Presenteismo: Esserci Non Basta! Viaggio nella Scienza della Presenza Improduttiva al Lavoro
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un fenomeno tanto diffuso quanto sottovalutato nel mondo del lavoro: il presenteismo. Sembra un parolone, ma in realtà descrive una situazione che molti di noi hanno vissuto o visto: essere fisicamente al lavoro, timbrare il cartellino, sedere alla scrivania… ma avere la testa altrove, essere poco produttivi, magari perché non stiamo bene. Non si tratta di pigrizia, ma di una condizione complessa con radici profonde.
Recentemente, mi sono immerso in un’analisi affascinante proprio su questo tema, utilizzando un approccio chiamato “science mapping”. In pratica, è come creare una mappa del tesoro della ricerca scientifica: abbiamo raccolto ben 2.317 pubblicazioni scientifiche sull’argomento, pubblicate tra il 2000 e il 2023 e indicizzate nel prestigioso database Web of Science. Con l’aiuto di un software specializzato (VOSviewer, per i più tecnici), abbiamo visualizzato e analizzato questa enorme mole di conoscenza per capire chi sono i protagonisti della ricerca sul presenteismo, quali paesi sono più attivi, quali riviste se ne occupano di più, quali sono i temi caldi e, soprattutto, dove la ricerca deve ancora indagare. Pronti a scoprire cosa è emerso?
Ma cos’è davvero il Presenteismo?
Partiamo dalle basi. Il presenteismo è quella situazione in cui un dipendente è fisicamente presente sul posto di lavoro ma non è in grado di svolgere le proprie mansioni in modo efficace, spesso a causa di problemi di salute. Pensate a quante volte magari siete andati in ufficio con un’emicrania lancinante, un mal di schiena fastidioso, un’allergia che non vi dava tregua, o magari sentendovi giù di morale, stressati o ansiosi. Ecco, quello è presenteismo.
Le cause possono essere le più disparate:
- Problemi di salute fisica: emicranie, mal di schiena, artrite, allergie, asma, disturbi gastrointestinali, malattie cardiache, diabete, persino il cancro.
- Problemi di salute mentale: depressione, stress, burnout, ansia.
Ma attenzione, non è solo una questione di salute! Giocano un ruolo cruciale anche fattori individuali e organizzativi. C’è chi va al lavoro anche se malato per stacanovismo (workaholism), per un forte senso del dovere, per attaccamento all’azienda, o semplicemente per necessità economiche. A volte si teme il giudizio dei colleghi o del capo, altre volte si vuole dimostrare lealtà. Anche l’ambiente di lavoro fa la sua parte: politiche di assenza troppo rigide, paura di perdere il posto (job insecurity), mancanza di supporto da parte dell’organizzazione, carichi di lavoro eccessivi o ingiustizie percepite possono spingere le persone a presentarsi al lavoro anche quando non dovrebbero.
Perché lo facciamo? Le Teorie dietro il Presenteismo
Gli studiosi hanno proposto diverse teorie per spiegare questo comportamento apparentemente controintuitivo.
- La Teoria del Comportamento Sanitario suggerisce che le nostre decisioni sono influenzate dalle nostre convinzioni sulla salute, dai benefici percepiti e dalle pressioni esterne.
- La Teoria del Focus Regolatorio ipotizza che lavoriamo anche da malati per allinearci al nostro stile motivazionale: c’è chi è focalizzato sulla “prevenzione” (evitare perdite, come compromettere la salute o il lavoro) e chi sulla “promozione” (perseguire guadagni, come raggiungere obiettivi e ottenere ricompense).
- La Teoria dello Scambio Sociale vede il presenteismo come una risposta a una percezione di “rottura” del contratto psicologico con il datore di lavoro: se sentiamo che l’azienda non ci supporta come dovrebbe, potremmo sentirci comunque obbligati a presentarci.
- Infine, la Teoria Economica analizza come i fattori economici influenzino il fenomeno, considerandolo inefficiente e costoso per le aziende.
Insomma, le ragioni sono complesse e intrecciate.
Chi lo fa di più? Una Fotografia Globale
I dati ci dicono che il presenteismo è un fenomeno globale, ma con differenze notevoli. Secondo un’indagine europea (European Working Conditions Telephone Survey), l’Albania registra il tasso più alto (circa 43%), seguita da Lussemburgo, Francia, Belgio, Cipro e Danimarca (tutti sopra il 30%). E l’Italia? Sorprendentemente, insieme alla Lituania, riporta i tassi più bassi, sotto il 20%. Interessante, vero?
Ci sono anche differenze di genere: le donne (31%) tendono a lavorare da malate più degli uomini (26%), un trend confermato in quasi tutti i paesi. Anche il settore conta: agricoltura (38%), sanità (34%), istruzione (31%) e servizi finanziari (31%) mostrano le incidenze più alte, mentre industria (23%) e trasporti (24%) quelle più basse.
I Costi Nascosti: Perché il Presenteismo è un Problema Serio
Potrebbe sembrare un problema minore, ma le conseguenze del presenteismo sono tutt’altro che trascurabili, sia per i lavoratori che per le aziende.
Per i dipendenti, lavorare in condizioni non ottimali può portare a:
- Depersonalizzazione e minore soddisfazione lavorativa.
- Ridotta capacità lavorativa e minore coinvolgimento (work engagement).
- Aumento dell’esaurimento emotivo (emotional exhaustion).
- Peggioramento della salute fisica e mentale, con rischio di aggravare problemi esistenti o svilupparne di nuovi.
Per le organizzazioni, il conto è salato:
- Perdite di produttività (spesso superiori a quelle causate dall’assenteismo!).
- Maggiori costi legati alla salute.
- Aumento del rischio di incidenti sul lavoro ed errori.
- Impatto negativo sulla qualità di prodotti e servizi.
Insomma, avere persone fisicamente presenti ma non performanti è un costo nascosto mica da ridere!
Mappando la Ricerca: Cosa Abbiamo Scoperto
Torniamo alla nostra analisi di “science mapping”. Cosa ci ha rivelato questa immersione nei dati?
- Autori Chiave: Annelies Boonen (Paesi Bassi) è risultata l’autrice più prolifica (con 32 pubblicazioni), mentre Ronald J. Ozminkowski (USA) è il più influente in termini di citazioni (oltre 1400!). Abbiamo anche identificato reti di collaborazione importanti.
- Paesi Protagonisti: Gli Stati Uniti sono il paese più attivo nella ricerca sul presenteismo (730 articoli, oltre 23.000 citazioni), seguiti da vicino dall’Inghilterra. Europa e Nord America dominano la scena.
- Riviste di Riferimento: Il Journal of Occupational and Environmental Medicine è la rivista leader, sia per numero di articoli che per citazioni. Altre riviste importanti appartengono ai settori della salute pubblica, ambientale e occupazionale, infermieristica, reumatologia, management e psichiatria.
- Temi Principali: Le parole chiave più frequenti e i cluster tematici emersi dall’analisi confermano che la ricerca si concentra su: assenteismo (il “fratello” del presenteismo), produttività lavorativa, qualità della vita, salute sul lavoro e salute mentale (con focus su depressione, stress, burnout, ansia). Anche l’impatto del Covid-19 è un tema emergente.
Abbiamo notato un interesse crescente per l’argomento: il numero di pubblicazioni annuali è aumentato costantemente dal 2008, raggiungendo un picco negli ultimi anni. Questo conferma che la comunità scientifica è sempre più consapevole dell’importanza del presenteismo.
Le Domande Aperte: Lacune e Contraddizioni nella Ricerca
Nonostante la mole di studi, la nostra mappa ha evidenziato anche zone d’ombra e punti interrogativi. Ci sono aree che meritano più attenzione e risultati a volte contraddittori.
Le Lacune (Cosa non sappiamo ancora bene):
- Fattori Personali: Sappiamo molto sui fattori lavorativi, ma l’impatto di caratteristiche individuali come l’autoefficacia, gli atteggiamenti verso la salute, i valori personali e i tratti di personalità (estroversione, coscienziosità, nevroticismo, etc.) sul presenteismo è ancora poco esplorato.
- Interazioni Sociali: Come influenzano il presenteismo gli stili di comunicazione (assertivo, passivo, supportivo), le dinamiche di gruppo (coesione, pressione dei pari) e le norme culturali dell’organizzazione (es. cultura delle “lunghe ore”)? Servono più studi empirici.
- Diversità della Forza Lavoro: In che modo età, genere, etnia e disabilità influenzano il presenteismo? I risultati attuali sono a volte contrastanti (es. giovani più o meno presentiisti? Differenze etniche significative?). L’impatto della disabilità, in particolare, necessita di approfondimenti.
- Misurazione Inconsistente: Esistono diverse scale per misurare il presenteismo (es. Stanford Presenteeism Scale, WPAI), ma spesso si basano sull’autovalutazione (con possibili bias) e la mancanza di standardizzazione rende difficile confrontare i risultati tra studi diversi. Serve un approccio più omogeneo e magari multi-metodo (integrando percezioni soggettive e indicatori oggettivi).
Le Contraddizioni (Dove i risultati non concordano):
- Coinvolgimento dei Dipendenti (Engagement): L’engagement riduce o aumenta il presenteismo? Alcuni studi dicono che i dipendenti più coinvolti sono meno presentiisti, altri l’esatto contrario! Forse l’engagement è sia causa che effetto?
- Supporto Organizzativo: La mancanza di supporto percepito aumenta il presenteismo? La maggior parte degli studi dice di sì, ma alcuni non trovano associazioni significative. Forse dipenderà dal contesto (cultura, leadership)?
- Lavoro Flessibile: Gli orari flessibili aiutano a ridurre il presenteismo o, al contrario, sfumando i confini tra vita privata e lavoro, lo peggiorano? Anche qui, le opinioni divergono.
Queste lacune e contraddizioni non sono un fallimento della ricerca, anzi! Sono stimoli preziosi che indicano dove concentrare gli sforzi futuri per capire ancora meglio questo complesso fenomeno.
Cosa Possiamo Fare? Passi Pratici per Affrontare il Presenteismo
Capire è importante, ma agire lo è ancora di più. La nostra analisi non offre solo spunti teorici, ma anche indicazioni pratiche per aziende, manager e policy maker. Come possiamo mitigare gli impatti negativi del presenteismo?
Ecco alcune raccomandazioni emerse dalla letteratura:
- Interventi Integrati sulla Salute: Non basta curare il sintomo. Servono programmi di benessere aziendale che considerino sia la salute fisica (sonno, alimentazione, esercizio) che la salute mentale (workshop su stress e burnout, supporto psicologico, focus group). Le due cose sono strettamente legate al presenteismo.
- Creare un Ambiente di Lavoro Supportivo: Questo è fondamentale. Significa promuovere una cultura organizzativa positiva, migliorare la comunicazione, garantire equità (stipendi, promozioni), offrire opportunità di sviluppo professionale e monitorare attivamente le situazioni a rischio.
- Leadership Efficace: I manager e i supervisori hanno un ruolo chiave. Devono offrire supporto, incentivi, guida, costruire resilienza nei team e, soprattutto, dare il buon esempio per quanto riguarda atteggiamenti sani verso il lavoro e la malattia.
- Migliorare le Condizioni di Lavoro: Lavorare sull’equilibrio vita-lavoro, garantire orari ragionevoli, aumentare l’autonomia decisionale dei dipendenti e offrire flessibilità (quando possibile e gestita bene) possono fare una grande differenza.
- Promuovere l’Autoconsapevolezza: Aiutare i dipendenti a riconoscere i propri limiti e a prendersi cura di sé è un passo importante.
Investire nel benessere dei dipendenti e in un ambiente di lavoro sano non è solo una questione etica, ma anche una strategia intelligente e, a lungo termine, economicamente vantaggiosa per ridurre sia l’assenteismo che il presenteismo.
In Conclusione: Un Fenomeno da Non Ignorare
Il presenteismo è molto più di un semplice “malessere passeggero” sul posto di lavoro. È una sfida complessa con impatti significativi sulla salute delle persone e sulla performance delle organizzazioni. La nostra analisi, mappando oltre vent’anni di ricerca, ci ha permesso di fotografare lo stato dell’arte, evidenziare i progressi fatti, ma anche illuminare le strade ancora da percorrere.
Abbiamo visto chi guida la ricerca, dove si concentra, quali temi sono centrali e quali, invece, necessitano di maggiore approfondimento (fattori personali, dinamiche sociali, diversità, misurazione). Le contraddizioni emerse ci ricordano che non esistono soluzioni semplici e universali.
Spero che questo viaggio nella scienza del presenteismo vi sia stato utile. È fondamentale che manager, policy maker e ricercatori continuino a collaborare per sviluppare strategie efficaci, basate sull’evidenza, per creare ambienti di lavoro più sani, sostenibili e veramente produttivi, dove “esserci” significhi davvero “contribuire al meglio delle proprie possibilità”.
Fonte: Springer