Un diagramma astratto che visualizza la suddivisione di un grande insieme di dati incerti (scenari) in cluster più piccoli e gestibili, con percorsi decisionali che si diramano. Lens type: Prime, 50mm. Additional details: High detail, controlled lighting, focus on the partitioning aspect, colori sobri ma con accenti per evidenziare i cluster.

Decifrare l’Incertezza: Un Nuovo Approccio per Decisioni a Prova di Rischio con la Programmazione Stocastica

Ciao a tutti! Scommetto che anche voi, come me, vi siete trovati mille volte a dover prendere decisioni importanti con un bel po’ di incognite sul tavolo. Pensateci: gestire sistemi energetici, pianificare la logistica sanitaria, progettare reti complesse… tutte attività dove il futuro è, per usare un eufemismo, un tantino nebbioso. Ecco, nel mio campo, quello della ricerca operativa e dell’ottimizzazione, cerchiamo proprio di dare un senso a questa nebbia, trasformando l’incertezza da nemico a… beh, diciamo un conoscente un po’ turbolento ma gestibile.

Il Problema Classico: Tanti Scenari, Tanta Fatica (e Qualche Rischio)

Tradizionalmente, quando si parla di prendere decisioni in due fasi (prima decido qualcosa “qui e ora”, poi aspetto di vedere come vanno le cose e aggiusto il tiro “aspetta e vedi”), si usano i cosiddetti programmi stocastici a due stadi. L’idea è di considerare un numero finito di possibili scenari futuri, ognuno con una sua probabilità. Sembra un buon piano, no? Peccato che, per rappresentare bene la realtà, servano spesso una marea di scenari. E più scenari hai, più il modello diventa gigantesco e difficile da risolvere. Senza contare il rischio, sempre dietro l’angolo, di non aver stimato proprio benissimo la distribuzione di probabilità di questi eventi incerti. Un bel grattacapo, ve lo assicuro.

Negli ultimi anni, per mitigare questi problemi, si è iniziato a pensare a modelli alternativi che incorporano misure di rischio. Uno degli approcci più noti è quello che utilizza il Conditional Value-at-Risk (CVaR). In pratica, invece di guardare solo al valore atteso, ci si concentra sulla media dei risultati peggiori, cercando di limitare le perdite nelle situazioni più sfortunate. Già un passo avanti, ma sentivamo che si poteva fare di più, soprattutto per rendere i modelli più flessibili e computazionalmente agili.

La Nostra Proposta: Partizionare per Dominare (il Rischio!)

Ed è qui che entriamo in gioco noi, con un’idea che, lasciatemelo dire, trovo piuttosto brillante: il programma stocastico a due stadi avverso al rischio basato su partizioni (PSP, per gli amici). Cosa significa? Immaginate di avere il vostro solito, enorme insieme di scenari. Invece di trattarli tutti singolarmente nel calcolo del rischio del secondo stadio, li dividiamo in gruppi, o partizioni. Per ogni gruppo, calcoliamo un livello di rischio (usando il CVaR, per esempio) e poi il costo del secondo stadio del nostro modello diventa la media ponderata dei livelli di rischio di tutti questi gruppi.

La bellezza di questo approccio, che abbiamo chiamato PSP(Un diagramma che mostra un grande insieme di punti (scenari) diviso in diversi cluster colorati (partizioni), con frecce che indicano il flusso decisionale. Lens type: Prime, 35mm. Additional details: Depth of field, colori vivaci per i cluster su sfondo neutro.K, α) – dove K è la partizione degli scenari e α è un parametro che definisce quanto siamo avversi al rischio – sta nella sua flessibilità. Possiamo controllare il livello di avversione al rischio non solo scegliendo α, ma anche decidendo come creare queste partizioni. Più gruppi facciamo, o più “fini” sono le partizioni, più il livello di rischio del modello tende a diminuire, a parità di α. Questo ci dà un potere incredibile: potremmo, ad esempio, usare un α più alto (quindi essere più cauti) ma con una partizione più dettagliata, ottenendo un livello di rischio simile a un modello con un α più basso ma una partizione più grossolana, magari migliorando l’efficienza computazionale!

Pensateci, il nostro PSP è una sorta di coltellino svizzero:

  • Se usiamo una sola partizione che include tutti gli scenari (K = {S}), il nostro PSP(, α) diventa esattamente il modello standard avverso al rischio SP(α).
  • Se, in aggiunta, mettiamo α = 0, otteniamo il classico programma stocastico neutrale al rischio.
  • Se invece spingiamo α vicino a 1 (ad esempio, α = 1-ε, con ε molto piccolo), il CVaR per ogni gruppo si avvicina al massimo costo possibile in quel gruppo. Questo fa sì che il nostro modello assomigli a certi modelli di ottimizzazione robusta già studiati in letteratura.

C’è di più: abbiamo dimostrato che il nostro PSP è equivalente a un modello di ottimizzazione robusta distribuzionalmente (DRO) con un particolare insieme di ambiguità. Non voglio tediarvi con i dettagli matematici, ma questo collegamento è importante perché ci dà ulteriori fondamenta teoriche e interpretative.

Come Risolviamo Questo Intrigante PSP? Con la “Generazione di Colonne e Vincoli”

Ok, il modello è affascinante, ma come lo risolviamo esattamente, specialmente quando abbiamo a che fare con tanti scenari? Abbiamo proposto un algoritmo chiamato generazione di colonne e vincoli. L’idea di base, originariamente pensata per modelli di ottimizzazione robusta, è quella di non considerare tutti gli scenari e tutti i vincoli fin dall’inizio (sarebbe troppo pesante!). Si parte con un problema “ristretto”, con solo un sottoinsieme di scenari. Si risolve questo problema più piccolo, si ottiene una soluzione, e poi si va a caccia degli scenari “problematici” che la soluzione attuale non gestisce bene. Questi nuovi scenari (e i relativi vincoli e variabili) vengono aggiunti al problema ristretto, che viene risolto di nuovo. Si continua così, iterativamente, finché la soluzione non smette di migliorare significativamente e i limiti inferiore e superiore del valore ottimo convergono.

Una caratteristica interessante del nostro algoritmo è un parametro, che abbiamo chiamato Γ (Gamma), che controlla quanti scenari aggiungere ad ogni iterazione. Se Γ ≥ 1, garantiamo di trovare la soluzione ottima. Se Γ = 1, aggiungiamo il minimo indispensabile di scenari per assicurare l’ottimalità. Se Γ > 1, ne aggiungiamo di più, sperando di convergere in meno iterazioni (ma ogni iterazione costa di più). E se Γ < 1? Beh, non garantiamo l'ottimalità, ma l'algoritmo può diventare una velocissima euristica per trovare soluzioni di buona qualità in poco tempo. È una specie di manopola per bilanciare velocità e precisione!

Abbiamo anche confrontato la nostra implementazione “primale” di questo algoritmo con una versione “duale” (un’estensione di un metodo esistente). I risultati teorici e sperimentali suggeriscono che la nostra versione primale può fornire limiti inferiori migliori, portando potenzialmente a una convergenza più rapida.

Visualizzazione di un processo iterativo di ottimizzazione, come un grafico che converge verso un punto ottimale, o ingranaggi che lavorano insieme. Lens type: Macro, 90mm. Additional details: High detail, precise focusing, controlled lighting per enfatizzare il meccanismo.

Non Solo Risolvere, Ma Anche “Modellare” il Rischio: L’Arte della Partizione

Avere un algoritmo efficiente è fantastico, ma c’è un’altra domanda cruciale: come costruiamo queste benedette partizioni di scenari in modo intelligente? Ricordate, la partizione K e il parametro α influenzano il livello di rischio del nostro modello PSP(K, α). Vogliamo che questo livello di rischio sia vicino a un “rischio target” che noi, come decisori, abbiamo in mente (magari il livello di rischio di un modello SP(β) di riferimento).

Abbiamo quindi definito un problema di partizionamento: trovare la partizione K (da un insieme di partizioni possibili, definite ad esempio da un numero fisso di gruppi e un numero massimo di scenari per gruppo) che minimizzi la massima deviazione tra il costo del secondo stadio del nostro modello e il rischio target, considerando diverse possibili decisioni del primo stadio. Un bel rompicapo! Per risolverlo, dato che trovare la partizione “ideale” è difficile, abbiamo sviluppato un’euristica efficiente basata sulla ricerca locale. Immaginate di partire da una partizione iniziale e poi, iterativamente, provare a spostare scenari da un gruppo all’altro, o scambiare scenari tra gruppi, cercando sempre di migliorare la partizione rispetto al nostro obiettivo di deviazione dal rischio target. Un po’ come gli algoritmi di clustering tipo k-medoids, se avete familiarità.

Ma quando e come usiamo questo algoritmo di partizionamento? Abbiamo proposto due schemi principali:

  1. Schema di Partizionamento “A Priori”: Prima di iniziare a risolvere il PSP, costruiamo la partizione. Usiamo delle soluzioni iniziali del primo stadio (ottenute, ad esempio, risolvendo il problema con valori attesi o per singoli scenari) per guidare l’algoritmo di partizionamento. Una volta trovata la “migliore” partizione, la usiamo per risolvere il PSP con il nostro algoritmo di generazione di colonne e vincoli.
  2. Schema di Partizionamento “Adattivo”: Questa è la vera novità! Invece di fissare la partizione all’inizio, la ricostruiamo iterativamente all’interno dell’algoritmo di generazione di colonne e vincoli. Ad ogni iterazione, otteniamo una nuova soluzione del primo stadio. Usiamo questa nuova soluzione per affinare la nostra partizione. Quando la partizione si stabilizza, continuiamo con l’algoritmo di generazione di colonne e vincoli standard. È un modo per far sì che la costruzione della partizione e la soluzione del problema si “aiutino” a vicenda.

Ma Funziona Davvero Tutta Questa Teoria? I Test sul Campo!

Naturalmente, non ci siamo fermati alla teoria. Abbiamo messo alla prova il nostro intero framework – il modello PSP, l’algoritmo di soluzione e gli schemi di partizionamento – su due classi di problemi ben note: il problema della localizzazione di impianti (facility location) e il problema del dispacciamento ottimo delle unità di produzione elettrica (unit commitment). Abbiamo usato centinaia di scenari per testare la robustezza.

I risultati? Davvero incoraggianti!

  • I nostri metodi di partizionamento, specialmente quando guidati da soluzioni iniziali sensate, hanno mostrato deviazioni significativamente basse dal rischio target, superando metodi più semplici (come partizioni casuali o basate su un singolo criterio aggregato).
  • L’algoritmo di generazione di colonne e vincoli (nella nostra implementazione primale) si è dimostrato efficiente, risolvendo i modelli più velocemente rispetto all’estensione di metodi esistenti o all’uso diretto di risolutori commerciali sul modello esteso, soprattutto con valori di α più alti (cioè, maggiore avversione al rischio).
  • Il parametro Γ si è rivelato molto utile: con Γ=1 abbiamo ottenuto ottimalità in tempi ragionevoli. Con Γ < 1, abbiamo ottenuto soluzioni quasi ottimali (gap piccolissimi!) in tempi ancora più ridotti. Una manna dal cielo per problemi molto grandi!
  • Lo schema di partizionamento adattivo ha mostrato un grande potenziale, a volte offrendo un buon compromesso tra tempi di calcolo e accuratezza nel raggiungere il rischio target, senza la necessità di scegliere a priori un insieme di soluzioni iniziali.

Per il problema di unit commitment, con 500 scenari, i nostri approcci di generazione di colonne e vincoli hanno surclassato CPLEX, e l’implementazione primale è stata più veloce di quella duale. Anche qui, il partizionamento adattivo ha dato buoni risultati, specialmente nel ridurre la deviazione dal rischio target.

Un grafico a barre che mostra un confronto di prestazioni (tempo di calcolo o accuratezza) tra diversi metodi, con una barra che rappresenta l'approccio proposto che si distingue positivamente. Lens type: Telephoto zoom, 150mm. Additional details: Fast shutter speed, focus on clarity of data representation.

Cosa Ci Riserva il Futuro?

Beh, direi che abbiamo aperto una strada interessante. Questo approccio basato su partizioni per la programmazione stocastica avversa al rischio è flessibile, potente e, grazie agli algoritmi che abbiamo sviluppato, anche trattabile computazionalmente. Ci sono molte direzioni future: estendere l’approccio ad altre misure di rischio oltre al CVaR, integrarlo con altre tecniche di soluzione per accelerare ulteriormente i calcoli, o adattare i metodi di partizionamento a problemi stocastici multi-stadio, dove le relazioni tra scenari diventano ancora più complesse.

Insomma, il viaggio per domare l’incertezza continua, ma con strumenti come il PSP, ci sentiamo un po’ più attrezzati per affrontarlo. Spero di avervi incuriosito e, chissà, magari ispirato a guardare i vostri problemi decisionali sotto una nuova luce!

Fonte: Springer

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