Primo piano macro di un'ape africanizzata messicana posata su un fiore dai colori vivaci in una foresta pluviale, con dettagli estremi sulle venature delle ali e sulla peluria del corpo. Obiettivo macro 105mm, illuminazione controllata e precisa per massima nitidezza, sfondo leggermente sfocato per enfatizzare il soggetto.

Api Africanizzate: La Sorpresa Messicana e i Segreti Nascosti nelle Loro Ali!

Ehilà, appassionati di natura e misteri del mondo animale! Oggi voglio parlarvi di una storia affascinante che ci porta dritti nel cuore del Nuovo Mondo, tra api, scienziati e scoperte che ci fanno capire quanto la natura sia sempre pronta a sorprenderci. Parliamo di api mellifere, quelle che ci regalano il delizioso miele, ma con un “twist” esotico: le famose, e a volte temute, api africanizzate.

Un Po’ di Storia: Api Viaggiatrici

Innanzitutto, un piccolo ripasso: le api mellifere (Apis mellifera) non sono originarie delle Americhe. Sono state introdotte prima dall’Europa, dai coloni, e poi, in un secondo momento, è arrivato il contingente africano. E qui la storia si fa interessante. Nel 1956, alcune regine di Apis mellifera scutellata, un’ape africana nota per la sua produttività ma anche per la sua… ehm… “vivacità” difensiva, furono introdotte in Brasile per esperimenti. Come spesso accade nei migliori film, alcune di queste api “scapparono” e iniziarono a ibridarsi con le api europee già presenti. Nacque così l’ape africanizzata.

Queste nuove arrivate si sono dimostrate incredibilmente adattabili e hanno iniziato una vera e propria colonizzazione, espandendosi a macchia d’olio dal Brasile fino a raggiungere vaste aree del Nord e Sud America, Messico incluso. Pensate che la loro avanzata è stata stimata in circa 400 km all’anno! In Messico, le prime tracce risalgono al 1986, nello stato del Chiapas, e in pochi anni avevano invaso gran parte del paese. Oggi, la situazione sembra essersi stabilizzata, con una presenza maggiore di tratti africani nelle zone calde e tratti europei nelle regioni più fresche e ad alta quota.

Perché Riesaminare la Situazione?

Vi chiederete: “Ma se la storia è nota, perché tornarci sopra?”. Bella domanda! Il punto è che, dopo decenni dalla loro introduzione e diffusione in ambienti così diversi, è lecito aspettarsi che queste api abbiano subito dei cambiamenti, un po’ come succede a noi quando ci trasferiamo in un posto nuovo e ci adattiamo. Gli scienziati si sono chiesti se la selezione naturale, l’ibridazione continua o persino il caso (il cosiddetto “genetic drift”) avessero lasciato un segno visibile su queste popolazioni.

E qui entra in gioco uno studio recentissimo che ha messo sotto la lente d’ingrandimento le api africanizzate, con un focus particolare su quelle del Messico sud-orientale, precisamente della regione di Tabasco, un vero e proprio paradiso tropicale umido per queste api. L’obiettivo? Capire se ci fossero variazioni geografiche significative e come queste api si collocassero rispetto alle loro “cugine” di altre parti del mondo e alle linee evolutive originarie del Vecchio Mondo (Africa, Europa, Medio Oriente).

Ali Sotto Esame: La Morfometria Geometrica

Come si fa a “leggere” la storia evolutiva di un’ape? Uno dei metodi più affascinanti, e anche consolidati, è la morfometria, ovvero la misurazione di varie parti del corpo. In questo caso, i ricercatori si sono concentrati sulle ali, utilizzando una tecnica chiamata morfometria geometrica. Immaginate di prendere la foto di un’ala d’ape e di segnare 19 punti di riferimento ben precisi sulle venature. Le coordinate di questi punti creano una sorta di “impronta digitale” della forma dell’ala.

Hanno analizzato le ali di ben 2951 api operaie provenienti da 245 colonie sparse in tre regioni dello stato di Tabasco. E non si sono fermati qui! Hanno confrontato questi dati con quelli di api africanizzate provenienti da Ecuador, Argentina e Stati Uniti, e con campioni di riferimento delle quattro principali linee evolutive del Vecchio Mondo (A, C, M, O), raccolti tra il 1950 e il 1995, quando l’ibridazione indotta dall’uomo era minima. Un lavoraccio, ve lo assicuro, ma fondamentale per avere un quadro completo.

Primo piano macro di un'ala di ape mellifera montata su un vetrino da microscopio, con i 19 punti di riferimento per l'analisi morfometrica evidenziati da piccoli cerchi numerati. Obiettivo macro 60mm, illuminazione controllata per massima nitidezza delle venature.

Risultati Sorprendenti: Le Api Messicane Sono Uniche!

E ora, tenetevi forte, perché i risultati sono stati a dir poco sorprendenti! Le api del Messico sud-orientale sono risultate significativamente diverse da tutte le altre popolazioni esaminate. Non solo dalle api europee o africane “pure”, ma anche dalle altre popolazioni africanizzate delle Americhe! Questa divergenza era così marcata da essere paragonabile, se non superiore, alle differenze che esistono tra le linee evolutive ancestrali del Vecchio Mondo.

Pensateci: la linea evolutiva A (africana) mostrava una divergenza maggiore rispetto alle api messicane di quanta ne mostrasse rispetto alle linee M (dell’Europa occidentale) e O (del Medio Oriente). Questo è un dato pazzesco! Ci si potrebbe aspettare che gli ibridi abbiano caratteristiche intermedie tra i genitori, ma le api messicane sembravano essersi “allontanate” parecchio dal punto medio tra le loro origini africane ed europee.

Anche le api dell’Ecuador si sono dimostrate piuttosto distinte, sebbene una piccolissima percentuale sia stata erroneamente classificata come argentina. Ma le messicane? Identificabili senza errore!

Cosa Rende le Api Messicane Così Speciali?

Diverse ipotesi possono spiegare questa unicità:

  • Effetto del fondatore: La popolazione iniziale introdotta dall’Africa al Brasile nel 1956 era relativamente piccola e portava solo una parte della variazione genetica originale della linea A.
  • Ibridazione: Le api africane si sono ibridate con le api europee preesistenti, mescolando i fenotipi.
  • Selezione Naturale: Questa è la pista più intrigante. L’enorme areale di distribuzione delle api africanizzate, con climi molto diversi, potrebbe aver spinto le popolazioni ad adattarsi in modi specifici. Le pressioni selettive variano, portando all’emergere di fenotipi diversi.
  • Isolamento Geografico: L’Istmo di Panama potrebbe aver limitato il flusso genico dal Sud al Centro America, e le catene montuose del Messico centrale potrebbero aver isolato ulteriormente le popolazioni del sud.
  • Deriva Genetica (Genetic Drift): Cambiamenti casuali nelle frequenze geniche, soprattutto in popolazioni che si espandono o che sono parzialmente isolate.

Insomma, le api messicane potrebbero essere il risultato di un cocktail evolutivo unico, plasmato dall’ambiente e dalla loro storia particolare. È come se la natura stesse conducendo un gigantesco esperimento a cielo aperto, e noi stiamo iniziando a decifrarne i risultati.

E le Api “Europee” in USA e Argentina? Non Così Europee!

Un’altra scoperta interessante riguarda le api degli Stati Uniti e dell’Argentina, aree dove si pensava che l’africanizzazione non avesse attecchito in modo massiccio o dove si utilizzano prevalentemente api di origine europea. Ebbene, queste api si sono rivelate sorprendentemente simili tra loro, ma notevolmente diverse dalle linee C (europee centrali e orientali) e M (europee occidentali) originarie dell’Europa. Anzi, mostravano una maggiore somiglianza con la linea A (africana)!

Questo non significa necessariamente che siano africanizzate nel senso classico, ma suggerisce che anche gli stock commerciali di api nelle Americhe potrebbero essersi ibridati o essere cambiati negli ultimi decenni, diventando meno “europei” di quanto si pensasse. Forse c’è stato uno scambio di materiale genetico tra apicoltori, o forse anche qui la selezione e l’ibridazione locale hanno giocato un ruolo. Serviranno altri dati per confermarlo, ma è una pista affascinante.

Un apicoltore con tuta protettiva ispeziona un favo pieno di api in un apiario situato in un paesaggio collinare argentino. Obiettivo zoom 35mm, luce naturale, per catturare la scena e l'ambiente.

Implicazioni e Prospettive Future

Questo studio ci dice chiaramente che la morfometria delle ali è uno strumento potente, capace di rilevare differenze sottili ma significative tra popolazioni di api. Non è vero, come si pensava in passato, che le venature alari siano utili solo per distinguere specie diverse ma non popolazioni all’interno della stessa specie.

I risultati hanno implicazioni importanti:

  • Identificazione delle api africanizzate: I metodi attuali, come il FABIS (Fast Africanized Bee Identification System), potrebbero aver bisogno di un aggiornamento, visto che i campioni di riferimento usati per crearlo risalgono agli anni ’70 e le api, come abbiamo visto, evolvono!
  • Conservazione e Apicoltura: Comprendere la diversità genetica e fenotipica delle api è cruciale per gestire gli apiari, selezionare api con caratteristiche desiderate (come minore aggressività o maggiore produzione di miele) e per strategie di conservazione.
  • Studio dell’Evoluzione: Le api africanizzate nelle Americhe sono un modello straordinario per studiare l’evoluzione in tempo reale, l’adattamento a nuovi ambienti e gli effetti dell’ibridazione.

Insomma, la storia delle api africanizzate è tutt’altro che conclusa. Le api del Messico sud-orientale e dell’Ecuador ci mostrano quanto velocemente la natura possa plasmare nuove forme e adattamenti. E chissà quali altre sorprese ci riserva il ronzante mondo di questi incredibili insetti! Io, da parte mia, non vedo l’ora di leggere i prossimi capitoli di questa avvincente saga scientifica. E voi?

Fonte: Springer

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