Assistenti di Volo: il DNA Sotto Stress ad Alta Quota? Uno Studio Rivela Verità Inquietanti
Amici, chi di noi non ha mai preso un aereo? Che sia per vacanza o per lavoro, volare è diventato parte della nostra normalità. Ma vi siete mai chiesti cosa significhi lavorarci lassù, tra le nuvole, giorno dopo giorno, anno dopo anno? Io sì, e quello che ho scoperto leggendo un recente studio scientifico mi ha lasciato un po’ con il fiato sospeso, e credo lascerà anche voi.
Parliamo degli assistenti di volo, quelle figure professionali sempre sorridenti e disponibili che si prendono cura di noi durante i viaggi aerei. Ebbene, sembra che il loro lavoro, così affascinante all’apparenza, nasconda delle insidie non da poco per la loro salute, in particolare a livello del nostro codice genetico: il DNA.
Un Rischio Nascosto tra le Nuvole
Da tempo si sa che gli assistenti di volo (FA, dall’inglese Flight Attendants) hanno un rischio più elevato di sviluppare alcuni tipi di cancro, come quello al seno e alla pelle, e linfomi non-Hodgkin, oltre a problemi legati alla salute riproduttiva. Ma il perché è sempre rimasto un mistero, un “cold case” della medicina del lavoro. Le ipotesi non mancano: esposizione a radiazioni cosmiche (sì, quelle che ci sono lassù in alto sono più intense!), tossine presenti nell’aria della cabina, stress fisico e psicologico dovuto ai ritmi serrati, ai fusi orari sballati e, diciamocelo, anche alle interazioni non sempre facili con i passeggeri.
Tutti questi fattori, singolarmente o combinati, potrebbero essere dei veri e propri “vandali” per il nostro DNA, inducendo danni e interferendo con i suoi meccanismi naturali di riparazione. E quando il DNA non si ripara come dovrebbe, beh, le cose possono mettersi male, portando a instabilità genomica, che è un po’ come avere le fondamenta di una casa che tremano: un terreno fertile per il cancro e altre malattie.
Lo Studio Pilota: Indagare nel Sangue degli Eroi dell’Aria
Per capirci qualcosa di più, un gruppo di ricercatori ha condotto uno studio pilota, piccolo ma significativo, su nove assistenti di volo. L’idea era semplice ma geniale: prelevare campioni di sangue prima di un volo e subito dopo l’atterraggio, per vedere se e come il viaggio aereo influenzasse il loro DNA e la sua capacità di “autocura”.
Cosa hanno analizzato? Diverse cose:
- Hanno contato le cellule del sangue, per vedere se ci fossero risposte immunitarie o infiammatorie.
- Hanno usato una tecnica chiamata CometChip assay per misurare il danno al DNA basale (quello che c’è normalmente) e la velocità con cui le cellule riparavano nuovi danni indotti apposta in laboratorio con raggi X. Immaginate una cometa: più la “coda” di DNA è lunga, più è danneggiato.
- Hanno impiegato dei test super sofisticati, chiamati FM-HCR (Fluorescence multiplex based host cell reactivation), per valutare l’efficienza di ben cinque diverse “squadre di riparazione” del DNA, ognuna specializzata in un tipo diverso di danno.
I ricercatori hanno anche raccolto informazioni sullo stile di vita dei partecipanti (età, sesso, abitudini come fumo e alcol, sonno, esercizio fisico), perché si sa che anche questi fattori possono influenzare il nostro DNA. Anche se lo studio era troppo piccolo per fare aggiustamenti statistici complessi, il fatto di confrontare ogni persona con se stessa (prima e dopo il volo) ha permesso di vedere gli effetti a breve termine del viaggio aereo in modo abbastanza diretto.
I Risultati: Campanelli d’Allarme nel DNA
E qui arrivano le notizie che fanno riflettere. Dopo il volo, i ricercatori hanno osservato cambiamenti interessanti:
- Un aumento significativo dei linfociti, un tipo di globuli bianchi. Questo potrebbe indicare una risposta infiammatoria o immunitaria agli stress del volo. Anche i basofili, un altro tipo di globuli bianchi, hanno mostrato una tendenza all’aumento.
- Una ridotta capacità di riparare i danni al DNA indotti dalle radiazioni ionizzanti. In pratica, le “squadre di riparazione” sembravano più lente o meno efficienti dopo il volo.
- Una diminuzione nell’efficienza di rimozione di una specifica lesione ossidativa del DNA, chiamata 8oxoG:C. Questo tipo di danno è spesso causato dallo stress ossidativo, che può aumentare in condizioni di volo a causa di radiazioni e altri fattori.
Pensateci un attimo: il volo sembra, da un lato, aumentare lo stress sul corpo (come suggerito dall’aumento dei linfociti, che potrebbe portare a più danni ossidativi al DNA) e, dall’altro, indebolire i meccanismi che dovrebbero proteggerci da questi danni. Un doppio smacco!

È interessante notare che il livello di danno al DNA “basale” (quello presente prima di indurre ulteriori danni in laboratorio) non era significativamente diverso tra prima e dopo il volo. Tuttavia, la capacità di rispondere a nuovi attacchi sembrava compromessa. In particolare, i test FM-HCR hanno confermato la difficoltà nel riparare i danni da radiazioni ionizzanti e le lesioni 8oxoG:C. Quest’ultima è particolarmente preoccupante, perché una ridotta attività dell’enzima OGG1 (che ripara questo tipo di danno) è stata collegata a un aumentato rischio di cancro in altri studi.
Perché il DNA e la Sua Riparazione Sono Così Cruciali?
Forse vi state chiedendo perché tutto questo “trambusto” per il DNA. Beh, il DNA è il libretto di istruzioni della vita, contenuto in ogni nostra cellula. Contiene tutte le informazioni per farci funzionare correttamente. Ogni giorno, il nostro DNA subisce migliaia di “attacchi”, sia da fonti interne (come i normali processi metabolici) sia esterne (radiazioni UV dal sole, fumo di sigaretta, inquinamento, e appunto, le condizioni di volo per gli FA).
Fortunatamente, abbiamo sistemi di riparazione incredibilmente efficienti, delle vere e proprie squadre di operai specializzati che corrono a sistemare i danni. Ma se questi sistemi sono sovraccarichi, o se la loro efficienza diminuisce – come sembra accadere agli assistenti di volo dopo un viaggio aereo – i danni possono accumularsi. E un DNA danneggiato può portare a mutazioni, che sono alla base dello sviluppo del cancro e di altre malattie croniche.
Il fatto che lo studio abbia rilevato una riduzione tra il 20% e il 50% nella capacità di riparazione del DNA dopo il volo è un dato che non può essere ignorato. Differenze di questa portata, in altri contesti, sono state associate a un aumento del rischio di cancro da 2 a 7 volte!
Cosa Significa Tutto Questo per gli Assistenti di Volo (e Forse Anche per i Viaggiatori Frequenti)?
Questi risultati, seppur preliminari (ricordiamoci che è uno studio pilota su nove persone), sono un po’ come una sirena d’allarme. Suggeriscono che il lavoro di assistente di volo potrebbe esporre a un cocktail di fattori che, messi insieme, non solo danneggiano il DNA ma ne sopprimono anche la capacità di ripararsi. È un po’ come guidare un’auto con i freni che funzionano meno bene proprio quando la strada diventa più pericolosa.
Gli autori dello studio sottolineano come il personale di volo sia esposto a radiazioni ionizzanti cosmiche (CIR) in misura significativamente maggiore rispetto alla popolazione generale e persino ad altri lavoratori del settore radiologico. La dose media annuale per un assistente di volo è stimata intorno ai 3.07 mSv, circa cinque volte quella dei lavoratori del Dipartimento dell’Energia USA che si occupano di radiazioni. E questa esposizione varia molto a seconda delle rotte (quelle polari sono peggio), dell’altitudine, della durata del volo e persino dell’attività solare.

Certo, ci sono molte variabili in gioco: l’età, gli anni di servizio, lo stile di vita individuale, il tipo di aereo, le rotte specifiche. E lo studio ha anche notato alcune correlazioni interessanti, per esempio, tra i livelli di eosinofili (un altro tipo di globuli bianchi) e la durata del volo o gli anni di impiego, o tra la capacità di riparare un certo tipo di danno (Hx:T) e l’indice di massa corporea (BMI) dopo il volo. Queste sono piste da esplorare in futuro.
Limiti dello Studio e Prospettive Future: C’è Ancora Molto da Scoprire
È fondamentale sottolineare che questo è uno studio apripista. I ricercatori stessi evidenziano i limiti, primo tra tutti il piccolo numero di partecipanti. Non si possono trarre conclusioni definitive, ma si gettano le basi per ricerche future, più ampie e dettagliate. Sarà cruciale:
- Coinvolgere un numero maggiore di assistenti di volo.
- Raccogliere dati più precisi sull’esposizione individuale alle radiazioni (dosimetria personalizzata).
- Considerare più variabili: orari di lavoro, tipo di aeromobile, rotte specifiche, stagionalità, stile di vita, stato di salute generale.
- Capire quanto tempo impiega il corpo a “resettarsi” dopo un volo, ovvero il “washout period” per questi effetti sul DNA.
- Approfondire con analisi multi-omiche (genotipizzazione, espressione genica) e altri marcatori di instabilità genomica e disregolazione immunitaria.
Un aspetto tecnico molto interessante è che i test FM-HCR sono stati usati su linfociti “a riposo”, non stimolati, il che è un passo avanti perché riduce il tempo in coltura e potenziali artefatti. Questi test forniscono un quadro completo della capacità di riparazione del DNA su più fronti, e questo è importante perché i modelli di rischio di cancro che combinano più test funzionali sono più potenti di quelli basati su un singolo pathway di riparazione o sui soli punteggi di rischio poligenico.
Un Messaggio Importante per la Salute di chi Lavora tra le Nuvole
Insomma, questo studio, pur con i suoi limiti, accende un faro su una questione importante. Non si tratta di demonizzare il volo, ma di prendere coscienza dei potenziali rischi per una categoria di lavoratori che svolge un ruolo essenziale. Comprendere i meccanismi biologici alla base dell’aumentato rischio di malattie negli assistenti di volo è il primo passo per sviluppare strategie di protezione più efficaci.
Potrebbe trattarsi di ottimizzare gli orari di lavoro, di studiare schermature più efficaci, o persino di identificare contromisure a livello biologico. E chissà, forse queste scoperte potrebbero avere implicazioni anche per i viaggiatori ultra-frequenti o per gli astronauti, che affrontano sfide simili in termini di esposizione alle radiazioni.
Personalmente, la prossima volta che salirò su un aereo, guarderò gli assistenti di volo con un pizzico di ammirazione in più, pensando a quanto il loro lavoro, oltre alla professionalità che vediamo, possa mettere alla prova il loro organismo a un livello così profondo. Speriamo che la ricerca continui a fare luce su questi aspetti, per tutelare al meglio la loro salute.
Fonte: Springer Nature
