cui abbiamo specificamente “spento” un gene essenziale per l’autofagia (ATG5) solo nelle cellule T. Il risultato? Queste cellule T CD4 senza autofagia funzionante diventavano iperattive nel fegato danneggiato cronicamente (ad esempio, con tetracloruro di carbonio, CCl4, una sostanza tossica).
Andando più a fondo con analisi molecolari (RNA sequencing), abbiamo visto che queste cellule T CD4 “difettose” cambiavano completamente profilo. Si accendevano tantissimi geni legati all’infiammazione, alla morte cellulare programmata (apoptosi) e al metabolismo. In particolare, si sviluppava un sottotipo specifico di cellule T CD4, chiamate Th17, ma non quelle “normali”. Emergeva una versione più “aggressiva”, le cosiddette Th17 patogene, che producono non solo la classica interleuchina 17A (IL-17A), ma anche interferone gamma (IFN-γ) e un’altra molecola infiammatoria potente, il GM-CSF (Granulocyte-Macrophage Colony Stimulating Factor). Queste cellule Th17 patogene sono note per essere particolarmente “cattive” in diverse malattie autoimmuni e infiammatorie. Ebbene, sembra che la mancanza di autofagia le faccia proliferare proprio nel contesto della fibrosi epatica! Non solo, queste cellule cambiavano anche il loro metabolismo, diventando più dipendenti dalla glicolisi (l’uso degli zuccheri per produrre energia), un tratto tipico delle Th17 patogene.
L’Effetto Domino: Come le Cellule T Difettose Guidano la Fibrosi
Ok, abbiamo cellule T CD4 con autofagia KO che diventano Th17 patogene. E quindi? Beh, abbiamo visto che i topi con questa modifica genetica sviluppavano una fibrosi epatica molto più grave rispetto ai topi normali, sia nel modello con CCl4 sia in un altro modello chiamato legatura del dotto biliare (BDL). Il fegato si riempiva di più tessuto cicatriziale (collagene) e di cellule che lo producono (i miofibroblasti epatici, derivati dalle cellule stellate epatiche attivate).
L’infiammazione nel fegato di questi topi era alle stelle, con livelli più alti di varie citochine e chemochine pro-infiammatorie (come TGF-β1, IL-1β, TNF-α, CCL2). La prova del nove? Se trattavamo questi topi con un anticorpo che blocca l’IL-17A, la fibrosi diminuiva significativamente! E se bloccavamo sia l’IL-17A che il GM-CSF, la tendenza era a una riduzione ancora maggiore della fibrosi. Questo ci dice che sono proprio queste due molecole, prodotte dalle cellule T CD4 con autofagia difettosa, a orchestrare gran parte del danno fibrotico.
Un Dialogo Pericoloso: L’Infiammazione di Tipo 3
Ma come fanno esattamente IL-17A e GM-CSF a peggiorare la fibrosi? Qui le cose si fanno interessanti, perché queste cellule T “arrabbiate” iniziano a “parlare” con le altre cellule presenti nel fegato, creando un circolo vizioso infiammatorio. Questo tipo di infiammazione, guidata appunto da IL-17A e GM-CSF, viene chiamata infiammazione di tipo 3.
Abbiamo fatto esperimenti in vitro, mettendo in contatto (o usando il “brodo” in cui erano cresciute) le cellule T CD4 difettose con altre cellule chiave del fegato:
- Miofibroblasti epatici (le cellule che producono la cicatrice): Quando interagivano con le cellule T CD4 senza autofagia (o con le molecole da esse rilasciate), i miofibroblasti iniziavano a produrre molte più sostanze infiammatorie (come CCL2, CXCL10, IL-6, KC/IL-8). Bloccando l’IL-17A, questa produzione si riduceva drasticamente. È come se l’IL-17A “accendesse” i miofibroblasti, rendendoli più infiammatori.
- Epatociti (le cellule principali del fegato): Anche gli epatociti rispondevano alle molecole rilasciate dalle cellule T difettose, aumentando la produzione di chemochine (come CXCL1, CXCL2, CCL2) e IL-6, che attirano altre cellule immunitarie e promuovono l’infiammazione. Anche qui, bloccando l’IL-17A si spegneva questa risposta.
- Macrofagi (altre cellule immunitarie): I macrofagi reclutati nel fegato danneggiato sono fondamentali nella fibrosi. Abbiamo visto che le cellule T CD4 senza autofagia spingevano i macrofagi a produrre più IL-1α e IL-1β, due citochine molto pro-infiammatorie e pro-fibrotiche. Interessante: in questo caso, non era l’IL-17A il colpevole, ma il GM-CSF! Bloccando il GM-CSF, i macrofagi smettevano di produrre così tanto IL-1.
Quindi, l’autofagia difettosa nelle cellule T CD4 scatena un’infiammazione di tipo 3: l’IL-17A agisce su miofibroblasti ed epatociti, mentre il GM-CSF attiva i macrofagi in senso pro-fibrotico. Un bel pasticcio infiammatorio!
La Speranza: Riattivare l’Autofagia per Combattere la Fibrosi
Ma c’è una buona notizia in tutto questo. Se il problema è l’autofagia difettosa, possiamo provare a riattivarla? La risposta sembra essere sì!
Abbiamo preso le cellule T CD4 da pazienti con fibrosi avanzata e le abbiamo trattate in vitro con un farmaco sperimentale (AZD8055) che attiva l’autofagia (inibendo mTOR, un suo regolatore negativo). Risultato? L’autofagia si riattivava (vedevamo più LC3-II e meno fosforilazione inibitoria di ULK1). E cosa ancora più importante: la frequenza delle pericolose cellule Th17 patogene (quelle che producono IL-17A e IFN-γ) diminuiva, e calava anche la produzione di GM-CSF!
Per confermare l’importanza di attivare l’autofagia in vivo, abbiamo usato un altro modello animale. Questa volta, abbiamo eliminato nelle cellule T un gene che codifica per la proteina Rubicon, che, come detto prima, agisce da freno per l’autofagia. Togliendo Rubicon, l’autofagia nelle cellule T si potenziava. Ebbene, questi topi con autofagia “potenziata” nelle cellule T, quando sottoposti a danno cronico con CCl4, sviluppavano molta meno fibrosi e meno infiammazione rispetto ai topi normali! Interessante notare che in questi topi protetti, non diminuivano le Th17 patogene, ma aumentava la frequenza di un sottotipo di Th17 considerato “buono” o protettivo, quello che produce IL-17A e IL-22 (l’IL-22 è nota per avere effetti protettivi sul fegato).
Conclusioni e Prospettive Future
Quindi, cosa ci dice tutta questa storia? Ci dice che l’autofagia nelle cellule T CD4 è un meccanismo cruciale che tiene sotto controllo l’infiammazione nel fegato cronico. Quando questo meccanismo si inceppa, le cellule T CD4 possono trasformarsi in cellule “cattive” (Th17 patogene), che producono IL-17A e GM-CSF, scatenando un’infiammazione di tipo 3 che coinvolge miofibroblasti, epatociti e macrofagi, e che alla fine guida la progressione della fibrosi epatica.
La cosa più entusiasmante è che questo processo sembra reversibile. Riattivare l’autofagia nelle cellule T CD4, magari con farmaci specifici o agendo su inibitori come Rubicon, potrebbe rappresentare una nuova, promettente strategia terapeutica per contrastare l’infiammazione e la fibrosi nelle malattie croniche del fegato. C’è ancora molta strada da fare, ovviamente, ma aver identificato questo legame tra autofagia, cellule T e fibrosi apre scenari davvero interessanti per il futuro. Staremo a vedere!
Fonte: Springer