Antibiotici nell’Acqua Potabile: Un Nemico Invisibile che Resiste?
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi sta molto a cuore e che, scommetto, riguarda anche voi da vicino: l’acqua che beviamo ogni giorno. Avete mai pensato a cosa c’è *davvero* dentro, oltre all’H2O pura e semplice? Beh, a volte, purtroppo, ci sono ospiti indesiderati, come tracce di farmaci. In particolare, mi sono immerso in uno studio affascinante sulla persistenza di due antibiotici molto comuni, la ciprofloxacina e il sulfametossazolo, nei sistemi che simulano le nostre reti idriche. E i risultati, ve lo dico subito, fanno riflettere.
Il Problema degli Antibiotici nell’Acqua: Perché Dovrebbe Interessarci?
Negli ultimi vent’anni, abbiamo sentito parlare sempre più spesso della presenza di antibiotici nei nostri fiumi, laghi e, sì, anche nell’acqua potabile. Ma come ci arrivano? Le cause sono diverse:
- L’uso globale di antibiotici è aumentato a dismisura (pensate, +65% tra il 2000 e il 2015, e si prevede un +200% entro il 2030!).
- Scarichi industriali e civili non sempre adeguati.
- Ruscellamento agricolo (pensiamo agli allevamenti).
- Discariche che rilasciano percolato.
- Il fatto che il nostro corpo ne espelle una parte non metabolizzata.
Il problema è che i tradizionali impianti di trattamento delle acque reflue faticano a rimuoverli completamente. Certo, si stanno sviluppando tecnologie avanzate (adsorbimento, ossidazione avanzata, ozonizzazione), ma la loro implementazione su larga scala è ancora lontana, sia per costi che per ottimizzazione. Quindi, una certa quantità di questi farmaci finisce inevitabilmente nelle nostre reti idriche.
Ciprofloxacina e Sulfametossazolo: I Protagonisti (Indesiderati) della Nostra Storia
Tra i tanti antibiotici, due sono particolarmente “famosi” per la loro presenza nell’acqua potabile: la ciprofloxacina (spesso trovata alle concentrazioni più alte) e il sulfametossazolo (il più frequentemente rilevato). La ciprofloxacina è un fluorochinolone ad ampio spettro, mentre il sulfametossazolo appartiene alla classe dei sulfonamidi. Sono stati trovati in concentrazioni che, seppur basse (parliamo di microgrammi o nanogrammi per litro), sollevano interrogativi sulla loro persistenza a lungo termine e sui potenziali effetti sulla salute.
La ricerca finora si è concentrata molto sull’efficacia dei nuovi trattamenti o sul monitoraggio sul campo. Entrambi gli approcci hanno però dei limiti: gli studi sui trattamenti spesso usano concentrazioni molto più alte di quelle reali e su scale temporali brevi (ore, non giorni o mesi), mentre il monitoraggio sul campo è complicato da mille variabili incontrollabili (diluizioni, fattori ambientali). Mancava un pezzo del puzzle: capire come si comportano questi antibiotici a basse concentrazioni, in un ambiente controllato che simuli le nostre tubature, per un periodo di tempo prolungato. Ed è qui che entra in gioco il nostro studio.
Cosa Abbiamo Fatto: Un’Occhiata al Nostro Esperimento “Casalingo”
Per capirci di più, abbiamo costruito dei mini-sistemi idrici in laboratorio, chiamati BWDR (Bench-scale Water Distribution Reactor). Immaginate delle tubature in PVC (il materiale più comune nelle nostre case) con acqua che circola, proprio come in un piccolo acquedotto. In queste tubature abbiamo fatto crescere dei biofilm, quelle sottili pellicole di batteri che si formano naturalmente sulle superfici interne delle tubature reali. Abbiamo usato acqua trattata con carbone attivo granulare, simile a quella che arriva ai nostri rubinetti (ma senza cloro, per permettere ai batteri “buoni” di crescere e formare il biofilm), e l’abbiamo fatta circolare per 12 settimane per ottenere un biofilm maturo.
A questo punto, abbiamo introdotto i nostri due antibiotici, ciprofloxacina e sulfametossazolo, separatamente, in diversi reattori. La concentrazione scelta è stata di 10 microgrammi per litro (µg L⁻¹). Perché questa concentrazione? È considerata “sub-MIC” (sub-Minimum Inhibitory Concentration), cioè inferiore alla minima concentrazione che inibirebbe la crescita della maggior parte dei batteri presenti nei biofilm delle acque potabili. È una concentrazione bassa, più vicina ai livelli residui trovati nel mondo reale, ma abbastanza alta da poter essere misurata con precisione senza metodi di estrazione complessi che potevano introdurre errori.
Abbiamo seguito la “vita” di questi antibiotici per 12 giorni, prelevando campioni d’acqua a intervalli regolari (10 min, 1 giorno, 6 giorni, 12 giorni) per misurarne la concentrazione residua usando tecniche sofisticate (uHPLC-Orbitrap MS). In parallelo, abbiamo monitorato come cambiava la quantità di batteri nel biofilm (la Total Cell Count, TCC) usando la citometria a flusso, per vedere se gli antibiotici, anche a basse dosi, avessero qualche effetto sulla crescita del biofilm stesso. Avevamo anche dei reattori di controllo: uno con biofilm ma senza antibiotico, e uno con antibiotico ma senza biofilm (solo PVC e acqua deionizzata), per capire quanto l’interazione fosse dovuta al biofilm e quanto al materiale del tubo stesso.
I Risultati: Sorprese e Conferme sulla Persistenza
E qui le cose si fanno interessanti. Dopo 12 giorni, entrambi gli antibiotici erano ancora presenti nell’acqua! Non erano scomparsi del tutto. Tuttavia, il loro comportamento è stato molto diverso.
Ciprofloxacina (CIP):
- La sua concentrazione è diminuita di circa il 31% nei reattori con biofilm e del 27% nel controllo solo PVC. Una differenza non enorme.
- La diminuzione è avvenuta soprattutto all’inizio (primo giorno), poi la concentrazione si è stabilizzata.
- Sorpresa: Il biofilm esposto a ciprofloxacina è cresciuto significativamente di più rispetto al controllo senza antibiotico!
Sulfametossazolo (SMX):
- Qui la differenza è stata netta: la concentrazione è crollata dell’87% nei reattori con biofilm, ma solo del 3.6% nel controllo solo PVC.
- La diminuzione è stata rapida all’inizio e ha continuato più lentamente ma costantemente per tutti i 12 giorni.
- Nessun cambiamento significativo nella crescita del biofilm è stato osservato in presenza di sulfametossazolo.
Questi risultati iniziano a spiegare perché troviamo la ciprofloxacina a concentrazioni più alte (sembra interagire meno specificamente col biofilm e più col PVC, raggiungendo forse una sorta di saturazione) e il sulfametossazolo più frequentemente ma a livelli più bassi (sembra essere “catturato” o degradato molto più efficacemente dal biofilm).
Perché la Ciprofloxacina Resiste Così Tanto? Il Ruolo del PVC e dell’EPS
La ciprofloxacina sembra quasi “indifferente” alla presenza del biofilm, visto che la sua concentrazione cala in modo simile sia con che senza di esso. Questo suggerisce che una parte significativa della sua scomparsa dall’acqua sia dovuta all’adsorbimento (cioè al legarsi) sulla superficie del tubo in PVC. Studi precedenti avevano già indicato che la ciprofloxacina, pur avendo una bassa affinità per il PVC, si lega più di altri antibiotici. Forse i suoi gruppi funzionali contenenti ossigeno la rendono un po’ meno “respinta” dalla superficie idrofobica del PVC.
Ma anche il biofilm gioca un ruolo. I biofilm producono le cosiddette Sostanze Polimeriche Extracellulari (EPS), una specie di “colla” che li tiene insieme e li attacca alle superfici. Queste EPS possono legare gli antibiotici. La ciprofloxacina, che a pH neutro è carica positivamente, può legarsi alle EPS (cariche negativamente) attraverso interazioni elettrostatiche. Tuttavia, come per il PVC, sembra che i siti di legame si saturino rapidamente (entro circa 20 ore, secondo altri studi), dopodiché l’antibiotico che rimane nell’acqua non interagisce più molto. Una volta “dentro” l’EPS, potrebbe anche subire una lenta biotrasformazione da parte di enzimi batterici, ma il meccanismo predominante sembra essere l’adsorbimento fino a saturazione.
Questo spiegherebbe la sua persistenza a concentrazioni relativamente alte: una volta saturati i siti di legame su PVC e biofilm, la ciprofloxacina rimanente circola nell’acqua quasi indisturbata. E visto che il PVC sarà sempre più dominante nelle reti idriche e i biofilm sono inevitabili, c’è da aspettarsi che la ciprofloxacina continui a essere un problema.
Sulfametossazolo: Un Destino Diverso Legato al Biofilm
Il sulfametossazolo, invece, ha mostrato una storia completamente diversa. La sua drastica riduzione in presenza di biofilm (quasi 90%) rispetto al controllo senza biofilm (meno del 4%) indica una forte interazione specifica con la componente biologica. A differenza della ciprofloxacina, il sulfametossazolo a pH neutro è neutro o carico negativamente, quindi l’interazione elettrostatica con il PVC (anch’esso negativo) è sfavorevole. La sua natura idrofila lo rende anche meno affine al PVC idrofobico.
L’interazione con il biofilm sembra essere molto più efficiente. Si pensa che le regioni idrofobiche delle EPS abbiano un’alta affinità per il sulfametossazolo (chemiosorbimento). Inoltre, la sua struttura molecolare forse permette un accesso più facile ai siti di legame sull’EPS. Alcuni studi hanno riportato efficienze di biosorbimento da parte di EPS batteriche intorno al 70%, un valore compatibile con i nostri risultati. Oltre all’adsorbimento, è probabile che avvenga anche una biodegradazione significativa. Sappiamo che alcuni batteri comuni nell’acqua (come Pseudomonas e Acinetobacter, presenti anche nei nostri biofilm) possiedono enzimi capaci di degradare il sulfametossazolo.
Questo forte legame e potenziale degradazione da parte del biofilm spiega perché, pur essendo rilevato frequentemente (perché entra spesso nel sistema), le sue concentrazioni nell’acqua potabile siano generalmente più basse rispetto alla ciprofloxacina. La sua persistenza sembra dipendere molto dal tempo di contatto con il biofilm e dalle caratteristiche del biofilm stesso. Nonostante il calo notevole, però, anche il sulfametossazolo è rimasto rilevabile dopo 12 giorni.
Biofilm e Antibiotici: Un Legame Pericoloso per la Resistenza?
Ricordate che la ciprofloxacina ha fatto crescere di più il biofilm? Questo è un dato preoccupante. Anche se le concentrazioni sono basse (sub-MIC), non sono nulle. L’esposizione prolungata dei batteri nel biofilm a queste concentrazioni potrebbe non ucciderli, ma stressarli e favorire lo sviluppo e la selezione di batteri resistenti agli antibiotici. L’aumento della biomassa del biofilm osservato con la ciprofloxacina potrebbe addirittura amplificare questo fenomeno, creando un ambiente più protetto e favorevole allo scambio di geni di resistenza (ARG).
Anche se il sulfametossazolo non ha aumentato la crescita del biofilm nel nostro studio, la sua forte interazione (adsorbimento e forse degradazione) all’interno della matrice del biofilm significa che i batteri lì presenti sono comunque esposti all’antibiotico per lungo tempo. Studi correlati che abbiamo condotto hanno mostrato che, mentre la ciprofloxacina non sembrava promuovere significativamente gli ARG in queste condizioni, il sulfametossazolo lo faceva. Questo sottolinea come i due antibiotici, pur persistendo entrambi, possano avere impatti diversi e subdoli sull’ecosistema microbico delle nostre tubature.
Il rischio è che i biofilm diventino dei veri e propri “serbatoi” di resistenza antibiotica, un problema enorme per la salute pubblica. Ricordiamo che l’antibiotico-resistenza è già responsabile di milioni di morti nel mondo ogni anno.
Cosa Significa Tutto Questo per Noi e per il Futuro?
Questo studio, anche se condotto in laboratorio, ci dà informazioni preziose sul perché troviamo questi antibiotici nell’acqua del rubinetto e su come interagiscono con l’ambiente delle tubature.
- La persistenza è reale: Anche a basse concentrazioni, questi farmaci non scompaiono facilmente.
- Il biofilm conta: L’interazione con i biofilm è cruciale e diversa per antibiotici diversi, influenzando quanto ne rimane nell’acqua.
- Il rischio resistenza è concreto: L’esposizione cronica a basse dosi nei biofilm potrebbe favorire l’antibiotico-resistenza.
- Servono soluzioni: È fondamentale accelerare lo sviluppo e l’implementazione di trattamenti avanzati per rimuovere questi contaminanti alla fonte, prima che entrino nella rete idrica.
Noi ricercatori dobbiamo continuare a studiare questi fenomeni, magari esplorando l’effetto di diverse concentrazioni, diverse condizioni dell’acqua (pH, temperatura), la presenza di disinfettanti come il cloro, o l’interazione con altre sostanze presenti nell’acqua. Ma è chiaro che non possiamo ignorare il problema.
La prossima volta che aprite il rubinetto, pensateci: l’acqua limpida è un bene prezioso, ma dobbiamo lavorare tutti insieme – ricerca, industria, enti regolatori e cittadini – per mantenerla davvero pulita e sicura, libera anche da questi nemici invisibili.
Fonte: Springer