DNA Latino: Come l’eredità Amerindiana riscrive la storia di Crohn e Colite Ulcerosa
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di veramente affascinante che sta emergendo nel campo della ricerca medica, qualcosa che tocca le nostre radici più profonde e la nostra salute: le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI), o IBD in inglese, che comprendono il Morbo di Crohn e la Colite Ulcerosa.
Sapete, queste malattie sono un bel rompicapo. Sappiamo che sono il risultato di un mix complesso tra predisposizione genetica, fattori ambientali, il nostro microbiota intestinale (i batteri “buoni” e “cattivi” che vivono nel nostro intestino) e una risposta immunitaria che va un po’ fuori controllo. Il problema è che non c’è una causa unica e la malattia si manifesta in modi diversissimi da persona a persona, rendendola imprevedibile.
La Genetica delle MICI: Uno Sguardo Oltre l’Europa
Negli anni sono state scoperte oltre 240 varianti genetiche legate alle MICI. Questo ci ha aiutato a capire chi è più a rischio e chi potrebbe avere un decorso più aggressivo della malattia. Però, c’è un “ma” grande come una casa: la maggior parte di questi studi genetici si è concentrata su persone di origine europea. E il mondo, come ben sappiamo, è molto più variegato!
Recentemente, la ricerca ha iniziato ad allargare gli orizzonti, includendo popolazioni diverse. E indovinate un po’? Si è scoperto che usare dati provenienti da gruppi con ascendenze diverse migliora la capacità di prevedere il rischio di MICI e aiuta a identificare varianti genetiche specifiche di certe popolazioni. Questo è fondamentale per sviluppare terapie mirate, una vera e propria medicina personalizzata.
Ed è qui che entriamo in gioco noi, o meglio, le popolazioni sudamericane, come quella cilena, che sono state finora poco rappresentate negli studi genetici su larga scala (i cosiddetti GWAS). Ecco perché uno studio recente si è posto un obiettivo super interessante: esplorare, in un campione di pazienti cileni, la relazione tra la proporzione di ascendenza amerindiana (cioè l’eredità genetica dei nativi americani) e le diverse manifestazioni cliniche delle MICI. In più, hanno voluto vedere se i fattori di rischio genetici già noti influenzassero l’andamento della malattia in questa popolazione specifica.
Lo Studio Cileno: Un Mix Genetico Unico
I ricercatori hanno coinvolto 291 pazienti con MICI (la maggioranza, 74%, con Colite Ulcerosa e il 26% con Morbo di Crohn) e 51 persone sane come gruppo di controllo, tutti provenienti da un ospedale di riferimento a Santiago del Cile e appartenenti a classi socioeconomiche simili. Hanno raccolto un sacco di dati clinici: età, sesso, abitudini (fumo, alcol), storia familiare, manifestazioni extra-intestinali, tipo e gravità della malattia secondo classificazioni standard (come quella di Montreal), storia di infezioni, terapie in corso (cortisone, immunosoppressori, farmaci biologici come gli anti-TNF), stato di remissione clinica ed endoscopica, e molto altro.
Poi, hanno fatto l’analisi del DNA. Hanno scoperto che, in media, questo gruppo di cileni aveva circa il 58% di ascendenza europea, il 39% di ascendenza amerindiana e un piccolo 3% di ascendenza africana. Un mix affascinante che riflette la storia del continente!

La prima scoperta forse un po’ sorprendente è stata che, confrontando i pazienti con MICI e i controlli sani, non c’erano differenze significative nel rischio generale di sviluppare la malattia in base alla proporzione di ascendenza amerindiana. Sembra quindi che l’eredità amerindiana, di per sé, non aumenti o diminuisca la probabilità *generale* di ammalarsi di MICI in questa popolazione. Ma aspettate, perché la storia si complica quando si guarda alle due malattie separatamente e a come si manifestano…
Colite Ulcerosa: L’Ascendenza Amerindiana Gioca un Ruolo Inaspettato
Qui le cose si fanno davvero interessanti. Nei pazienti con Colite Ulcerosa (UC), i ricercatori hanno notato delle associazioni significative:
- Una maggiore proporzione di ascendenza amerindiana (HAAP – High Amerindian Ancestry Proportion, definita come >= 43%) era collegata a una probabilità significativamente più alta di aver bisogno di un intervento chirurgico resettivo (rimozione di parte del colon) (OR = 4.27, quasi 4 volte e mezzo il rischio!).
- Questa HAAP era anche associata a una maggiore probabilità di necessitare la creazione di una “pouch” ileale (una sorta di serbatoio interno creato chirurgicamente dopo la rimozione del colon) (OR = 7.47, oltre 7 volte il rischio!).
- Inoltre, i pazienti UC con HAAP avevano una probabilità più alta di avere una riattivazione della malattia durante un’infezione da COVID-19 (OR = 5.16, più di 5 volte il rischio!).
- Al contrario, chi riusciva a mantenere una remissione clinica ed endoscopica prolungata (negli ultimi 5 anni) tendeva ad avere una proporzione minore di ascendenza amerindiana.
- Infine, la mediana dell’ascendenza amerindiana era più alta nei pazienti diagnosticati prima dei 40 anni.
Quindi, per la Colite Ulcerosa, sembra che una maggiore eredità genetica amerindiana possa essere associata a un decorso della malattia più severo e a una minore probabilità di remissione a lungo termine. Incredibile, vero?
Morbo di Crohn: Un Quadro Diverso, Quasi Opposto?
Passiamo ora al Morbo di Crohn (CD). Qui, lo scenario cambia!
- I pazienti con malattia perianale (fistole, ascessi vicino all’ano, una complicanza spesso difficile da trattare) avevano una mediana di ascendenza amerindiana più bassa rispetto a chi non aveva questa manifestazione (33.5% vs 39.5%).
- E ancora più sorprendente: i pazienti con Crohn che avevano una HAAP (alta proporzione di ascendenza amerindiana) avevano un rischio significativamente inferiore di aver bisogno di un intervento chirurgico (OR = 0.17, cioè circa l’83% in meno di rischio!).
Mettiamola così: nel Morbo di Crohn, una maggiore ascendenza amerindiana sembra quasi avere un effetto “protettivo” rispetto alla necessità di chirurgia e potrebbe essere associata a una minore frequenza di malattia perianale. È l’esatto contrario di quanto visto per la Colite Ulcerosa!

Cosa Ci Dice Tutto Questo? Il Puzzle dell’Ascendenza e delle MICI
Quando i ricercatori hanno analizzato i dati di tutti i pazienti IBD (UC e CD insieme), tenendo conto che il gruppo UC era molto più numeroso, sono emerse tendenze simili a quelle della UC:
- Diagnosi prima dei 40 anni associata a maggiore ascendenza amerindiana.
- Un decorso più “severo” (definito come storia di chirurgia, fallimento degli anti-TNF, pouch o frequenti riacutizzazioni) associato a maggiore ascendenza amerindiana.
- Remissione prolungata (clinica ed endoscopica negli ultimi 5 anni) associata a minore ascendenza amerindiana.
- Curiosamente, chi era in terapia con farmaci biologici tendeva ad avere una proporzione minore di ascendenza amerindiana.
Questi risultati sottolineano come l’ascendenza amerindiana sembri influenzare il fenotipo (cioè come la malattia si manifesta e progredisce) delle MICI, ma in modi potenzialmente diversi tra Colite Ulcerosa e Morbo di Crohn.
Geni Specifici e Predizioni Future: C’è Altro Sotto la Superficie
Lo studio non si è fermato qui. Hanno anche analizzato 171 varianti genetiche (SNP) già note per essere associate al rischio di MICI in altre popolazioni. Hanno trovato che alcune di queste varianti erano associate alla HAAP nei pazienti cileni, e l’analisi dei geni coinvolti ha puntato verso un possibile ruolo della risposta all’Interleuchina-6 (IL-6), una molecola chiave nell’infiammazione. Altre varianti, invece, erano associate alla remissione prolungata, e i geni corrispondenti erano legati al metabolismo di aminoacidi come la cisteina e l’omocisteina, suggerendo un possibile legame con il microbiota intestinale e il metabolismo.
Infine, hanno provato a usare tecniche di machine learning (come Alberi Decisionali e Random Forest) per costruire modelli capaci di predire chi avrebbe avuto una remissione prolungata. E qui la sorpresa: i fattori più importanti per predire una remissione a lungo termine non erano né l’ascendenza né le singole varianti genetiche analizzate, ma piuttosto le caratteristiche cliniche! In particolare, avere avuto una storia di malattia “severa” (chirurgia, fallimento terapeutico, ecc.) era il fattore predittivo più forte (negativo, ovviamente) per la remissione prolungata. Questo suggerisce che, almeno in questa coorte e con i dati disponibili, la storia clinica del paziente è ancora il miglior indicatore del suo futuro andamento.

Verso una Medicina Personalizzata: L’Importanza della Diversità
Allora, cosa portiamo a casa da questo studio? Prima di tutto, conferma che le MICI stanno diventando sempre più comuni anche in America Latina e tra le popolazioni latine. Secondo, dimostra chiaramente che l’ascendenza amerindiana ha un impatto significativo sul modo in cui la Colite Ulcerosa e il Morbo di Crohn si manifestano e progrediscono, e questo impatto sembra essere diverso per le due malattie. Una maggiore ascendenza amerindiana potrebbe significare un percorso più difficile per chi ha la Colite Ulcerosa, ma forse meno complicato (almeno per certi aspetti come la chirurgia) per chi ha il Morbo di Crohn.
Certo, lo studio ha dei limiti, come la dimensione relativamente piccola del campione (soprattutto per il Crohn) e il fatto che si concentra solo sulla popolazione cilena. Ma apre una porta importantissima: quella della necessità di studiare a fondo la genetica e le caratteristiche cliniche delle MICI in popolazioni diverse, tenendo conto del loro background ancestrale unico.
Capire come l’eredità genetica interagisce con l’ambiente e lo stile di vita in contesti diversi è fondamentale per svelare i meccanismi alla base di queste malattie complesse e, speriamo, per sviluppare in futuro strategie di prevenzione e trattamento sempre più personalizzate. La strada è ancora lunga, e serviranno studi più ampi, magari con sequenziamento dell’intero genoma, per dipanare questa intricata matassa. Ma una cosa è certa: le nostre radici contano, anche quando si parla di salute intestinale!
Fonte: Springer
