Ritratto di uno studente universitario saudita dall'aspetto preoccupato, seduto su una panchina del campus, con l'architettura moderna dell'università sfocata sullo sfondo. Obiettivo 50mm, profondità di campo, luce naturale del tardo pomeriggio.

Studenti Sotto Pressione: Ansia e Depressione all’Università Saudita – Cosa Ci Dice Davvero Questo Studio?

Ragazzi, parliamoci chiaro: la vita universitaria è un’altalena di emozioni. Tra esami, aspettative (nostre e altrui), nuove amicizie e la sfida di diventare grandi, lo stress è dietro l’angolo. E a volte, questo stress può trasformarsi in qualcosa di più serio, come ansia e depressione. È un problema globale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo ripete da tempo, ma come se la cavano gli studenti in contesti culturali magari diversi dai nostri?

Oggi vi porto dietro le quinte di uno studio interessante, fresco fresco, che ha provato a fare luce proprio su questo: la prevalenza di ansia e depressione tra gli studenti della King Khalid University, nel sud dell’Arabia Saudita. Perché proprio lì? Beh, anche in Arabia Saudita, come ovunque, gli studenti universitari si trovano ad affrontare un bel carico: corsi impegnativi, la pressione delle famiglie, la paura di non farcela, magari la lontananza da casa. Tutti fattori che possono mettere a dura prova la salute mentale.

Come Hanno Fatto? Un’Indagine Digitale

I ricercatori hanno optato per un approccio moderno e diretto: un’indagine online, anonima, condotta tra dicembre 2023 e febbraio 2024. Hanno coinvolto 323 studenti dei corsi di area sanitaria (medicina, odontoiatria, farmacia, scienze sanitarie applicate, infermieristica). Per capire come stessero davvero, hanno usato due strumenti ben noti agli addetti ai lavori: la scala GAD-7 per misurare i sintomi dell’ansia generalizzata e il questionario PHQ-9 per quelli della depressione. L’idea era quella di avere una fotografia, un’istantanea della situazione in quel preciso momento (quello che tecnicamente si chiama studio trasversale). Hanno raccolto anche dati socio-demografici: età, sesso, stato civile, anno di studio, ore di sonno, abitudine al fumo e persino da dove proveniva il cibo consumato (casa o ristorante). Una cosa importante da sottolineare: hanno escluso dallo studio gli studenti che erano già in cura per la depressione. Tenetelo a mente, perché ci torneremo.

I Numeri Parlano: Cosa È Emerso?

Allora, cosa è venuto fuori da questi questionari? I risultati, in un certo senso, potrebbero sorprendere. La prevalenza generale dei sintomi depressivi è stata del 13% (43 studenti su 323), mentre quella dei sintomi ansiosi si è attestata al 9,9% (32 studenti).

Scendendo più nel dettaglio:

  • Per la depressione (usando la scala PHQ-9): quasi la metà (49,5%) non aveva sintomi, il 37,2% ne aveva di lievi, il 5,9% di moderati, il 4% di moderatamente gravi e il 3,4% (11 studenti) riportava una depressione grave.
  • Per l’ansia (usando la scala GAD-7): la maggioranza (62,5%) non aveva sintomi, il 27,6% ne aveva di lievi, il 5,3% di moderati e il 4,6% (15 studenti) riportava un’ansia grave o estremamente grave.

Quindi, una fetta non trascurabile di studenti mostrava segnali di disagio, con alcuni casi decisamente seri.

Ma i ricercatori non si sono fermati qui. Hanno cercato di capire se ci fossero dei collegamenti tra questi sintomi e le caratteristiche degli studenti. E indovinate un po’?

  • L’anno di studio sembra avere un peso sia per la depressione che per l’ansia. Forse la pressione aumenta con l’avvicinarsi della laurea? O magari i primi anni sono più destabilizzanti?
  • Le ore di sonno sono significativamente correlate all’ansia: dormire meno di 6 ore o più di 8 ore al giorno sembra associato a livelli d’ansia più alti. Il sonno è fondamentale, ragazzi!
  • L’abitudine al fumo è risultata correlata sia all’ansia che alla depressione (anche se per la depressione la significatività statistica era al limite). Curiosamente, l’analisi multivariata ha suggerito che i fumatori avessero *minori* probabilità di riportare sintomi, un dato che forse meriterebbe ulteriori approfondimenti o potrebbe essere influenzato da altri fattori non misurati.
  • Anche mangiare prevalentemente cibo fatto in casa sembrava associato a minori probabilità di depressione, sfiorando la significatività statistica. Comfort food che fa bene anche all’anima?

Uno studente universitario seduto da solo in una biblioteca moderna e luminosa, guarda fuori dalla finestra con aria pensierosa. Luce naturale soffusa. Obiettivo 35mm, profondità di campo ridotta per focalizzare sullo studente.

Un dato interessante è che, nel complesso, queste percentuali (13% depressione, 9.9% ansia) sono più basse rispetto a quelle riportate in molti altri studi simili condotti sia a livello internazionale che nella stessa regione mediorientale, dove spesso si superano il 20% o addirittura il 40-50%.

Ma Perché Questi Numeri (Apparentemente) Bassi?

Questa apparente “minoranza” di casi potrebbe avere diverse spiegazioni, alcune legate al contesto specifico. In Arabia Saudita, come in altre culture, parlare apertamente di salute mentale può essere ancora difficile a causa dello stigma. Magari alcuni studenti hanno sottostimato i loro sintomi per timore del giudizio. D’altro canto, fattori protettivi potrebbero giocare un ruolo importante: il forte supporto familiare, molto radicato nella cultura locale, e le strategie di coping basate sulla fede religiosa potrebbero aiutare molti a gestire meglio lo stress. Non dimentichiamo poi i possibili effetti positivi dei servizi di supporto psicologico che l’università stessa mette a disposizione (consulenze, workshop, campagne di sensibilizzazione).

E c’è un ‘ma’ grosso come una casa, quello che vi avevo anticipato: lo studio ha escluso chi era già in cura per la depressione. Questo è un punto cruciale. Significa che i casi più evidenti o già diagnosticati non sono stati conteggiati, portando potenzialmente a una sottostima della reale diffusione del problema all’interno della popolazione studentesca totale. Quindi, “basso” è un termine relativo e da interpretare con cautela.

Non Abbassiamo la Guardia: Cosa Fare Ora?

Anche se i numeri di questo specifico studio possono sembrare meno allarmanti di altri, il messaggio è chiaro: l’ansia e la depressione sono presenti anche tra gli studenti della King Khalid University e, considerando l’esclusione dei casi già trattati, la situazione reale potrebbe essere più seria. Non si può abbassare la guardia.

Le università e le istituzioni educative hanno una responsabilità enorme nel promuovere il benessere psicologico dei loro studenti. Cosa si può fare?

  • Screening e monitoraggio precoce: Identificare chi è a rischio prima che la situazione peggiori.
  • Potenziare i servizi di supporto: Più ascolto, più aiuto concreto e accessibile.
  • Combattere lo stigma: Creare un ambiente in cui parlare di salute mentale sia normale e accettato, magari con campagne di sensibilizzazione mirate e culturalmente appropriate, iniziative di supporto tra pari e un chiaro sostegno da parte della leadership universitaria.
  • Formare docenti e personale: Devono essere in grado di riconoscere i segnali di disagio e indirizzare gli studenti verso l’aiuto giusto.
  • Integrare la salute mentale nel percorso accademico: Parlarne apertamente, magari anche nei corsi.
  • Collaborazione: Lo studio suggerisce addirittura un’iniziativa nazionale per far collaborare tutte le università saudite su questo fronte. Un’idea potente!

Un gruppo diversificato di studenti universitari partecipa a un workshop sul benessere mentale in un'aula universitaria accogliente. Interazione positiva. Obiettivo 50mm, luce calda e invitante.

Un Messaggio per Tutti Noi

Questo studio, pur con i suoi limiti (come il disegno trasversale che non stabilisce causa-effetto, il campionamento non casuale e l’affidarsi all’autovalutazione), ci ricorda una cosa fondamentale: la pressione sugli studenti universitari è reale, ovunque nel mondo. Anche quando i numeri sembrano “bassi”, dietro ogni percentuale ci sono persone che lottano. È essenziale che le università non siano solo luoghi di apprendimento accademico, ma anche ambienti che si prendono cura del benessere psicologico dei giovani che stanno costruendo il loro futuro. La salute mentale non è un optional, ragazzi. È la base.

Fonte: Springer

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