Immagine fotorealistica di un vasto campo agricolo con ampie zone di terreno nudo esposto, sotto un cielo minaccioso che preannuncia un evento climatico estremo. Utilizzare un obiettivo grandangolare da 18mm per enfatizzare la vastità e la vulnerabilità, con messa a fuoco nitida su tutta la scena e una lunga esposizione per suggerire il movimento delle nuvole. L'illuminazione dovrebbe essere drammatica, come quella che precede una tempesta, con toni grigi e blu duotone.

Terra Nostra, Terra Fragile: I Nostri Campi Sempre Più Nudi Sotto un Clima Impazzito!

Amici, parliamoci chiaro: la terra sotto i nostri piedi, quella che ci nutre, sta soffrendo. E non è un’esagerazione da film catastrofico, ma una realtà che emerge da studi sempre più precisi, come quello che mi è capitato tra le mani di recente e che mi ha fatto riflettere parecchio. Parla di come i nostri terreni agricoli, a livello globale, siano sempre più esposti agli estremi climatici. Un titolo un po’ tecnico, “Globally increased cropland soil exposure to climate extremes in recent decades”, ma il succo è da far tremare i polsi.

Il Suolo Nudo: Un Problema Globale

Immaginate i nostri campi: dopo il raccolto, o prima della semina, spesso il suolo rimane lì, nudo, esposto al sole cocente, al vento che spazza via la parte più fertile, alle piogge torrenziali. Questa “nudità” non è una cosa da poco. Senza la protezione di una copertura vegetale, che sia la coltura stessa, i residui del raccolto precedente o la neve, il suolo perde materia organica preziosa, si impoverisce e diventa più vulnerabile all’erosione. E indovinate un po’? Questa situazione, già critica, peggiora drasticamente quando ci si mettono di mezzo gli eventi climatici estremi, sempre più frequenti e intensi.

Lo studio che ho letto ha usato dati satellitari, roba da far invidia alla NASA (si parla di MODIS e Sentinel-2, per i più curiosi), per mappare quotidianamente, dal 2001 al 2022, quanto suolo agricolo nel mondo rimanesse scoperto. E i numeri sono impressionanti: in media, i nostri terreni coltivati passano circa 147 giorni all’anno esposti. Pensateci, quasi 5 mesi! Ci sono zone, come nel Sahel africano o nel Gran Deserto Indiano, dove si superano gli otto mesi di esposizione. Niger e Sudan detengono record poco invidiabili, con rispettivamente 251 e 224 giorni. Dall’altra parte della medaglia, circa il 12% dei terreni coltivati globali rimane esposto per meno di tre mesi, soprattutto in America, Europa e Sud-Est Asiatico. Le Filippine e l’Indonesia, ad esempio, se la cavano con “solo” 68 e 76 giorni. Tra i grandi produttori, la Nigeria ha la maglia nera con 189 giorni, mentre il Canada la più virtuosa con 97.

Ovviamente, questa esposizione varia tantissimo a seconda del clima locale. Nelle zone aride e semi-aride, com’è facile immaginare, i periodi di suolo nudo sono più lunghi. Nelle regioni ad alta latitudine, come il Canada o il confine tra Russia e Kazakistan, la lunga permanenza della neve (che può durare oltre tre mesi!) gioca un ruolo protettivo fondamentale, riducendo l’esposizione diretta del suolo.

Chi Migliora e Chi Peggiora: Luci e Ombre Globali

La buona notizia, se così vogliamo chiamarla, è che circa il 57% dei terreni agricoli ha visto una riduzione della durata dell’esposizione del suolo negli ultimi due decenni. Di questi, il 23% ha mostrato riduzioni significative. Le aree che hanno fatto i maggiori passi avanti sono l’India, il Nord America e la Cina. L’India, in particolare, è un caso eclatante: il 92% delle sue aree coltivate stabili ha ridotto l’esposizione del suolo, con un calo medio di 25 giorni. Questo potrebbe essere dovuto a un’intensificazione dell’agricoltura, che però, come vedremo, può avere i suoi rovesci della medaglia. L’Asia, nel complesso, ha visto una diminuzione di circa 13 giorni.

Fotografia macro di un terreno agricolo arido e screpolato sotto un sole cocente, obiettivo macro 90mm, alta definizione, illuminazione naturale intensa, evidenziando le crepe e la texture secca del suolo. La terra appare di colore ocra chiaro, con profonde fessure che ne rivelano la secchezza estrema. Alcuni piccoli ciuffi di erba secca spuntano qua e là, quasi a testimoniare una passata fertilità.

Purtroppo, c’è anche il lato oscuro della medaglia. Circa il 43% dei terreni coltivati ha visto un aumento della durata dell’esposizione, e per l’11% questo aumento è stato statisticamente significativo. L’Europa dell’Est, ad esempio, ha mostrato un preoccupante trend di aumento, contribuendo per circa il 20% all’incremento globale. Anche in Africa la situazione non è rosea, con un aumento cumulativo di 8 giorni. Paesi come Uganda, Senegal, Ciad e Nigeria hanno visto oltre l’80% dei loro terreni agricoli peggiorare da questo punto di vista. L’Uganda, in particolare, ha registrato un aumento medio di 28 giorni di esposizione!

Il Fattore Neve: Non Solo Sole e Pioggia

Come accennavo prima, nelle regioni più fredde, la copertura nevosa gioca un ruolo cruciale. Nelle zone nord-orientali della Cina, l’aumento sia della copertura nevosa sia della copertura data da colture/residui colturali ha contribuito a ridurre l’esposizione del suolo. In Canada, invece, si è osservato un aumento della copertura nevosa ma una diminuzione di quella vegetale/residua; l’effetto della neve è stato però preponderante, portando a una diminuzione del suolo esposto. Al contrario, in stati USA come Nebraska e Kansas, una diminuzione della neve è stata compensata da un aumento della copertura vegetale/residua, riducendo comunque l’esposizione. Insomma, un equilibrio complesso!

Quando il Clima si Fa Estremo: Un Cocktail Pericoloso

Ed eccoci al punto cruciale, quello che mi ha davvero messo in allarme. Non basta guardare solo per quanto tempo il suolo rimane scoperto. Bisogna vedere cosa succede in quei periodi. E qui la situazione si fa drammatica: lo studio rivela che ben l’86% delle aree agricole globali ha visto un aumento dell’esposizione del suolo a vari tipi di estremi climatici. Avete capito bene? Anche se in alcune zone il suolo resta scoperto per meno tempo, è più probabile che in quel lasso di tempo si imbatta in ondate di calore, radiazioni solari intense, piogge torrenziali o venti forti. Un disastro annunciato per la fertilità.

Pensate che il 17% di queste aree ha sperimentato un aumento del rischio per tutti e quattro i tipi di estremi climatici considerati, con le regioni più colpite negli Stati Uniti e in Europa. Solo il 14% delle aree agricole globali ha visto una diminuzione dell’esposizione a tutti e quattro gli estremi, principalmente nel nord dell’India, nel nord-est della Cina e in Canada.

Nello specifico:

  • Il 73% dei suoli esposti ha subito una maggiore frequenza di eventi di alta temperatura. In media, si tratta di circa quattro giorni in più all’anno in cui il suolo nudo ha dovuto sopportare un caldo torrido.
  • Per quanto riguarda la radiazione solare, le aree con una diminuzione dell’esposizione superano quelle con un aumento del 6%, ma ci sono stati incrementi notevoli in Europa, Sud America e lungo il confine USA-Canada.
  • Un trend simile si osserva per le piogge estreme, con un 10% in più di aree che vedono una diminuzione rispetto a un aumento dell’esposizione a questo rischio.
  • L’esposizione a venti forti è più bilanciata, ma con aumenti significativi lungo il confine Russia-Ucraina e in Sudan.

Il Paradosso del Carbonio: Terreni Ricchi, Rischi Maggiori?

Ora, uno potrebbe pensare: “Beh, se il suolo è povero, pazienza”. Ma non è così semplice. La qualità del suolo varia enormemente, e i suoli più ricchi, quelli con più carbonio organico (SOC), sono anche i più produttivi, ospitano una maggiore biodiversità microbica e sequestrano più carbonio. Lo studio ha usato il SOC come indicatore della qualità del suolo. E qui arriva un’altra scoperta preoccupante: i terreni con un contenuto di SOC più elevato sono risultati essere proprio quelli dove l’esposizione agli estremi climatici è aumentata!

Fotografia grandangolare di un campo agricolo con terreno nudo eroso da una pioggia torrenziale, obiettivo grandangolare 20mm, lunga esposizione per mostrare il movimento dell'acqua e il fango che scorre via. Il cielo è cupo e drammatico, carico di nuvole scure. Si notano rivoli d'acqua che scavano solchi nel terreno marrone scuro.

In pratica, i nostri suoli più fertili e preziosi sono quelli che stanno affrontando un rischio di degradazione intensificato. Anche piccole perdite di SOC possono avere un impatto enorme sulla produzione alimentare. Quindi, anche se globalmente più terreni hanno visto una riduzione della durata dell’esposizione rispetto a un aumento, il rischio complessivo di degradazione potrebbe non essere diminuito affatto, anzi! Le funzioni cruciali dei terreni agricoli, come il sequestro del carbonio e la produzione di cibo nutriente, potrebbero essere seriamente compromesse.

Cosa Ci Dicono i Satelliti (e Perché Dovremmo Ascoltarli)

Qualcuno potrebbe chiedersi come si fa a sapere tutto questo con tale dettaglio. Beh, la risposta sta nella tecnologia satellitare. Questo studio ha sviluppato una metodologia per mappare giornalmente la frazione di suolo nudo nei terreni agricoli di tutto il mondo. Hanno usato indici specifici (come NDVI, NDTI, NDSI, AWEI – nomi un po’ astrusi ma efficacissimi) per distinguere tra suolo nudo, vegetazione, residui colturali, neve e acqua. Un lavoro certosino che ci ha fornito una mappa globale, giornaliera e continua dell’esposizione del suolo agricolo negli ultimi due decenni. È la prima volta che abbiamo un quadro così completo, e ci dice chiaramente che il rischio di degradazione è aumentato a causa dell’esposizione diretta a estremi climatici più frequenti.

Guardare Oltre l’Inverdimento: La Vera Salute del Suolo

Negli ultimi anni, abbiamo sentito parlare spesso di “inverdimento” del pianeta, grazie anche ai satelliti. Sembrerebbe una buona notizia, no? Più verde significa più salute. Purtroppo, questo studio ci mette in guardia: l’inverdimento, spesso legato a pratiche di intensificazione agricola (come in India, dove si è vista una forte riduzione dell’esposizione del suolo), potrebbe mascherare un problema più profondo. L’intensificazione, se non gestita in modo sostenibile, può portare a un deterioramento della salute del suolo a lungo termine. Quindi, non basta guardare quanto è verde la superficie; dobbiamo capire cosa succede sotto, al suolo stesso.

L’esempio degli Stati Uniti è interessante: la riduzione dell’esposizione del suolo lì è probabilmente attribuibile alla diffusione delle colture di copertura (cover crops), pratiche che mirano a proteggere e migliorare il suolo. Questa è la direzione giusta!

Un altro aspetto toccato dallo studio è l’influenza del livello di sviluppo economico e della stabilità politica. Ad esempio, al confine tra Turchia e Siria, si osserva una differenza notevole nella durata dell’esposizione del suolo, probabilmente legata al conflitto in Siria che ha danneggiato le infrastrutture agricole.

Soluzioni all’Orizzonte: Un Futuro Sostenibile è Possibile?

Cosa possiamo fare, quindi? Rassegnarci a un futuro di suoli degradati e carestie? Assolutamente no! La conoscenza è il primo passo. Questo studio ci fornisce prove concrete per supportare un miglioramento delle pratiche agricole sostenibili. Parliamo di:

  • Lavorazione ridotta del terreno (reduced tillage): disturbare il meno possibile il suolo.
  • Colture di copertura (cover cropping): non lasciare mai il suolo nudo, proteggendolo con piante specifiche tra un raccolto principale e l’altro.
  • Pacciamatura (mulching): coprire il suolo con materiale organico o teli.
  • Colture perenni: piante che vivono per più anni, fornendo una copertura costante e promuovendo la formazione di materia organica.

Queste non sono idee campate in aria, ma pratiche già note e la cui efficacia è stata dimostrata a livello locale. Ora abbiamo la conferma che servono su scala globale, e urgentemente.

Fotografia aerea, obiettivo zoom 70mm, di un campo agricolo con colture di copertura rigogliose di colore verde intenso che proteggono il suolo. Accanto, un campo con terreno arato di colore marrone scuro, non protetto, mostra il contrasto. La luce del mattino crea lunghe ombre e mette in risalto la texture delle colture e del suolo.

Certo, il cambiamento climatico continuerà a far sentire i suoi effetti, con previsioni di aumento di ondate di calore e precipitazioni estreme. Ma se agiamo ora per proteggere i nostri suoli, possiamo mitigare i danni e assicurare che la terra continui a nutrirci. La sfida è enorme, ma la posta in gioco – la salute del nostro pianeta e la nostra sicurezza alimentare – lo è ancora di più. Non possiamo permetterci di lasciare i nostri campi “nudi e crudi” di fronte a un clima che non fa sconti a nessuno.

Fonte: Springer Nature

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