Berberina e Co.: Smascherare i Nuovi Nemici di E. coli con l’Intelligenza Artificiale e Simulazioni Molecolari
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel mondo della ricerca, un’avventura che unisce la saggezza antica delle piante medicinali con la potenza delle tecnologie più moderne. Parleremo di un nemico invisibile ma temibile, l’Escherichia coli (o E. coli, per gli amici), e di come stiamo cercando nuove armi per combatterlo, soprattutto ora che i vecchi antibiotici iniziano a perdere colpi.
La Minaccia Silenziosa: l’Antibiotico-Resistenza e E. coli
Partiamo dal problema. E. coli è un batterio che molti di noi ospitano tranquillamente nel proprio intestino. La maggior parte delle volte è innocuo, fa parte della nostra flora naturale. Ma alcuni ceppi, chiamati ExPEC (Extraintestinal pathogenic E. coli), sono dei veri e propri piantagrane. Possono causare infezioni urinarie, setticemie e persino meningiti. E il problema si fa serio quando questi batteri diventano resistenti agli antibiotici.
Avete presente i cosiddetti “farmaci miracolosi”? Ecco, li abbiamo usati (e a volte abusati) così tanto che molti batteri hanno imparato a difendersi. L’antibiotico-resistenza (AMR) è una delle sfide sanitarie più grandi del nostro tempo. Pensate che nel 2019 ha causato quasi 5 milioni di morti nel mondo, più del doppio del COVID-19 nel 2020! E le proiezioni future sono spaventose. Dobbiamo trovare urgentemente nuove strategie. Invece di puntare sempre sui soliti bersagli, perché non cercare nuovi punti deboli nei batteri?
Un Tallone d’Achille Batterico: La Proteina FtsZ
Ed è qui che entra in gioco la nostra protagonista: una proteina chiamata FtsZ. Immaginatela come il “capocantiere” della divisione cellulare batterica. Quando un batterio deve duplicarsi, FtsZ si assembla formando un anello (lo Z-ring) proprio al centro della cellula. Questo anello agisce da impalcatura, richiamando altre proteine necessarie per costruire il “muro” divisorio e dare vita a due cellule figlie identiche.
La cosa fantastica è che FtsZ è essenziale per quasi tutti i batteri, incluso il nostro E. coli, ed è molto conservata tra le varie specie. Se riusciamo a bloccare FtsZ, blocchiamo la divisione cellulare e, di conseguenza, l’infezione. E c’è un altro vantaggio non da poco: FtsZ assomiglia un po’ alla tubulina delle nostre cellule (quella che forma il citoscheletro), ma è abbastanza diversa da far sperare che un farmaco mirato a FtsZ non danneggi troppo le cellule umane. Meno tossicità, più efficacia: il sogno di ogni farmacologo!
L’Ispirazione dalla Natura: la Berberina
Da dove partire per trovare un inibitore di FtsZ? A volte, la natura ci offre già degli spunti. La berberina è un alcaloide naturale, estratto da alcune piante e usato da secoli nella medicina tradizionale cinese e dei nativi americani. Ha dimostrato di avere proprietà antimicrobiche, antifungine e antivirali. Studi precedenti hanno suggerito che la berberina possa effettivamente inibire FtsZ in alcuni batteri, anche se forse non con una potenza eccezionale contro E. coli.
Ma se la berberina è un punto di partenza, perché non esplorare i suoi “parenti”? Molecole simili, chiamate analoghi della berberina, potrebbero avere strutture leggermente modificate che le rendono ancora più efficaci nel legarsi a FtsZ e bloccarla. E qui inizia la nostra caccia high-tech!

La Caccia Digitale: Machine Learning e Docking Molecolare
Immaginate di avere una libreria con oltre mille analoghi della berberina (nel nostro caso, 1072 per la precisione). Provarli tutti in laboratorio sarebbe lungo e costoso. Ecco che ci viene in aiuto la tecnologia!
Abbiamo usato un approccio combinato, partendo dal machine learning (ML). Abbiamo addestrato un modello al computer (usando un algoritmo chiamato J48, che si è rivelato il migliore) a riconoscere le caratteristiche molecolari che rendono un composto potenzialmente attivo contro FtsZ. È come avere un segugio digitale che fiuta le molecole più promettenti! Questo primo filtro ci ha permesso di selezionare 740 candidati “attivi”.
Ma non basta essere attivi, un buon farmaco deve anche essere “ben educato”: deve poter essere assorbito dal corpo, distribuirsi dove serve, non essere tossico, ecc. (proprietà ADMET). Quindi, abbiamo sottoposto i 740 candidati a un ulteriore screening virtuale usando software specifici (come SwissADME e ProTox). Abbiamo verificato il peso molecolare, la capacità di formare legami idrogeno, la solubilità, l’assorbimento intestinale e, importantissimo, l’assenza di tossicità (epatica, cardiaca, cancerogena, mutagena). Alla fine di questo processo di selezione rigoroso, siamo rimasti con 60 molecole “superstiti”.
Ora arriva il bello: il docking molecolare. È come provare virtualmente le nostre 60 chiavi (le molecole) nella serratura (la proteina FtsZ, la cui struttura 3D è nota, PDB ID: 8GZY). Usando programmi come Autodock Vina e Autodock 4.2.6, abbiamo simulato come ogni molecola si lega al sito attivo di FtsZ, in particolare a una regione chiamata “inter-domain cleft” (IDC), che è cruciale per l’attività della proteina e meno simile alla tubulina umana. Abbiamo calcolato l’energia di legame: più è bassa (più negativa), più forte e stabile è il legame, e maggiore è la probabilità che la molecola sia un buon inibitore.
I Campioni Virtuali: ZINC524729297 e ZINC000604405393
I risultati del docking sono stati entusiasmanti! Cinque composti hanno mostrato energie di legame molto promettenti, migliori persino di quelle della berberina stessa (che aveva -6.59 kcal/mol). Ma due in particolare hanno brillato:
- ZINC000524729297: con un’energia di legame di -8.73 kcal/mol.
- ZINC000604405393: con un’energia di legame di -8.55 kcal/mol.
Questi valori suggeriscono un’affinità di legame molto più alta rispetto alla berberina. Analizzando le interazioni nel dettaglio, abbiamo visto che queste molecole formano più legami idrogeno e interazioni idrofobiche con residui aminoacidici chiave nel sito attivo di FtsZ, “aggrappandosi” più saldamente alla proteina. Ad esempio, ZINC524729297 forma ben quattro legami idrogeno, contro l’unico (o nessuno, a seconda delle analisi) della berberina in alcune simulazioni.

Oltre il Docking: La Prova della Stabilità con la Dinamica Molecolare
Trovare una chiave che entra bene nella serratura è un ottimo inizio, ma dobbiamo essere sicuri che rimanga stabile e funzioni nel tempo. Per questo, abbiamo fatto un passo ulteriore: la simulazione di dinamica molecolare (MD).
Abbiamo preso i complessi proteina-ligando più promettenti (inclusi i nostri due campioni e la berberina come controllo) e li abbiamo messi in un ambiente virtuale che simula le condizioni cellulari (acqua, ioni) per un tempo relativamente lungo (ben 500 nanosecondi!). Usando software potenti come GROMACS, abbiamo osservato come atomi e molecole si muovono e interagiscono. È come girare un filmato molecolare!
Cosa abbiamo guardato?
- RMSD (Root Mean Square Deviation): Misura quanto la struttura della proteina si discosta dalla sua posizione iniziale. Valori bassi indicano maggiore stabilità. I complessi con ZINC524729297 e ZINC000604405393 hanno mostrato RMSD molto bassi (circa 0.475 nm e 0.551 nm), decisamente migliori di quello con la berberina (0.707 nm). Stabili!
- RMSF (Root Mean Square Fluctuation): Misura la flessibilità di ogni singolo amminoacido della proteina. Anche qui, i nostri due candidati hanno mostrato fluttuazioni minori nei punti chiave, suggerendo che stabilizzano la proteina in una conformazione inibita.
- Legami Idrogeno: Abbiamo contato quanti legami idrogeno si formavano e mantenevano nel tempo tra la molecola e la proteina. ZINC524729297 ha mantenuto una media di 2.3 legami idrogeno durante la simulazione, ZINC000604405393 circa 1.2, mentre altri complessi (inclusa la berberina in alcune analisi) ne avevano pochi o nessuno. Più legami stabili, migliore l’interazione.
- Energia di Interazione: Abbiamo calcolato l’energia media dell’interazione tra proteina e ligando durante tutta la simulazione. Ancora una volta, ZINC524729297 (-140.17 kcal/mol) e ZINC000604405393 (-112.89 kcal/mol) hanno mostrato energie molto più favorevoli rispetto alla berberina (-105.64 kcal/mol).
Per essere ancora più sicuri, abbiamo usato tecniche avanzate come il calcolo dell’energia libera di legame MM-PBSA, l’analisi delle componenti principali (PCA), la costruzione del paesaggio di energia libera (FEL) e l’analisi delle correlazioni dinamiche (DCCM). Tutti questi metodi, in modo concorde, hanno confermato che i complessi formati da FtsZ con ZINC524729297 e ZINC000604405393 sono termodinamicamente più stabili e presentano dinamiche conformazionali più contenute rispetto al complesso con la berberina, suggerendo un legame più forte ed efficace. Abbiamo anche analizzato i gruppi funzionali presenti nelle nostre molecole “hit”, notando che possiedono caratteristiche strutturali associate all’attività inibitoria su FtsZ.

Cosa Ci Riserva il Futuro? La Prova del Nove in Laboratorio
Insomma, questa caccia digitale è stata fruttuosa! Abbiamo identificato due analoghi della berberina, ZINC524729297 e ZINC000604405393, che sulla carta (o meglio, sullo schermo del computer!) sembrano essere degli ottimi candidati per inibire la proteina FtsZ di E. coli, molto più promettenti della berberina stessa.
Ma attenzione, questo è un lavoro in silico, cioè basato su simulazioni computazionali. È un punto di partenza potentissimo, che ci ha permesso di vagliare migliaia di possibilità e concentrarci sui candidati migliori, risparmiando tempo e risorse. Ora, però, serve la prova del nove: la validazione sperimentale. Bisognerà sintetizzare queste molecole (se non già disponibili) e testarle in laboratorio (in vitro) per vedere se davvero inibiscono la FtsZ purificata e se fermano la crescita di E. coli in coltura. E poi, se i risultati saranno positivi, si passerà a studi più complessi (in vivo).
Il percorso è ancora lungo, ma i risultati sono incoraggianti. Aver trovato questi potenziali inibitori di FtsZ apre una nuova strada per sviluppare farmaci innovativi contro le infezioni da E. coli, contribuendo alla lotta contro la crescente minaccia dell’antibiotico-resistenza. È la dimostrazione di come l’unione tra chimica, biologia, informatica e un pizzico di ispirazione dalla natura possa portare a scoperte entusiasmanti! Staremo a vedere cosa ci riserveranno i prossimi esperimenti!
Fonte: Springer
