Immagine concettuale di un'analisi medica avanzata tramite intelligenza artificiale che mostra la composizione corporea da una TAC, con grafici prognostici sovrapposti. Obiettivo prime, 35mm, duotone blu e grigio, profondità di campo.

Melanoma: E se il nostro corpo ci dicesse già tutto sulla prognosi? La TAC svela nuovi segreti!

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi sta davvero a cuore e che, secondo me, potrebbe cambiare le carte in tavola per chi lotta contro il melanoma. Immaginate di poter guardare dentro una persona, non solo per cercare il tumore, ma per capire come il suo corpo sta reagendo e quali sono le sue reali possibilità di farcela. Sembra fantascienza? Forse non più!

Il melanoma, lo sappiamo, è un osso duro. È aggressivo, tende a dare metastasi in fretta e, nonostante i passi da gigante fatti con le terapie immunologiche e quelle mirate, capire chi risponderà meglio e chi avrà una prognosi più difficile è ancora una bella sfida. Certo, abbiamo il sistema TNM, lo stato di performance del paziente (il famoso ECOG), dove sono le metastasi, i livelli di LDH nel sangue… tutti fattori importanti, ma spesso la loro valutazione non è automatica e richiede un’analisi attenta.

La rivoluzione silenziosa: la composizione corporea dalla TAC

E se vi dicessi che una semplice Tomografia Computerizzata (TAC), un esame che i pazienti con melanoma fanno di routine per la stadiazione, potesse nascondere indizi preziosissimi sulla loro sopravvivenza? Proprio così! Negli ultimi anni, grazie ai progressi dell’imaging e del deep learning (DL) – una branca dell’intelligenza artificiale – abbiamo iniziato a capire che la composizione corporea è un fattore prognostico cruciale. Le TAC contengono una marea di dati fisiologici che spesso non vengono sfruttati appieno, informazioni che vanno ben oltre la semplice visualizzazione del tumore primario.

Nel nostro studio, ci siamo concentrati su tre parametri specifici derivati proprio dalle TAC grazie al deep learning:

  • L’Indice di Sarcopenia (SI): misura la massa muscolare. La sarcopenia, ovvero la perdita di massa e funzione muscolare, è spesso associata a prognosi peggiori.
  • L’Indice di Steatosi Muscolare (MFI): valuta l’infiltrazione di grasso nel tessuto muscolare. Anche questa condizione, nota come miosteatosi, non è un buon segno.
  • L’Indice di Grasso Viscerale (VFI): indica il rapporto tra grasso viscerale (quello “cattivo”, attorno agli organi) e grasso sottocutaneo. Un VFI alto è stato correlato a una minore sopravvivenza nel melanoma metastatico.

La cosa bella? A differenza di studi precedenti che si basavano su indicatori un po’ approssimativi come l’Indice di Massa Corporea (BMI) o misurazioni 2D su una singola vertebra (la L3, per i più tecnici), noi abbiamo usato una rete neurale basata su deep learning per segmentare automaticamente i tessuti da intere scansioni TAC. Questo ci ha permesso di ottenere una valutazione completamente volumetrica di SI, MFI e VFI, molto più precisa!

Cosa abbiamo scoperto? I risultati parlano chiaro!

Abbiamo analizzato le TAC basali (cioè quelle fatte all’inizio, al momento della diagnosi) dell’addome e del torace di un gruppo di 495 pazienti. E i risultati sono stati sorprendenti!

L’Indice di Sarcopenia (SI) si è rivelato un vero alleato: un SI più basso (quindi meno massa muscolare rispetto alla massa ossea, usata per normalizzare i dati) era significativamente associato a una sopravvivenza globale (OS) prolungata. Questo valeva sia per le analisi sull’addome (P ≤ 0.0001, HR: 0.36) che sul torace (P ≤ 0.0001, HR: 0.27). In pratica, più muscoli (in proporzione) hai, meglio è!

Al contrario, l’Indice di Steatosi Muscolare (MFI) ha mostrato un legame inverso: un MFI più alto (più grasso nei muscoli) era associato a una prognosi peggiore, sia nelle TAC addominali (P ≤ 0.0001, HR: 1.16) che toraciche (P ≤ 0.0001, HR: 1.08). Questo ha senso, perché la miosteatosi è spesso legata alla cachessia da cancro, un deperimento generale dell’organismo.

Infine, l’Indice di Grasso Viscerale (VFI), analizzato solo sulle TAC addominali (dove il grasso viscerale è più rappresentato), ha confermato il suo ruolo negativo: un VFI più alto era legato a esiti infausti (P ≤ 0.001, HR: 1.90). Il grasso viscerale, infatti, è metabolicamente molto attivo e può contribuire a un’infiammazione cronica di basso grado che non aiuta certo a combattere il tumore.

E per essere sicuri che non fosse un caso, abbiamo fatto una validazione esterna su un altro gruppo di 428 pazienti di un diverso ospedale. Indovinate un po’? I risultati sono stati replicati! Questo ci dà molta fiducia sulla robustezza di questi indicatori.

Un medico oncologo discute i risultati di una TAC con un paziente in uno studio medico moderno e luminoso. Sullo schermo del computer si vede un'immagine 3D della composizione corporea con aree evidenziate per muscoli e grasso. Obiettivo prime, 35mm, profondità di campo, luce naturale.

Quello che mi entusiasma di più è che questo approccio sfrutta le TAC che i pazienti fanno comunque, senza costi aggiuntivi né ulteriori procedure invasive. Immaginate di poter integrare questa analisi della composizione corporea basata sul deep learning direttamente nella routine di stadiazione oncologica. Sarebbe un passo avanti enorme!

Come funziona nel dettaglio? Un’occhiata alla “macchina”

Per quantificare la composizione corporea, abbiamo utilizzato uno strumento chiamato BOA (Body and Organ Analysis), che combina una rete neurale (nnU-Net) con un altro software (TotalSegmentator). Questo sistema riesce a coprire in media il 93% dei voxel (i “pixel” tridimensionali) del corpo, estraendo informazioni su muscoli, ossa, tessuto adiposo intramuscolare e intermuscolare (IMAT), tessuto adiposo viscerale (VAT) e tessuto adiposo totale (TAT).

L’SI è stato calcolato normalizzando la massa muscolare totale rispetto alla massa ossea totale. L’MFI è stato definito come la proporzione di IMAT rispetto al TAT, misurando l’infiltrazione grassa dei tessuti muscolari. Il VFI, come detto, è il rapporto tra VAT e grasso sottocutaneo (SAT).

Abbiamo poi condotto analisi statistiche univariate e multivariate, tenendo conto anche di parametri clinici di base come sesso, stato metastatico (M status) ed età alla diagnosi. I modelli di machine learning che abbiamo addestrato, utilizzando alberi potenziati dal gradiente, sono riusciti a classificare efficacemente i pazienti in gruppi a basso e alto rischio, e l’importanza delle caratteristiche ha sottolineato il ruolo sostanziale dei nostri indici (SI, MFI, VFI) nella predizione del rischio.

In particolare, i modelli che includevano l’SI e l’MFI derivati dall’addome sono risultati i più efficaci nel distinguere i pazienti ad alto rischio da quelli a basso rischio, migliorando significativamente rispetto a un modello base che considerava solo età, sesso e M status.

Implicazioni cliniche e prospettive future

I vantaggi clinici di integrare questa analisi nella pratica quotidiana sono molteplici. Oltre a non appesantire il paziente, permette uno screening “opportunistico” della composizione corporea che va oltre la stadiazione, fornendo una fonte preziosa di informazioni diagnostiche aggiuntive. Questi indici potrebbero migliorare la pianificazione individualizzata del trattamento, portando a decisioni più informate e, potenzialmente, a migliori strategie di gestione del melanoma.

Pensateci: potremmo identificare precocemente i pazienti a maggior rischio di esiti sfavorevoli e intervenire con strategie nutrizionali e fisiche mirate, o semplicemente monitorarli più da vicino. Certo, il nostro studio ha delle limitazioni. Ad esempio, abbiamo usato i valori mediani degli indici come soglia per alcune analisi, e soglie alternative potrebbero dare stratificazioni diverse. Inoltre, non abbiamo incluso variabili cliniche aggiuntive come profili genomici o dettagli sui trattamenti, che potrebbero fornire una comprensione ancora più completa.

Il futuro? Sicuramente esplorare l’analisi longitudinale della composizione corporea, cioè come cambia nel tempo, soprattutto nel contesto delle terapie sistemiche. E poi, integrare più variabili e bilanciare meglio i gruppi di pazienti nelle diverse fasi di malattia.

In conclusione, credo fermamente che l’analisi della composizione corporea basata sul deep learning abbia un valore prognostico significativo nei pazienti con melanoma. L’SI, l’MFI e il VFI forniscono informazioni preziose che possono arricchire il panorama prognostico per questa malattia, aprendo la strada a strategie di trattamento più personalizzate ed efficaci, il tutto senza gravare ulteriormente sui pazienti o sui bilanci sanitari. Una piccola rivoluzione, silenziosa ma potente, che arriva direttamente dalle immagini che già abbiamo.

Fonte: Springer

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