L’Altalena Emotiva della FIVET: Come Ansia e Depressione Influenzano il Percorso (e Come Affrontarle!)
Amiche, parliamoci chiaro. Intraprendere un percorso di fecondazione in vitro e trasferimento dell’embrione (FIVET) è un po’ come salire sulle montagne russe emotive. Un misto di speranza, attesa, paura, e talvolta, purtroppo, anche di ansia e depressione. Non siete sole se vi sentite così, anzi! È un’esperienza che mette a dura prova corpo e mente, e oggi voglio raccontarvi cosa dice la scienza riguardo a questi stati d’animo e, soprattutto, quali fattori possono influenzarli.
Recentemente mi sono imbattuta in uno studio molto interessante, pubblicato su una rivista scientifica di tutto rispetto, che ha voluto vederci chiaro proprio su questo: quanto pesano ansia e depressione sulle donne che affrontano la FIVET e cosa le scatena o, al contrario, le attenua. Immaginate, hanno coinvolto ben 2465 donne! Un numero bello grosso, che ci dà un quadro piuttosto affidabile.
La Montagna Russa Emotiva della FIVET: I Numeri Parlano Chiaro
Allora, tenetevi forte: secondo questa ricerca, circa il 27,18% delle donne che si sottopongono a FIVET sperimenta episodi di depressione, mentre il 18,46% soffre d’ansia. Non sono cifre da poco, vero? Significa che più di una donna su quattro lotta con la tristezza e quasi una su cinque con l’agitazione. Questo ci fa capire quanto sia fondamentale non sottovalutare l’impatto psicologico di questo viaggio.
La FIVET, per chi non la conoscesse nel dettaglio, è una procedura complessa. Si inizia con la stimolazione ovarica controllata, poi c’è il prelievo degli ovociti (sotto guida ecografica, un intervento vero e proprio!), la fecondazione in laboratorio e infine il trasferimento degli embrioni nell’utero. Un ciclo può essere “a fresco”, se l’embrione viene trasferito subito, o “congelato”, se gli embrioni vengono crioconservati per un trasferimento futuro. Ogni tappa è un concentrato di emozioni, farmaci, controlli e, diciamocelo, incertezze. Il successo non è mai garantito al 100% e dipende da tantissimi fattori: l’età, la causa dell’infertilità, eventuali altre patologie (le famose comorbidità) e la strategia terapeutica scelta.
Già l’infertilità di per sé può portare con sé un carico emotivo non indifferente. Se ci aggiungiamo le manipolazioni ormonali, le procedure invasive, una tabella di marcia rigidissima e l’incertezza sul risultato finale, capite bene che lo stress può salire alle stelle.
Chi Rischia di Più? I Fattori che Pesano sulla Bilancia Emotiva
Lo studio ha cercato di capire quali fattori potessero proteggere o, al contrario, esporre maggiormente a depressione e ansia. Ed ecco cosa è emerso, in soldoni:
Per la depressione:
- Avere una laurea sembra essere un fattore protettivo (OR = 0.659). Forse un maggior accesso a informazioni o una diversa capacità di elaborare lo stress? Chissà!
- Se l’infertilità è dovuta a un fattore maschile, la donna tende a essere meno depressa (OR = 0.745). Questo mi fa riflettere su quanto peso e, a volte, senso di colpa, le donne si portino addosso quando la causa è femminile.
- Essere valutate il giorno dell’inizio della stimolazione con gonadotropine (Gn) è risultato associato a minor depressione (OR = 0.781). Forse perché si entra nel vivo dell’azione e ci si sente più proattive?
- Al contrario, avere delle comorbidità (altre malattie preesistenti) aumenta il rischio di depressione (OR = 1.541). Comprensibile, il carico si fa più pesante.
- Anche una strategia di PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) più lunga o estesa è associata a maggiore depressione (OR = 1.394). Più tempo, più stress, più incertezza.
Per l’ansia, invece:
- Un’istruzione di livello scuola superiore/tecnico (OR = 0.669) o una laurea (OR = 0.640) sembrano proteggere dall’ansia. Di nuovo, il livello di istruzione gioca un ruolo.
- Una strategia di PMA estesa, come per la depressione, aumenta il rischio di ansia (OR = 1.476).
Interessante notare che una durata dell’infertilità tra i 3 e i 5 anni è stata associata in modo indipendente alla gravità della depressione. Per la gravità dell’ansia, invece, non sono emersi fattori specifici.
Questi dati sono in parte simili a quelli di altri studi, che avevano già evidenziato come età, livello di istruzione e reddito familiare potessero correlare con l’ansia, e come età e durata dell’infertilità potessero influenzare la depressione. Il fatto che l’infertilità da fattore maschile sia protettiva per la depressione femminile sottolinea, ancora una volta, la pressione psicologica che spesso ricade sulle donne in queste situazioni.
Quando l’Ansia e la Depressione Fanno Più Paura? I Momenti Chiave
Lo studio ha anche esaminato come ansia e depressione variano in diversi momenti del ciclo FIVET: all’inizio della stimolazione ovarica, all’inizio della stimolazione con gonadotropine (Gn) e il giorno del “trigger” con hCG (l’iniezione che induce la maturazione finale degli ovociti prima del prelievo).
Pensateci: ogni fase ha le sue incognite. L’inizio del trattamento è un salto nel vuoto. La stimolazione con Gn è il cuore della terapia, e la dose va calibrata perfettamente. Il giorno del trigger hCG si è vicini al prelievo, e la testa è piena di domande sulla quantità e qualità degli ovociti. È un continuo saliscendi emotivo, anche a causa delle fluttuazioni ormonali.
Studi precedenti avevano mostrato risultati un po’ diversi: alcuni indicavano un picco di ansia il giorno del trigger hCG e un picco di depressione all’inizio del trattamento. Altri ancora un picco di ansia dopo il ciclo, nell’attesa del risultato. Questo nuovo studio ha rilevato che la prevalenza della depressione era più bassa il giorno dell’inizio della stimolazione con Gn. Forse, come dicevo prima, sentirsi nel pieno del percorso dà una spinta di fiducia. Per l’ansia, invece, non sono emerse differenze significative tra i tre momenti esaminati in questo studio specifico.
Queste discrepanze ci dicono che la risposta emotiva è molto personale e può dipendere da tanti fattori, inclusi gli strumenti usati per misurare ansia e depressione e il supporto psicologico offerto dai centri.
Confronto con il Passato e Specificità Locali
È curioso notare che le percentuali di ansia e depressione trovate in questo studio (27.18% depressione, 18.46% ansia) sono un po’ l’inverso di quanto riportato in altri studi precedenti, dove l’ansia sembrava più prevalente della depressione (con tassi di ansia tra il 30% e il 42.9%). Come mai? I ricercatori ipotizzano che possa dipendere dagli strumenti di valutazione usati (qui GAD-7 e PHQ-9, in altri studi le scale di Beck o Zung) o da fattori locali, come il tipo di supporto psicologico offerto negli ospedali, le tradizioni culturali e la pressione sociale, che in Cina, dove è stato condotto lo studio, è particolarmente forte riguardo all’avere figli.
Limiti dello Studio e Prospettive Future (COVID-19 Incluso!)
Come ogni ricerca, anche questa ha i suoi limiti. È stata condotta in un solo ospedale e in una specifica area geografica, quindi i risultati potrebbero non essere generalizzabili a tutte noi. Inoltre, essendo uno studio “trasversale” (cioè fotografa la situazione in un dato momento), non può stabilire rapporti di causa-effetto. Non si è guardato a cosa succede dopo la FIVET, e sappiamo bene quanto l’esito della gravidanza possa influenzare l’umore!
Un altro aspetto importante: parte dello studio si è svolto durante l’inizio della pandemia di COVID-19. Non c’è bisogno che vi dica quanto quel periodo abbia aggiunto un carico psicologico enorme su tutti, figuriamoci su chi stava affrontando un percorso di PMA, con visite frequenti in ospedale, paura del contagio e lockdown. Questo potrebbe aver influenzato i risultati, e sarebbe interessante vedere se, ora che la pandemia è ufficialmente finita, i dati sarebbero gli stessi.
Nonostante questi limiti, lo studio ci offre spunti preziosissimi. Identificare i momenti di maggiore vulnerabilità e i fattori di rischio o protezione può aiutare i medici e gli psicologi a offrire un supporto più mirato e personalizzato.
Cosa Possiamo Portarci a Casa da Tutto Questo?
La prima cosa, e la più importante, è che non siete sole. Sentire ansia o tristezza durante la FIVET è comune, e non c’è nulla di cui vergognarsi. La seconda è che ci sono fattori che possono influenzare il nostro stato d’animo, e conoscerli è il primo passo per affrontarli.
Se state per iniziare o siete nel bel mezzo di un percorso di FIVET:
- Parlatene: con il partner, con un’amica fidata, con il vostro medico o, ancora meglio, con uno psicologo specializzato in infertilità.
- Informatevi: capire bene le tappe del percorso può ridurre l’ansia da “ignoto”.
- Prendetevi cura di voi: alimentazione sana, un po’ di movimento (se consentito dal medico), tecniche di rilassamento, hobby… tutto ciò che vi fa stare bene.
- Non abbiate paura di chiedere aiuto: se sentite che l’ansia o la depressione stanno prendendo il sopravvento, un supporto psicologico può fare davvero la differenza.
Questo studio ci ricorda che la gestione psicologica delle donne in FIVET è cruciale. Identificare chi è più a rischio e quando, permette di intervenire tempestivamente, migliorando non solo il benessere emotivo, ma forse, chissà, anche l’esito stesso del percorso. Perché mente e corpo, amiche mie, sono profondamente connessi.
Spero che queste informazioni vi siano state utili. Ricordatevi che siete forti e coraggiose ad affrontare questo viaggio. Un abbraccio!
Fonte: Springer