Ernia incisionale addio? L’anastomosi intracorporea fa la differenza nella colectomia destra laparoscopica!
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che sta molto a cuore a noi chirurghi e, soprattutto, ai nostri pazienti: come minimizzare le complicanze dopo un intervento. In particolare, ci concentreremo su un “fastidio” non da poco che può presentarsi dopo una colectomia destra laparoscopica: l’ernia incisionale. Sapete, quella specie di “bozzo” che può formarsi sulla cicatrice. Non solo è un problema estetico, ma può dare dolore, fastidio e, nei casi peggiori, richiedere un nuovo intervento. Un bel grattacapo, insomma!
La chirurgia mini-invasiva (MIS) ha rivoluzionato il nostro modo di operare, specialmente per i tumori del colon-retto. Piccole incisioni, recupero più rapido, meno dolore… i vantaggi sono noti. E sì, anche il rischio di ernia incisionale si è ridotto rispetto alla chirurgia tradizionale “aperta”. Però, attenzione, il rischio di sviluppare un’ernia sul sito dove estraiamo il pezzo chirurgico (la cosiddetta minilaparotomia) non è affatto trascurabile, con incidenze che possono arrivare fino al 13%!
Il dilemma dell’anastomosi: dentro o fuori?
Quando eseguiamo una colectomia destra laparoscopica (LRC), cioè l’asportazione della parte destra del colon, arriva un momento cruciale: la ricostruzione della continuità intestinale, ovvero l’anastomosi. Qui la tecnica non è ancora del tutto standardizzata e c’è un dibattito aperto: meglio farla intracorporea (ICA) o extracorporea (ECA)?
Vi spiego brevemente:
- Con l’anastomosi extracorporea (ECA), dopo aver isolato e tagliato la parte di intestino da rimuovere, si allarga una delle piccole incisioni (spesso quella ombelicale) per estrarre il pezzo e confezionare la sutura tra i due monconi intestinali “fuori” dalla pancia. È tecnicamente più semplice, ma ci vincola un po’ sulla scelta del sito di estrazione.
- Con l’anastomosi intracorporea (ICA), invece, tutta la procedura di sutura avviene “dentro” l’addome, usando strumenti laparoscopici avanzati. Solo alla fine si estrae il pezzo da un’incisione che possiamo scegliere con maggiore libertà. Questa tecnica è più complessa, richiede una certa manualità e abilità con le suture laparoscopiche. Qualcuno teme anche un maggior rischio di infezioni per possibile contaminazione fecale, ma i dati sono contrastanti.
Il vantaggio principale dell’ICA, oltre a un campo operatorio ottimale e minor trazione sui tessuti, è proprio questa flessibilità nella scelta del sito per la minilaparotomia. E perché è importante? Lo vedremo tra poco!
Il nostro studio: cosa abbiamo scoperto?
Presso la Divisione di Chirurgia Generale ed Epatobiliare dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Verona, abbiamo voluto vederci chiaro. Abbiamo analizzato retrospettivamente i dati di pazienti operati per neoplasia del colon tra aprile 2013 e gennaio 2024. L’obiettivo? Confrontare l’incidenza di ernia incisionale tra chi aveva ricevuto un’anastomosi intracorporea e chi una extracorporea.
Abbiamo incluso 192 pazienti: 94 con ICA e 98 con ECA. I due gruppi erano molto simili per età, indice di massa corporea (BMI), patologie preesistenti e stadio del tumore. Insomma, un confronto alla pari.
E i risultati? Beh, sono stati piuttosto eloquenti!
- Il gruppo ICA ha mostrato una tendenza (anche se non statisticamente significativa al pelo, p=0.052) a una minor incidenza di ileo postoperatorio (quel fastidioso blocco intestinale temporaneo).
- Ma soprattutto, i pazienti del gruppo ICA hanno avuto una degenza ospedaliera significativamente più breve (mediana di 4 giorni contro 6, p=0.003). Già questo è un bel vantaggio!
Ma veniamo al dunque: l’ernia incisionale. Qui la differenza è stata netta:
- Nel gruppo con anastomosi intracorporea (ICA), NESSUNA ernia incisionale si è verificata nel sito della minilaparotomia. Zero! L’unico caso di ernia in questo gruppo (1.1% del totale ICA) si è presentato sul sito del trocar ombelicale (uno dei piccoli buchini per gli strumenti).
- Nel gruppo con anastomosi extracorporea (ECA), ben il 13.3% dei pazienti ha sviluppato un’ernia incisionale nel sito della minilaparotomia (p<0.001). Una differenza che parla da sé!
Perché questa enorme differenza? La chiave è il sito!
Vi ricordate la flessibilità nella scelta del sito di estrazione con l’ICA? Ecco il punto! Con l’ICA, nel nostro studio abbiamo preferito un’incisione sovrapubica trasversale nell’80.9% dei casi. Con l’ECA, invece, l’incisione era transombelicale nel 94.9% dei casi.
L’area ombelicale è intrinsecamente più debole. Non ha uno strato muscolare continuo e si affida principalmente alla linea alba per il rinforzo. Questo la rende più suscettibile alla formazione di ernie. L’incisione sovrapubica, invece, tende ad essere più robusta.
L’analisi statistica multivariata (quella che tiene conto di tanti fattori insieme) ha confermato che due elementi sono risultati fattori di rischio indipendenti per lo sviluppo di ernia incisionale:
- Le complicanze generali postoperatorie (OR 4.1).
- L’anastomosi extracorporea (OR 15.4!). Un valore altissimo, che ci dice quanto questa tecnica, o meglio, la necessità di usare spesso l’incisione ombelicale per essa, sia legata al problema.
L’anastomosi intracorporea, quindi, è emersa come un fattore protettivo significativo e indipendente contro l’ernia incisionale.
Tiriamo le somme: una scelta che conta
Certo, l’ICA è tecnicamente più impegnativa. Richiede una curva di apprendimento e abilità di sutura laparoscopica avanzate. Alcuni studi in passato hanno anche sollevato dubbi su tempi operatori più lunghi o un rischio maggiore di deiscenza anastomotica (la temuta “apertura” della sutura). Nella nostra esperienza, però, non abbiamo avuto un aumento significativo dei tempi operatori e non abbiamo registrato casi di deiscenza anastomotica (va detto che i pazienti rioperati sono stati esclusi dall’analisi, ma erano distribuiti equamente nei due gruppi, quindi non dovrebbero aver influenzato i risultati sull’ernia).
I vantaggi, come una più rapida ripresa della funzione intestinale e una degenza ridotta, sono stati osservati anche da altri. Ma il dato sulla drastica riduzione dell’ernia incisionale è, a mio parere, potentissimo.
L’ernia incisionale non è solo un “difetto estetico”. Impatta sulla qualità della vita, sulla funzione fisica e comporta costi aggiuntivi per il sistema sanitario. Prevenirla dovrebbe essere un obiettivo chiave della chirurgia mini-invasiva. In un’epoca in cui la MIS ci permette di ridurre lo stress chirurgico e le complicanze, l’ernia incisionale suona quasi come un fallimento del trattamento.
Certo, il nostro studio ha dei limiti: è retrospettivo e il campione non è gigantesco. Tuttavia, la standardizzazione della tecnica chirurgica, la somiglianza dei gruppi e un follow-up attento ci danno una buona confidenza nei risultati. E, per quanto ne sappiamo, è uno dei pochi studi che analizza specificamente l’ernia incisionale dopo LRC in relazione alla tecnica anastomotica, considerando i fattori confondenti.
In conclusione, se mi chiedete un parere, la significativa riduzione del rischio di ernia incisionale associata all’ICA dovrebbe essere un fattore trainante per l’adozione di questa tecnica, a patto ovviamente di garantire tassi di complicanze anastomotiche comparabili. Forse è ora di considerare l’anastomosi intracorporea non più come una “variante per esperti”, ma come uno standard a cui tendere per offrire ai nostri pazienti il miglior risultato possibile, anche a lungo termine.
Fonte: Springer