Fotografia di un gruppo di giovani studentesse universitarie etiopi, diverse tra loro, in un campus all'aperto. Alcune conversano, altre appaiono riflessive. Obiettivo da ritratto 35mm, luce naturale, profondità di campo, per trasmettere un senso di comunità e le preoccupazioni individuali sottostanti. Viraggio blu e grigio.

Studentesse Sotto Pressione: L’Ombra Nascosta degli Atteggiamenti Alimentari Disordinati in Etiopia

Sapete, a volte mi imbatto in studi che mi colpiscono dritto al cuore, non solo per i dati scientifici, ma per le storie umane che inevitabilmente nascondono. Oggi voglio parlarvi di una ricerca che arriva da lontano, dall’Etiopia, ma che tocca corde universali, soprattutto per chi, come me, ha a cuore il benessere dei giovani e, in particolare, delle giovani donne nel loro percorso formativo. Parliamo di atteggiamenti alimentari disordinati, un tema delicato ma cruciale, emerso da uno studio condotto tra le studentesse universitarie dell’Arba Minch University.

Cosa Sono Esattamente Questi “Atteggiamenti Alimentari Disordinati”?

Prima di addentrarci nei dettagli, chiariamo un punto. Quando parlo di “atteggiamenti alimentari disordinati”, non mi riferisco necessariamente a disturbi alimentari conclamati come l’anoressia o la bulimia nervosa, sebbene possano esserne il pericoloso anticamera. Si tratta piuttosto di un insieme di comportamenti e pensieri problematici legati al cibo, al peso e all’immagine corporea. Pensate a un’ossessione per il peso, a diete ferree e restrittive, abbuffate occasionali, uso improprio di lassativi o pillole dimagranti, o un’eccessiva preoccupazione per la forma fisica. Comportamenti che, se non riconosciuti e affrontati, possono davvero minare la salute fisica e il benessere psicosociale.

Perché Preoccuparsene? L’Impatto Globale e la Situazione in Etiopia

A livello globale, l’anoressia e la bulimia nervosa tra le giovani donne rappresentano un fardello enorme, stimato in circa 1.9 milioni di anni di vita vissuti con disabilità. Impressionante, vero? E se un tempo si pensava che questi problemi fossero una prerogativa dei paesi occidentali, studi recenti indicano un’inversione di tendenza. Il problema è che, mentre l’allarme suona forte in molte parti del mondo, in contesti come quello etiope, soprattutto a livello universitario, le evidenze scientifiche sono ancora scarse. Ecco perché lo studio dell’Arba Minch University è così prezioso: getta luce su una realtà poco conosciuta.

Pensateci: l’università è un periodo di transizione pazzesco. Si esce dal nido, si affrontano nuove responsabilità, pressioni accademiche e sociali. È un’età, quella tra i 18 e i 25 anni, critica per lo sviluppo di abitudini e atteggiamenti legati al peso. Intervenire presto, identificare i segnali di disagio, può fare una differenza enorme per il futuro di queste ragazze.

Zoom Sulla Ricerca: Studentesse Sotto la Lente all’Arba Minch University

Lo studio, condotto tra gennaio e aprile 2023, ha coinvolto 600 studentesse dell’Arba Minch University, selezionate casualmente. Immaginate queste ragazze, impegnate nei loro studi, a cui è stato chiesto di compilare un questionario anonimo. Questo strumento, chiamato EAT-26 (Eating Attitude Test), è uno standard per valutare proprio questi atteggiamenti alimentari. Non solo, i ricercatori hanno anche misurato peso e altezza per calcolare l’Indice di Massa Corporea (IMC).

L’obiettivo era duplice: capire quanto fosse diffuso il problema e identificare i fattori associati. E i risultati, ve lo anticipo, fanno riflettere.

Ritratto fotografico di una giovane studentessa universitaria etiope, aspetto pensieroso, seduta in una biblioteca universitaria con libri sullo sfondo. Obiettivo fisso da 35mm, profondità di campo per sfocare leggermente lo sfondo, luce naturale filtrata da una finestra, viraggio bianco e nero per un'atmosfera introspettiva.

La media dell’età delle partecipanti era di circa 21 anni e mezzo, la maggioranza proveniva da contesti urbani e, curiosamente, quasi tre quarti erano iscritte alla Facoltà di Medicina e Scienze della Salute. Un altro dato interessante: il 74% ha dichiarato un’esposizione regolare ai media.

I Risultati Che Fanno Riflettere: Numeri e Fattori Chiave

Ed eccoci al dunque. Lo studio ha rivelato che l’11.5% delle studentesse dell’Arba Minch University mostrava atteggiamenti alimentari disordinati. Può sembrare un numero non altissimo, ma pensateci: significa più di una studentessa su dieci. E questo, come sottolineano i ricercatori, è un campanello d’allarme per la salute pubblica.

Ma quali fattori sembrano giocare un ruolo? Due in particolare sono emersi come statisticamente significativi:

  • L’Indice di Massa Corporea (IMC): Qui la faccenda si fa interessante. Le studentesse con un IMC normale avevano una probabilità del 97% inferiore di mostrare atteggiamenti alimentari disordinati rispetto a quelle sottopeso. Al contrario, le studentesse sovrappeso avevano una probabilità 5.83 volte maggiore di manifestare questi atteggiamenti rispetto alle compagne sottopeso. Questo suggerisce una forte pressione legata all’ideale di magrezza, che può portare chi è sovrappeso a sviluppare un rapporto conflittuale con il cibo, ma anche chi è sottopeso a mantenere comportamenti restrittivi.
  • Il Dipartimento Accademico: Sorprendentemente, le studentesse iscritte a dipartimenti non sanitari hanno mostrato una probabilità 2.27 volte maggiore di avere atteggiamenti alimentari disordinati rispetto alle loro colleghe delle facoltà sanitarie. Gli autori ipotizzano che una maggiore consapevolezza sulle conseguenze di comportamenti alimentari non sani e sulle strategie di coping possa giocare un ruolo protettivo per le studentesse di discipline mediche. Servono però ulteriori ricerche per capire bene il perché di questa differenza.

Analizzando più a fondo le risposte al test EAT-26, è emerso che l’affermazione più condivisa nella scala della “dieta” era “Ho il terrore di ingrassare“. Per la sottoscala “bulimia e preoccupazione per il cibo”, la frase più comune era “Dedico troppo tempo e troppi pensieri al cibo“. Infine, per il “controllo orale”, spiccava “Mostro un forte autocontrollo riguardo al cibo“. Questi pattern suggeriscono una tendenza maggiore verso pensieri e comportamenti tipici dell’anoressia nervosa, come l’ossessione per il cibo e un rigido autocontrollo, piuttosto che verso la bulimia.

Un Confronto Oltre i Confini: Come Si Colloca l’Etiopia?

L’11.5% rilevato in questo studio è in linea con un’altra ricerca etiope condotta a Gondar (9.7%), ma inferiore a studi condotti, per esempio, in Arabia Saudita (36.8%) o all’An-Najah National University in Palestina (28.6%). D’altro canto, è superiore a quanto riscontrato in Cina (4%) o in Mongolia (5.4%). Queste differenze, secondo gli autori, potrebbero essere legate a una maggiore consapevolezza e accesso ai servizi di supporto psicologico nei paesi a più alto reddito, che aiutano a creare ambienti preventivi.

La forte preoccupazione per il peso e la forma fisica, emersa chiaramente dalle risposte (“Ho il terrore di ingrassare”), è un tema ricorrente in molti studi. Sembra che le studentesse siano molto attente alla loro immagine corporea, probabilmente influenzate dalla pressione dei pari, dalle dinamiche familiari e dalle aspettative sociali su un corpo “ideale”.

Immagine macro di un piatto di cibo sano ed equilibrato, come insalata mista con verdure colorate e legumi, illuminazione controllata per esaltare i dettagli e la freschezza degli ingredienti. Obiettivo macro da 100mm, messa a fuoco precisa.

Non Solo Numeri: Le Implicazioni e Cosa Possiamo Fare

Ve lo dico con il cuore in mano: questi risultati non sono solo numeri. Dietro ogni percentuale ci sono storie, preoccupazioni, e un potenziale rischio per la salute. Gli atteggiamenti alimentari disordinati, anche se non sfociano sempre in un disturbo conclamato, aumentano significativamente questa probabilità. E le conseguenze dei disturbi alimentari possono essere gravissime, includendo problemi cardiovascolari e insufficienza renale.

Cosa fare, quindi? Lo studio suggerisce la necessità di politiche che promuovano l’autostima e un’immagine corporea positiva. Ma non solo. È fondamentale che i servizi sanitari universitari implementino screening di routine, utilizzando test come l’EAT-26, abbinati a servizi di consulenza psicologica per supportare le studentesse a rischio. Creare consapevolezza, offrire supporto, costruire un ambiente universitario che non giudichi ma che accolga e aiuti: questa è la strada.

Limiti e Prospettive Future

Come ogni ricerca, anche questa ha i suoi limiti. Essendo uno studio trasversale, non può stabilire un rapporto di causa-effetto. Inoltre, non ha esplorato l’associazione con l’uso dei social media o con variabili di salute mentale come stress e ansia, che sono fortemente legate a questi atteggiamenti. Sarà importante che studi futuri approfondiscano questi aspetti.

In conclusione, questo studio dell’Arba Minch University è un importante tassello che ci ricorda come gli atteggiamenti alimentari disordinati siano una realtà presente e significativa anche tra le studentesse etiopi. È un campanello d’allarme che ci invita a non abbassare la guardia e a implementare programmi mirati di sensibilizzazione e intervento per proteggere la salute e il futuro di queste giovani donne. Perché investire sul loro benessere significa investire sul futuro di un’intera società.

Fonte: Springer

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