Auto-Compassione: Uguale per Tutti? Un Viaggio Incredibile in 65 Paesi Svela la Verità
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel mondo dell’auto-compassione. Sapete, quella capacità di essere gentili e di supporto verso noi stessi, specialmente quando le cose si fanno difficili, quando sbagliamo o soffriamo. Sembra semplice, no? Eppure, per decenni noi ricercatori ci siamo chiesti: ma questa auto-compassione, è davvero la stessa cosa in Italia, in Giappone, in Ghana o in Brasile? Si misura allo stesso modo? Funziona uguale per uomini, donne, persone di altre identità di genere, giovani e meno giovani?
Beh, tenetevi forte, perché abbiamo cercato di rispondere proprio a queste domande con uno studio mastodontico, il Body Image in Nature Survey (BINS). Pensate: abbiamo raccolto dati da quasi 57.000 persone sparse in 65 nazioni diverse, che parlavano ben 40 lingue! Un’impresa pazzesca, ma necessaria per capire se uno degli strumenti più usati per misurare l’auto-compassione, la Self-Compassion Scale–Short Form (SCS–SF), fosse davvero “universale”.
Ma Cos’è Esattamente l’Auto-Compassione?
Prima di tuffarci nei risultati, facciamo un passo indietro. La psicologa Kristin Neff, una pioniera in questo campo, ha descritto l’auto-compassione come un equilibrio tra modi compassionevoli e non compassionevoli di rispondere alla nostra sofferenza. Ha identificato sei “ingredienti” principali:
- Gentilezza verso sé stessi (essere comprensivi invece che critici) vs. Auto-giudizio (criticarsi duramente)
- Senso di umanità comune (riconoscere che soffrire ed errare è umano) vs. Isolamento (sentirsi soli nel proprio dolore)
- Mindfulness (osservare pensieri e sentimenti difficili con equilibrio) vs. Sovra-identificazione (farsi travolgere dalle emozioni negative)
Per misurare questi aspetti, Neff ha creato la Self-Compassion Scale (SCS), e poi una versione più breve, la SCS-SF (Short Form) con 12 domande, due per ogni ingrediente. Ed è proprio su questa versione breve che ci siamo concentrati.
Il Grande Dibattito sulla Misura
Qui le cose si complicano un po’. Negli anni, noi studiosi abbiamo dibattuto animatamente su come interpretare i punteggi di queste scale. C’è chi dice che i sei ingredienti sono distinti, chi dice che si fondono in un unico punteggio totale di auto-compassione, chi ancora propone un modello a due “macro-fattori”: uno che raggruppa le risposte compassionevoli (gentilezza, umanità comune, mindfulness) e uno che raggruppa quelle non compassionevoli (auto-giudizio, isolamento, sovra-identificazione). Insomma, un bel rompicapo! Capire quale modello fosse il migliore, e soprattutto se funzionasse ovunque, era cruciale.
La Nostra Missione Globale: Il Progetto BINS
Ed ecco che entra in gioco il nostro studio BINS. Con una diversità di partecipanti mai vista prima, avevamo l’opportunità unica di testare tutti questi modelli e vedere quale “reggeva” meglio a livello globale. Volevamo trovare una struttura della scala SCS-SF che fosse non solo statisticamente solida, ma anche interpretabile e, soprattutto, che ci permettesse di confrontare i livelli di auto-compassione tra culture, lingue, generi ed età diverse. Questo si chiama testare l’invarianza della misurazione: in parole povere, verificare se la scala misura davvero la stessa cosa, nello stesso modo, per tutti questi gruppi diversi.
Cosa Abbiamo Scoperto? Un Modello a Due Facce
Ebbene, dopo analisi complesse su questa mole enorme di dati, è emerso un vincitore. Il modello che si adattava meglio ai dati, bilanciando semplicità e robustezza, non era quello a 6 fattori né quello unidimensionale. Era un modello a due fattori, ma con una piccola modifica: abbiamo dovuto togliere una delle 12 domande (la numero 10, che chiedeva se, sentendosi inadeguati, si cerca di ricordare che è un sentimento comune) perché sembrava creare un po’ di “rumore” statistico e concettuale in diversi contesti. Questa domanda, infatti, era già stata segnalata come problematica in altri studi.
Quindi, il nostro modello “ottimale” è una versione a 11 domande (SCS-11) che misura due costrutti distinti:
- Risposta Compassionevole verso Sé Stessi (le domande “positive” su gentilezza, umanità comune, mindfulness)
- Risposta Non Compassionevole verso Sé Stessi (le domande “negative” su auto-giudizio, isolamento, sovra-identificazione)
La cosa interessante è che questi due fattori, nel campione totale, erano correlati solo debolmente. Questo suggerisce che non sono semplicemente l’uno l’opposto dell’altro, ma due dimensioni relativamente indipendenti. Essere molto gentili con sé stessi non significa automaticamente essere poco critici, e viceversa. Questo risultato mette fortemente in discussione l’uso di un punteggio unico totale per la SCS-SF. Sembra più sensato considerare queste due “facce” dell’auto-compassione separatamente.
L’Auto-Compassione Varia nel Mondo? Sì e No!
Ora la domanda da un milione di dollari: questa SCS-11 a due fattori funziona allo stesso modo dappertutto? La risposta è… complessa.
Abbiamo trovato che la struttura a due fattori era riconoscibile (invarianza configurale) e che le domande avevano un “peso” simile sui rispettivi fattori (invarianza metrica) nella stragrande maggioranza delle 65 nazioni e 40 lingue analizzate (con poche eccezioni dove la scala non sembrava funzionare bene).
Tuttavia, non abbiamo raggiunto la cosiddetta “invarianza scalare” completa tra nazioni e lingue. Questo significa che, sebbene la struttura di base sia simile, il “punto zero” della scala, o il modo esatto in cui le persone interpretano e usano i punteggi, potrebbe variare leggermente da una cultura all’altra o da una lingua all’altra. Forse concetti come “gentilezza verso sé stessi” o “umanità comune” hanno sfumature diverse in contesti culturali differenti. Ad esempio, in alcune culture, criticarsi potrebbe essere visto come uno stimolo a migliorare, rendendo la distinzione tra risposta compassionevole e non compassionevole meno netta. Infatti, abbiamo notato che in una dozzina di gruppi nazionali, i due fattori erano addirittura correlati positivamente!
Nonostante questo, siamo riusciti a stabilire un’invarianza scalare parziale, usando alcune domande “ancora” che funzionavano in modo molto simile ovunque. Questo ci ha permesso, con le dovute cautele, di confrontare i livelli medi di risposta compassionevole e non compassionevole tra i vari gruppi. E le differenze erano enormi! Alcune nazioni mostravano livelli medi molto alti di entrambe le risposte, altre molto bassi, altre ancora alti livelli di una e bassi dell’altra. Capire il perché di queste differenze sarà il lavoro affascinante dei prossimi anni.
La buona notizia è che quando abbiamo guardato alle identità di genere e alle fasce d’età, la SCS-11 ha mostrato un’invarianza scalare completa! Questo significa che possiamo confrontare con più sicurezza i punteggi tra uomini, donne e persone di altre identità di genere, e tra giovani adulti (18-24), adulti (25-44) e adulti di mezza età e anziani (≥45).
Cosa abbiamo trovato? In media, gli uomini tendevano ad avere punteggi leggermente più alti nella risposta compassionevole e più bassi in quella non compassionevole rispetto alle donne. Le persone che si identificavano con un altro genere mostravano i livelli più alti di risposta non compassionevole, forse a causa dello stress legato all’essere parte di una minoranza. Per quanto riguarda l’età, la risposta compassionevole tendeva ad aumentare con gli anni, mentre quella non compassionevole diminuiva, specialmente dopo i 45 anni. Sembra che con l’età si impari ad essere un po’ più buoni con sé stessi!
Soldi, Studio, Amore… Contano Davvero per l’Auto-Compassione?
Un’ultima curiosità: abbiamo verificato se fattori come sentirsi finanziariamente sicuri, il livello di istruzione, lo stato civile o vivere in città o in campagna fossero legati all’auto-compassione. Qualche piccola associazione l’abbiamo trovata: ad esempio, sentirsi più sicuri economicamente, avere un’istruzione superiore o essere in una relazione stabile/sposati era leggermente associato a più risposte compassionevoli e meno non compassionevoli. Ma, onestamente, queste associazioni erano molto deboli. La morale della favola è che l’auto-compassione non sembra dipendere in modo significativo da queste variabili socio-demografiche. È qualcosa di più profondo e personale.
Cosa Significa Tutto Questo?
Questo studio gigantesco ci lascia con alcuni messaggi chiave. Primo: l’auto-compassione, misurata con la SCS-SF, sembra avere due dimensioni principali, una compassionevole e una non compassionevole, che è meglio tenere distinte. Usare un punteggio totale potrebbe nascondere informazioni importanti. Secondo: questa struttura a due fattori (nella versione a 11 item) sembra abbastanza robusta da poter essere usata in ricerche internazionali, ma dobbiamo essere consapevoli che il significato esatto e l’esperienza dell’auto-compassione possono avere sfumature culturali e linguistiche. Non esiste un’auto-compassione “taglia unica” per tutto il mondo. Terzo: l’auto-compassione sembra essere relativamente indipendente da fattori esterni come lo status socio-economico, ma mostra interessanti differenze legate al genere e all’età.
Insomma, il nostro viaggio nell’auto-compassione globale ci ha mostrato un quadro complesso e affascinante. È una qualità umana fondamentale, presente ovunque, ma che si colora delle tinte uniche di ogni cultura e individuo. La ricerca continua, ma una cosa è certa: imparare ad essere un po’ più compassionevoli con noi stessi è probabilmente un buon investimento, ovunque ci troviamo nel mondo.
Fonte: Springer