Protesi di Gomito in Irlanda: Pochi Interventi, Grandi Sfide. Cosa Ci Dicono i Dati?
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento forse un po’ di nicchia, ma super interessante e importante per chi si occupa di salute e chirurgia: l’artroplastica del gomito. In parole povere, parliamo della sostituzione dell’articolazione del gomito con una protesi. L’obiettivo? Ridare funzionalità e togliere quel dolore fastidioso che può rendere la vita difficile.
Recentemente, mi sono imbattuto in uno studio che getta luce sulla situazione specifica dell’Irlanda, e devo dire che i risultati fanno riflettere. Ma andiamo con ordine.
Cos’è l’Artroplastica del Gomito e Perché se ne Parla?
L’artroplastica del gomito non è un intervento comune come quello dell’anca o del ginocchio. È una procedura più complessa, su un’articolazione più piccola e, diciamocelo, con tassi di complicanze storicamente un po’ più alti, che possono variare dall’11% al 38% (pensiamo a infezioni, usura, problemi al nervo ulnare, allentamento della protesi).
Esistono principalmente due tipi di intervento:
- Artroplastica Totale di Gomito (ATG o TEA in inglese): Si sostituisce tutta l’articolazione. Tradizionalmente, era la soluzione per pazienti con artrite reumatoide (AR) avanzata e con basse richieste funzionali. Oggi, grazie ai progressi nelle terapie mediche per l’AR, le indicazioni si sono allargate e includono l’osteoartrite, traumi complessi dell’omero distale che non si possono riparare, mancate consolidazioni ossee, ricostruzioni dopo asportazione di tumori e danni articolari dovuti a malattie come l’emofilia. Le protesi possono essere “vincolate” (linked) o “non vincolate” (unlinked), a seconda della stabilità richiesta. Sembra che quelle vincolate durino un po’ di più.
- Emiartroplastica dell’Omero Distale (EOD o DHH in inglese): Si sostituisce solo la parte finale dell’omero. È un’alternativa valida all’ATG o alla riduzione e fissazione interna (ORIF) in certi casi, specialmente per fratture dell’omero distale non riparabili. Viene usata anche per AR, mancate consolidazioni, osteomieliti o quando c’è molta perdita ossea. Curiosamente, sembra dare risultati migliori quando usata per motivi non traumatici rispetto ai traumi, anche se le complicanze post-traumatiche sembrano minori.
Volume Chirurgico: Perché Tanti Interventi Fanno la Differenza?
Qui arriva il punto cruciale emerso dalla ricerca internazionale. Diversi studi hanno mostrato una correlazione chiara: più interventi di artroplastica del gomito vengono eseguiti da un chirurgo o in un centro specifico, minori sono le complicanze, i tassi di revisione (cioè dover rioperare) e persino i costi per il sistema sanitario. Sembra logico, no? L’esperienza conta, soprattutto in procedure così delicate. Addirittura, uno studio ha indicato che gli ospedali che eseguono più di 22 artroplastiche totali di gomito all’anno hanno meno problemi nei 90 giorni post-intervento e costi inferiori.
Questo concetto ha portato società scientifiche, come la British Elbow and Shoulder Society (BESS) nel Regno Unito, a raccomandare una sorta de “consolidamento” dei centri che eseguono questi interventi, per concentrare l’esperienza e migliorare i risultati.

La Situazione in Irlanda: Un’istantanea Preoccupante?
E in Irlanda? Beh, qui le cose si fanno interessanti. A differenza di altri paesi, l’Irlanda non ha un registro nazionale per le artroplastiche dell’arto superiore, quindi ottenere dati precisi è più complicato. Per ovviare a questo, è stato condotto uno studio retrospettivo tramite sondaggi distribuiti ai chirurghi dell’arto superiore che eseguono questi interventi. Hanno coperto un periodo di due anni, da ottobre 2022 a ottobre 2024.
Cosa è emerso? Preparatevi:
- Hanno partecipato 19 chirurghi.
- In due anni, sono state eseguite in totale solo 97 artroplastiche del gomito.
- Questo si traduce in una mediana di 4 procedure per chirurgo in due anni (circa 2 all’anno!). Un numero decisamente basso se pensiamo alle soglie di “alto volume” identificate dalla ricerca.
- Del totale, il 32% erano emiartroplastiche (EOD/DHH) e il 68% artroplastiche totali (ATG/TEA).
- Il 60% degli interventi erano elettivi (programmati), mentre il 40% erano legati a traumi.
- Sono state eseguite anche 15 revisioni, distribuite tra 9 chirurghi.
Questi numeri, se confrontati con le migliaia di protesi d’anca e ginocchio registrate nello stesso periodo (anche se su un arco temporale diverso secondo l’Irish National Orthopaedic Register), evidenziano quanto sia rara questa procedura in Irlanda. Parliamo di circa 48-49 interventi all’anno in tutto il paese, sparsi su 18 centri, con una media di meno di 3 interventi per centro all’anno.
L’Opinione dei Chirurghi Irlandesi
Nonostante i bassi volumi, lo studio ha rivelato che tutti i 19 chirurghi intervistati desiderano continuare a eseguire queste procedure. È interessante notare come le loro preferenze operative si dividano: il 74% preferisce operare da solo, mentre il 26% vorrebbe la collaborazione di un altro collega.
Ma la vera divisione emerge quando si chiede quanti chirurghi specializzati in artroplastica del gomito dovrebbero esserci in Irlanda per garantire un servizio adeguato. Le opinioni sono state molto varie:
- 4 chirurghi pensano ne bastino 5 o meno.
- 4 suggeriscono da 5 a 10.
- 4 credono siano appropriati da 10 a 15.
- 4 raccomandano tra 15 e 20.
- 3 non si sono espressi.
Questa incertezza riflette la necessità di fare chiarezza su come organizzare al meglio questo servizio altamente specialistico.

Cosa Fare Ora? Verso una Politica Nazionale
I dati parlano chiaro: il volume di artroplastiche del gomito in Irlanda è basso, sia a livello di singolo chirurgo che di centro. Alla luce delle evidenze internazionali che collegano volumi più alti a migliori risultati per i pazienti, la conclusione dello studio è netta: c’è bisogno di una politica nazionale.
Questa politica dovrebbe mirare a migliorare la qualità chirurgica e gli esiti per i pazienti. Come? Probabilmente seguendo l’esempio britannico, magari consolidando le procedure in un numero minore di centri regionali specializzati, dove i chirurghi possano mantenere un volume di interventi più elevato e sviluppare maggiore esperienza.
Certo, definire, approvare e implementare una politica del genere richiederà ulteriore lavoro e discussione tra gli specialisti irlandesi. Lo studio stesso riconosce un potenziale “recall bias” (cioè la possibilità che i chirurghi non ricordassero perfettamente i numeri) e prevede uno studio prospettico per raccogliere dati più solidi dal 2025.
Un confronto interessante: rapportando i dati irlandesi (circa 33 ATG/TEA all’anno) alla popolazione, si ottiene circa 1 intervento ogni 155.731 persone. Nel Regno Unito, nel 2016, il rapporto era simile (1 ogni 163.710 persone). Questo suggerisce che il problema dei bassi volumi potrebbe essere intrinseco alla rarità della procedura, ma non diminuisce l’importanza di ottimizzare l’organizzazione per garantire la migliore cura possibile.
Insomma, l’artroplastica del gomito in Irlanda si trova a un bivio. I dati raccolti sono un campanello d’allarme e uno stimolo fondamentale per avviare un percorso di cambiamento, con l’obiettivo finale di offrire ai pazienti irlandesi che necessitano di questo intervento specialistico i migliori standard di cura possibili. Staremo a vedere come si evolverà la situazione!
Fonte: Springer
