Spinosad a Go-Go: Come Abbiamo Turbo-Caricato un Batterio per Produrre Più Insetticida Bio!
Ragazzi, preparatevi perché sto per raccontarvi una storia scientifica che ha del pazzesco, ma che è tutta vera e, modestia a parte, ci vede protagonisti! Parliamo di un insetticida naturale, lo spinosad, una vera manna dal cielo perché è super efficace contro i parassiti ma gentile con l’ambiente e con noi mammiferi. Questo gioiellino è prodotto da un batterio che vive nel suolo, il Saccharopolyspora spinosa. Bello, no? Il problema è che, come tutte le cose preziose, non è facile ottenerne in grandi quantità. E qui entriamo in gioco noi!
La Sfida: Più Spinosad, Meno Fatica!
Vedete, il Sa. spinosa è un po’ un tipo riservato quando si tratta di produrre spinosad. Ha i suoi meccanismi di regolazione interna, un DNA bello metilato che rende le modifiche genetiche un’impresa, e diciamocelo, non è che ci svelasse volentieri i suoi segreti produttivi. In passato, altri colleghi avevano provato a “convincerlo” a produrre di più, magari inserendo qualche gene qua e là preso dal suo “manuale d’istruzioni” per lo spinosad – un enorme cluster genico di ben 74-kb (kilobasi, tantissima roba genetica!) chiamato spn – oppure tentando di far produrre lo spinosad ad altri batteri “ospiti”. I risultati? Diciamo… incoraggianti, ma non da farci saltare sulla sedia. Si parlava di aumenti modesti, o di produzioni in ospiti eterologhi che non superavano i 70 mg/L. Insomma, si poteva fare di meglio. E soprattutto, nessuno aveva mai osato provare a “copiare e incollare” l’intero, gigantesco cluster genico spn da 74-kb nel batterio stesso. Una follia? Forse. Ma a noi le sfide piacciono!
Il Colpo di Genio: Overespressione Completa del Cluster spn
E così, armati di pazienza e delle più moderne tecniche di ingegneria genetica, ci siamo messi all’opera. L’idea era semplice nella sua audacia: prendere l’intero pacchetto di geni spn responsabile della produzione di spinosad e farlo “iper-esprimere” nel nostro Sa. spinosa. Per farlo, abbiamo usato una specie di “forbici molecolari” super precise (il famoso CRISPR/Cas9) e una tecnica chiamata Transformation-Associated Recombination (TAR) cloning in lievito, che ci ha permesso di “catturare” e clonare questo enorme frammento di DNA. Immaginate di dover copiare un intero capitolo di un libro antico senza fare errori: ecco, qualcosa del genere, ma a livello molecolare! Abbiamo costruito un plasmide, che abbiamo chiamato pCM265-spn, contenente tutto il malloppo genetico e lo abbiamo inserito nel nostro batterio. Il risultato? Un ceppo ingegnerizzato, che abbiamo battezzato Sa. spinosa-spn.
Risultati da Urlo: Produzione alle Stelle!
E qui viene il bello. Dopo aver coltivato il nostro ceppo “turbo” e il ceppo originale (wild type) in condizioni di fermentazione ottimali per 10 giorni, siamo andati a misurare quanto spinosad avevano prodotto. Tenetevi forte: il nostro Sa. spinosa-spn ha sfornato ben 693 mg/L di spinosad, contro i 309 mg/L del ceppo selvatico. Avete capito bene? Un aumento del 124%! Praticamente più del doppio! E per essere sicuri che non fosse un colpo di fortuna o un effetto del plasmide vuoto, abbiamo fatto tutte le verifiche del caso: il plasmide da solo non faceva differenza. Era proprio il nostro super-cluster spn a fare la magia. E la cosa ancora più bella è che questa super-produzione si è mantenuta stabile anche dopo diverse “generazioni” di fermentazione. Niente male per un batterio a cui abbiamo dato una “spintarella” genetica!

Non Solo Produzione: Cambiamenti Nello Stile di Vita del Batterio
Ma le sorprese non erano finite. Abbiamo notato che il nostro Sa. spinosa-spn non solo era un campione di produzione, ma aveva anche cambiato un po’ il suo “stile di vita”. Ad esempio, la formazione delle spore (una specie di “semi” che i batteri usano per riprodursi e resistere) era ritardata, e le colonie apparivano diverse al microscopio: più circolari e integre rispetto al ceppo originale. Anche le ife, i filamenti che compongono il corpo del batterio, erano diverse: più fini, più lunghe e con meno “setti” divisori, come se fossero meno frammentate.
Curiosi come scimmie, siamo andati a vedere cosa succedeva a livello genico. Abbiamo analizzato l’espressione di alcuni geni chiave per lo sviluppo e la differenziazione del batterio, come bldD (un repressore della sporulazione), ssgA, whiA e whiB (promotori della sporulazione) e fstZ (coinvolto nella divisione cellulare). Ebbene, nel nostro ceppo potenziato, bldD era più attivo, mentre gli altri erano meno attivi. Questo spiega il ritardo nella sporulazione e i cambiamenti morfologici. In pratica, potenziando il metabolismo secondario (la produzione di spinosad), abbiamo indirettamente influenzato il metabolismo primario (crescita e sviluppo). È un po’ come se un atleta che si concentra troppo sulla potenza perda un po’ in agilità, ma nel nostro caso, era esattamente quello che volevamo per la produzione!
Conferme Molecolari e Ottimizzazione del Terreno
Per essere ultra-sicuri che il nostro intervento avesse funzionato a dovere, abbiamo fatto un’analisi trascrizionale, cioè siamo andati a misurare quanto attivamente venissero “letti” i 19 geni del cluster spn. Risultato? Tutti e 19 i geni erano significativamente più attivi nel ceppo Sa. spinosa-spn rispetto al controllo. Bingo! Questo significava che il nostro “tuning” genetico aveva effettivamente potenziato la “fabbrica” interna dello spinosad.
Ma non ci siamo fermati qui. Ci siamo detti: “Ora che il batterio ha più potenziale, magari ha bisogno di una ‘dieta’ diversa per esprimersi al meglio”. Così, abbiamo usato una tecnica statistica fichissima chiamata Response Surface Methodology (RSM) per ottimizzare la composizione del terreno di fermentazione. Abbiamo giocato con le concentrazioni di farina di semi di cotone, glucosio e olio di soia. Dopo vari esperimenti e calcoli, il software ci ha suggerito la ricetta perfetta: 55 g/L di farina di semi di cotone, 90 g/L di glucosio e 10 g/L di olio di soia. Abbiamo provato, e… jackpot! La produzione di spinosad è schizzata a 920 mg/L! Un aumento complessivo del 198% rispetto al ceppo originale non modificato e non ottimizzato!
Cosa Significa Tutto Questo?
Beh, per prima cosa, abbiamo dimostrato che si può fare: l’overespressione dell’intero, enorme cluster genico spn da 74-kb in Sa. spinosa non solo è possibile, ma è anche incredibilmente efficace per aumentare la produzione di spinosad. È la prima volta che un risultato del genere viene ottenuto, e apre scenari interessantissimi.
Certo, come abbiamo notato, potenziare il metabolismo secondario può avere ripercussioni su quello primario, modificando la crescita e la morfologia del batterio. È un equilibrio delicato, e capire a fondo queste interazioni sarà fondamentale per futuri miglioramenti.
È interessante notare che in alcuni studi precedenti, anche l’overespressione di pochi geni aveva portato a buoni risultati, a volte simili ai nostri. Questo, ipotizziamo, potrebbe dipendere molto dal “background genetico” del ceppo di partenza. Magari il nostro ceppo selvatico era un po’ più “pigro”, e quindi ha risposto in modo più eclatante al nostro intervento. Chissà, applicando questa strategia ad altri ceppi di Sa. spinosa, magari già “performanti” di loro, si potrebbero raggiungere livelli di produzione ancora più stratosferici!

Insomma, questo studio non è solo un bel risultato scientifico, ma è un passo avanti concreto verso una produzione più efficiente e sostenibile di questo prezioso insetticida bio. E noi siamo orgogliosi di aver dato il nostro contributo!
Fonte: Springer
