Immagine concettuale con obiettivo prime da 35mm, profondità di campo accentuata, che mostra una sezione astratta della mucosa intestinale con simboli luminosi di anticorpi (blu) che interagiscono con essa, in una palette duotone blu e grigia, evocando un'atmosfera scientifica e di ricerca.

Anticorpi e Sindrome dell’Intestino Irritabile: Seguiamo le Tracce dei Sintomi!

Ciao a tutti! Avete mai sentito parlare della Sindrome dell’Intestino Irritabile (IBS)? Quel disturbo un po’ misterioso e decisamente fastidioso che si manifesta con dolore addominale cronico e abitudini intestinali… diciamo, ballerine. C’è chi tende alla stitichezza (IBS-C), chi alla diarrea (IBS-D), e chi un po’ entrambe (IBS-M). Per anni ci siamo chiesti cosa la scatenasse davvero. Le ipotesi sono tante: un’alterazione dell’asse intestino-cervello, problemi di motilità intestinale, cambiamenti nel nostro prezioso microbioma…

Ma se tutto iniziasse da un’infezione?

Ecco, una pista diventata sempre più interessante è quella dell’IBS post-infettivo. Immaginate di prendervi una brutta gastroenterite, magari causata da batteri comuni come Escherichia, Shigella, Salmonella o Campylobacter jejuni. Questi “cattivoni” rilasciano una tossina chiamata CdtB (tossina citoletale distendente B). Il nostro sistema immunitario, giustamente, si attiva e produce anticorpi contro questa tossina (anti-CdtB). Fin qui, tutto normale.

Il problema è che, a volte, per un meccanismo chiamato “mimetismo molecolare”, questi anticorpi finiscono per confondersi e attaccare anche una proteina del nostro stesso corpo: la vinculina. E qui casca l’asino. La vinculina è una proteina importantissima, presente nelle cellule interstiziali di Cajal (ICC) e nel plesso mioenterico. Tradotto: è fondamentale per coordinare i movimenti del nostro intestino, la famosa motilità intestinale. Se gli anticorpi (anti-vinculina) attaccano la vinculina, capite bene che la motilità può andare in tilt.

La nostra indagine: sulle tracce degli anticorpi

Affascinati da questa ipotesi, abbiamo deciso di vederci più chiaro. Come? Analizzando i dati di pazienti che si erano sottoposti a test specifici per misurare i livelli di anti-CdtB e anti-vinculina nel sangue. Si tratta di un test ELISA piuttosto preciso, che negli anni ha dimostrato di poter aiutare a distinguere l’IBS-D da altre condizioni come le malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD) o la celiachia.

Abbiamo quindi “spulciato” le cartelle cliniche di 417 pazienti seguiti in un centro specializzato in motilità gastrointestinale tra il 2018 e il 2023. Volevamo capire diverse cose:

  • Quanto sono comuni questi anticorpi nei pazienti con IBS?
  • I loro livelli cambiano nel tempo?
  • C’è una correlazione tra i livelli di anticorpi e la gravità dei sintomi dell’IBS?
  • Terapie specifiche per ridurre gli anticorpi possono avere un impatto?

I risultati? Beh, intanto abbiamo visto che questi anticorpi non sono affatto rari: ben 158 pazienti (il 38,5% del totale!) sono risultati positivi per almeno uno dei due anticorpi (anti-CdtB o anti-vinculina). Curiosamente, sembrava che i pazienti più anziani avessero maggiori probabilità di essere positivi.

La scoperta chiave: anticorpi e sintomi a braccetto?

Ma la parte più intrigante è arrivata quando abbiamo guardato i 38 pazienti che avevano fatto il test più volte nel tempo. Qui abbiamo notato una cosa davvero interessante: nei pazienti in cui i livelli di anti-vinculina si normalizzavano (cioè tornavano sotto la soglia di positività), c’era una correlazione significativa con un miglioramento dei sintomi dell’IBS! In media, ci volevano circa 23 mesi perché i livelli si normalizzassero, ma 9 dei 12 pazienti in cui questo accadeva riferivano di sentirsi meglio. Al contrario, tra quelli i cui livelli di anti-vinculina rimanevano alti o aumentavano, solo uno su otto stava meglio. Per l’anti-CdtB i numeri erano troppo piccoli per trarre conclusioni solide, ma l’andamento sembrava simile.

Immagine macro con lente da 100mm che mostra una rappresentazione stilizzata di anticorpi (particelle luminose blu) che interferiscono con le connessioni nervose (plesso mioenterico, filamenti luminosi gialli) in una sezione trasversale della parete intestinale, sfondo scuro, alta definizione, illuminazione controllata.

Questo suggerisce che l’anti-vinculina potrebbe non essere solo un marcatore diagnostico, ma avere un ruolo attivo nel determinare quanto stai male. Se attacca le strutture che regolano la motilità, è logico pensare che riducendo l’attacco (cioè abbassando i livelli di anticorpi), i sintomi possano migliorare.

Si possono “pulire” gli anticorpi? Le terapie

E qui entra in gioco l’altra domanda: si può fare qualcosa per abbassare questi livelli? Abbiamo confrontato un piccolo gruppo di pazienti (8 persone) che, essendo positivi agli anticorpi, avevano ricevuto terapie specifiche per “rimuoverli” dal sangue – come l’immunoglobulina per via endovenosa (IVIG) o la plasmaferesi (PLEX) – con un gruppo di controllo (18 persone) che aveva seguito la gestione standard.

I risultati? Promettenti! Nel gruppo trattato con IVIG o PLEX, ben 5 pazienti su 8 (il 62,5%) hanno visto i loro livelli di anticorpi normalizzarsi dopo la terapia. Nel gruppo di controllo, questo è successo solo in 4 su 18 (il 22,2%). La differenza era statisticamente significativa. Questo ci dice che, almeno in linea di principio, intervenire per ridurre questi anticorpi specifici potrebbe essere una strategia terapeutica futura.

Cosa ci portiamo a casa (e cosa serve ancora)

Quindi, cosa abbiamo imparato?

  • Gli anticorpi anti-CdtB e anti-vinculina sono comuni nei pazienti con IBS, soprattutto nelle forme diarroiche e miste.
  • I livelli di anti-vinculina sembrano correlare con l’andamento dei sintomi: se scendono, i sintomi tendono a migliorare.
  • Terapie mirate a ridurre gli anticorpi (come IVIG o PLEX) sembrano efficaci nel normalizzare i livelli.

Certo, il nostro studio ha dei limiti. Essendo retrospettivo, non abbiamo potuto controllare tutte le variabili (nuove infezioni tra i test, intervalli di tempo variabili). Inoltre, i gruppi di pazienti seguiti nel tempo o trattati con terapie specifiche erano piccoli. Serviranno studi futuri, magari prospettici (seguendo i pazienti fin dall’inizio) e con questionari standardizzati per valutare i sintomi in modo più preciso.

Però, pensateci: per oltre 100 anni l’IBS è stata definita solo dai sintomi. Ora abbiamo dei marcatori biologici, degli anticorpi, che non solo aiutano nella diagnosi, ma potrebbero addirittura essere legati alla causa dei sintomi e diventare un bersaglio per nuove terapie. Monitorare l’anti-vinculina potrebbe diventare uno strumento utile per gestire l’IBS e identificare i pazienti che potrebbero beneficiare di trattamenti specifici. La strada è ancora lunga, ma è decisamente affascinante!

Fonte: Springer

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