Genitori di Bambini Autistici e Social Media: Quando l’Auto-Stigma Rimescola le Carte del Benessere
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che tocca corde profonde, un mix complesso di genitorialità, salute mentale e, sì, anche social media. Parliamo dei genitori di bambini con disturbo dello spettro autistico (DSA). Sappiamo tutti che essere genitori è l’avventura più bella e impegnativa del mondo, ma quando tuo figlio ha esigenze particolari come quelle legate all’autismo, le sfide quotidiane possono diventare davvero intense.
Le Sfide Quotidiane e lo Stress
Crescere un bambino con DSA significa navigare in un mare di complessità: gestire comportamenti difficili come crisi di rabbia o gesti autolesionistici, decifrare una comunicazione a volte sfuggente, lottare per l’inclusione sociale. Non c’è da stupirsi che tanti studi confermino quello che molti genitori già sanno sulla propria pelle: il rischio di disagio psicologico, come ansia, depressione e stress elevato, è decisamente più alto. È una realtà pesante, un fardello che si aggiunge all’amore immenso per i propri figli.
L’Ombra dello Stigma (e dell’Auto-Stigma)
Ma non è tutto. C’è un altro nemico invisibile che spesso si aggiunge al quadro: lo stigma. Quella sensazione terribile di essere giudicati, etichettati, “svalutati” dalla società solo perché associati a una condizione, in questo caso l’autismo del proprio figlio. Questo è il cosiddetto “stigma di cortesia”. E il peggio è che a volte finiamo per interiorizzare questi pregiudizi, per crederci noi stessi. Questo processo si chiama auto-stigma: iniziamo a sentirci “sbagliati”, a dubitare del nostro valore, a vergognarci quasi. L’auto-stigma è una zavorra terribile, collegata a un aumento dello stress genitoriale, a un maggior disagio psicologico, a una minore autostima e persino all’isolamento sociale, perché magari ci si ritira per paura del giudizio.
Social Media: Fuga o Trappola?
E qui entrano in gioco i social media. Nell’era digitale, sono ovunque. Ci connettono, ci informano, ci intrattengono. Ma sappiamo anche che possono creare dipendenza. La dipendenza dai social media (SMA – Social Media Addiction) è reale: quell’uso compulsivo che finisce per danneggiare la nostra salute mentale, le relazioni, il lavoro, la vita quotidiana. Scroll infinito, notifiche continue, confronti sociali spesso tossici che minano l’autostima, ansia da prestazione digitale… la lista dei potenziali danni è lunga.
Ma – e c’è un “ma” interessante – i social media non sono solo questo. Per alcuni, possono diventare una sorta di rifugio temporaneo. Un modo per staccare la spina dagli stress della vita reale, per sentirsi meno soli, per trovare una connessione, anche se virtuale. E qui la domanda sorge spontanea: cosa succede quando mettiamo insieme la dipendenza dai social media, il disagio psicologico e l’auto-stigma proprio in quei genitori che già affrontano le sfide dell’autismo?
La Sorpresa dello Studio: L’Auto-Stigma come “Moderatore”
Ed è proprio qui che uno studio recente, pubblicato su Springer, ci regala una prospettiva inaspettata. I ricercatori hanno voluto indagare proprio questa complessa relazione. Hanno somministrato questionari online a un gruppo di genitori di bambini con DSA, misurando i livelli di dipendenza dai social media (con la scala BSMAS), di auto-stigma (con la SSI-F) e di disagio psicologico (con la K10).
I risultati? Come previsto, hanno trovato che:
- Maggiori livelli di auto-stigma erano collegati a un maggiore disagio psicologico.
- Maggiori livelli di dipendenza dai social media erano anch’essi collegati a un maggiore disagio psicologico.
Fin qui, nessuna sorpresa. Ma ecco il colpo di scena: l’auto-stigma agiva da moderatore nella relazione tra dipendenza dai social media e disagio psicologico. Cosa significa in parole povere? Che l’effetto della dipendenza dai social sul benessere mentale cambiava a seconda di quanto forte fosse l’auto-stigma del genitore.
Nello specifico, per i genitori con bassi livelli di auto-stigma, la correlazione era quella “classica”: più dipendenza dai social, più disagio. Ma per i genitori con alti livelli di auto-stigma, questa correlazione positiva si indeboliva fino a diventare statisticamente non significativa sopra una certa soglia (un punteggio SSI-F superiore a 12.73), e addirittura tendeva a diventare negativa per livelli di auto-stigma ancora più elevati!
Un Possibile Meccanismo di Coping?
Sembra quasi controintuitivo, vero? La dipendenza dai social, solitamente vista come negativa, sembrava “fare meno danni” o addirittura avere un effetto quasi “protettivo” (attenzione, tra mille virgolette!) proprio in chi si sentiva più stigmatizzato. Come si spiega?
Una possibile interpretazione è che, per i genitori che soffrono molto a causa dell’auto-stigma – sentendosi forse più isolati, con minore autostima – i social media possano diventare, nonostante la componente di dipendenza, una sorta di strategia di coping. Un modo per:
- Evadere temporaneamente da emozioni dolorose e pensieri negativi.
- Cercare supporto sociale, magari connettendosi con altri genitori che vivono sfide simili.
- Condividere esperienze in un ambiente percepito come meno giudicante (anche se virtuale).
- Trovare contenuti leggeri o divertenti che offrano un momento di sollievo.
In pratica, per chi si sente profondamente “sbagliato” e isolato nel mondo reale a causa dello stigma internalizzato, il mondo virtuale, pur con i suoi rischi di dipendenza, potrebbe offrire un’ancora di salvezza momentanea, alleviando, almeno in parte, il disagio psicologico.
Attenzione: Non è una Soluzione Magica (Limiti dello Studio)
Ovviamente, dobbiamo andarci cauti. Questo non significa che la dipendenza dai social sia una buona cosa per chi soffre di auto-stigma. Anzi, lo studio stesso sottolinea che un uso compulsivo può comunque portare a preferire le interazioni virtuali, danneggiando le relazioni reali e intensificando, a lungo termine, i sentimenti di isolamento.
Inoltre, la ricerca ha i suoi limiti:
- Il campione di genitori era relativamente piccolo (87 persone), quindi i risultati vanno generalizzati con prudenza.
- Lo studio era trasversale, cioè ha scattato una “fotografia” in un dato momento, senza poter stabilire rapporti di causa-effetto (è la dipendenza che influenza il disagio o viceversa? O entrambe le cose?).
- La raccolta dati online potrebbe aver attratto un certo tipo di genitori (magari più giovani o più avvezzi alla tecnologia).
- Non sono stati considerati altri fattori importanti come la gravità dei sintomi del bambino (che sicuramente impatta sullo stress genitoriale), né caratteristiche psicologiche individuali come la resilienza o l’ottimismo dei genitori.
- Fenomeni come la FOMO (paura di perdersi qualcosa) o il “phubbing” (ignorare chi ci sta vicino per guardare il telefono) non sono stati misurati.
Cosa Portiamo a Casa?
Nonostante i limiti, questo studio ci offre uno spunto di riflessione importantissimo. Ci ricorda che la relazione tra uso dei social media e benessere mentale non è sempre lineare, specialmente in contesti di grande vulnerabilità come quello dei genitori di bambini con autismo che lottano contro l’auto-stigma.
Ci suggerisce che, mentre dobbiamo essere consapevoli dei rischi della dipendenza digitale, dobbiamo anche considerare che, per alcune persone in condizioni di particolare sofferenza e isolamento auto-imposto, i social media potrebbero svolgere una funzione complessa, a tratti quasi ambivalente, fungendo da meccanismo di coping, per quanto imperfetto e potenzialmente rischioso.
È fondamentale che la ricerca futura approfondisca queste dinamiche, magari con studi longitudinali che seguano i genitori nel tempo, per capire meglio come supportarli nel modo più efficace, aiutandoli a gestire sia l’auto-stigma che un rapporto più sano ed equilibrato con il mondo digitale.
Fonte: Springer