Illustrazione concettuale che fonde una goccia di sangue con poche cellule (simbolo dell'anemia aplastica) e un simbolo atomico del rame (Cu) che si deposita su un fegato stilizzato (Malattia di Wilson), su uno sfondo astratto di eliche di DNA e telomeri accorciati. Fotografia still life, lente macro 60mm, alta definizione, illuminazione drammatica.

Anemia Aplastica Grave e Malattia di Wilson: Un Legame Misterioso?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di una storia medica davvero particolare, quasi un enigma che ci siamo trovati a decifrare. Immaginate di incontrare non una, ma ben due malattie rare nello stesso paziente, un giovane ragazzo. Sto parlando dell’Anemia Aplastica Grave Severa (SAA) e della Malattia di Wilson (WD). Due condizioni complesse e, sulla carta, slegate tra loro. Ma è davvero così? Seguite il mio racconto e cerchiamo di capirci qualcosa insieme.

Un esordio preoccupante: quando il sangue non risponde

Tutto inizia con un ragazzo di 15 anni che arriva da noi con delle petecchie, quelle piccole macchioline rosse sulla pelle, sparse un po’ ovunque. Gli esami del sangue parlano chiaro: anemia e piastrine bassissime (pancitopenia), un campanello d’allarme importante. Il midollo osseo, la “fabbrica” delle cellule del sangue, appare quasi deserto (ipoplasia), confermando il sospetto di Anemia Aplastica Grave.

L’anemia aplastica è una brutta bestia: il midollo smette di produrre abbastanza cellule del sangue, lasciando l’organismo vulnerabile a infezioni, emorragie e stanchezza cronica. Può essere acquisita o congenita, e distinguerle nei giovani non è sempre facile. A complicare le cose, il nostro paziente non risponde alle terapie iniziali, come i farmaci che stimolano il midollo (eltrombopag) o la terapia immunosoppressiva (IST), spesso efficace nelle forme acquisite. Questo ci fa drizzare le antenne: c’è forse qualcosa di più sotto?

La genetica svela un doppio mistero

Decidiamo di andare a fondo con un’analisi genetica completa, il Sequenziamento dell’Intero Esoma (WES). Ed ecco la sorpresa: emergono mutazioni in due geni diversi, legati a due malattie distinte!

  • Mutazioni nel gene ATP7B: Il ragazzo ha ereditato due varianti patogenetiche di questo gene, una dal padre e una dalla madre. Queste mutazioni sono la causa della Malattia di Wilson, una rara malattia metabolica ereditaria.
  • Una variante nel gene TERT: Ereditata dalla madre, questa variante è classificata come di “significato clinico incerto” (VUS). Il gene TERT è cruciale per la manutenzione dei telomeri, le estremità protettive dei nostri cromosomi. Mutazioni in TERT sono associate alle Sindromi da Telomeri Corti (STS), come la Discheratosi Congenita (DC), che spesso si manifesta proprio con insufficienza midollare.

Ci troviamo quindi di fronte a una doppia diagnosi: Anemia Aplastica Grave e Malattia di Wilson. Ma non solo, c’è anche il sospetto che la SAA possa essere legata a una sindrome da telomeri corti, data la variante TERT e la successiva misurazione dei telomeri, che risultano effettivamente accorciati nel nostro paziente.

Visualizzazione al microscopio di cellule del midollo osseo ipoplasico affiancata a una rappresentazione grafica di una doppia elica del DNA con mutazioni nei geni ATP7B e TERT evidenziate. Stile macro fotografia, lente 100mm, alta definizione, illuminazione da laboratorio controllata.

Affrontare la Malattia di Wilson: una corsa contro il tempo

La Malattia di Wilson impedisce al corpo di smaltire correttamente il rame, che si accumula pericolosamente nel fegato, nel cervello e in altri organi. Anche se il nostro paziente non aveva sintomi evidenti di WD (era asintomatico), alcuni segnali c’erano: fegato leggermente ingrossato e, all’esame oculistico, i tipici anelli di Kayser-Fleischer (depositi di rame nella cornea).

La diagnosi precoce è fondamentale. Abbiamo subito iniziato una terapia per eliminare il rame in eccesso (terapia chelante), scegliendo farmaci con minor rischio di tossicità midollare, visto il quadro di anemia aplastica già presente. Fortunatamente, dopo alcuni mesi, i livelli di rame sono tornati sotto controllo.

Il dilemma: SAA acquisita o congenita? E che ruolo ha Wilson?

Qui le cose si complicano. La SAA del nostro paziente è una forma acquisita, magari scatenata da un meccanismo autoimmune (anche se non ha risposto all’IST), oppure è la manifestazione di una STS sottostante, legata alla variante TERT e ai telomeri corti? La variante TERT è “incerta”, quindi non possiamo esserne sicuri, ma il sospetto rimane forte, soprattutto visto il fallimento delle terapie standard per la SAA acquisita.

E la Malattia di Wilson? C’entra qualcosa con l’insufficienza midollare? L’accumulo di rame può danneggiare i globuli rossi e causare anemia emolitica. Inoltre, interferisce con il metabolismo del ferro, contribuendo all’anemia. Addirittura, alcuni farmaci usati per la WD (come la D-penicillamina, che noi abbiamo evitato) possono avere effetti tossici sul midollo osseo. Esiste anche un’ipotesi affascinante: alcuni studi suggeriscono che metalli tossici come il rame potrebbero influenzare negativamente la lunghezza dei telomeri. Nel nostro caso, però, i telomeri non si sono allungati dopo la terapia chelante, lasciando la questione aperta. C’è una connessione nascosta tra TERT, rame e insufficienza midollare? Al momento, non abbiamo prove dirette.

La soluzione: un trapianto per ripartire

Vista la gravità della SAA e la mancata risposta alle terapie, l’unica strada percorribile era il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche (Allo-HSCT). Abbiamo utilizzato le cellule staminali del padre (donatore aploidentico). È stata la scelta giusta: il trapianto ha funzionato! Il midollo osseo del ragazzo ha ripreso a funzionare a pieno regime, rendendolo indipendente dalle trasfusioni.

Conclusioni: un caso unico che apre nuove domande

Questo caso è eccezionale, il primo descritto in letteratura con la coesistenza di SAA (con sospetta componente da telomeri corti) e Malattia di Wilson. Il successo del trapianto combinato alla terapia chelante dimostra che gestire queste complessità è possibile.

Tuttavia, rimangono domande aperte:

  • Esiste un legame biologico tra il metabolismo del rame alterato (WD) e l’insufficienza midollare o l’accorciamento dei telomeri?
  • La variante TERT, pur classificata come incerta, ha giocato un ruolo decisivo nello sviluppo della SAA in questo paziente?

Anche se abbiamo propeso per una diagnosi di SAA acquisita, la presenza della variante TERT e dei telomeri corti suggerisce una possibile predisposizione genetica che ha reso il trapianto l’opzione terapeutica più indicata fin dall’inizio. Il ragazzo ora sta bene, ma dovrà essere monitorato attentamente, sia per le possibili complicanze a lungo termine legate alle STS (se presenti) sia per quelle post-trapianto.

Questa storia ci insegna quanto sia importante non fermarsi alla prima diagnosi, soprattutto nei casi complessi, e quanto la genetica possa svelare scenari inaspettati, spingendoci a cercare sempre nuove connessioni e le migliori strategie terapeutiche personalizzate.

Fonte: Springer

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