Campi Flegrei: Parliamo di Terremoti e Stress Vulcanico con il “b-value”
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel cuore pulsante di una delle aree vulcaniche più monitorate e discusse al mondo: i Campi Flegrei. Viviamo su un pianeta dinamico, e alcune zone, come questa caldera vicino Napoli, ce lo ricordano costantemente con la loro attività. Negli ultimi decenni, i Campi Flegrei hanno vissuto periodi di “unrest”, cioè di agitazione, caratterizzati da sollevamento del suolo (il famoso bradisismo), sciami sismici e un aumento delle emissioni di gas dal sottosuolo. Due di questi periodi sono stati particolarmente intensi: quello del 1982-1984 e quello iniziato nel 2005 e che, di fatto, è ancora in corso.
Ma come facciamo a capire cosa sta succedendo là sotto? Come interpretiamo i segnali che il vulcano ci manda? Beh, uno degli strumenti più potenti che abbiamo a disposizione è l’analisi della sismicità, e in particolare di un parametro chiamato “b-value”. Sembra un termine tecnico, e lo è, ma cercherò di spiegarvelo in modo semplice e, spero, affascinante. Pensate al b-value come a una sorta di “termometro dello stress” delle rocce.
Ma cos’è questo “b-value” di cui parliamo?
In parole povere, il b-value descrive la relazione tra il numero di terremoti piccoli e il numero di terremoti grandi in una certa area e in un certo periodo.
- Un b-value alto significa che ci sono molti più terremoti piccoli rispetto a quelli grandi. Questo, generalmente, indica che le rocce sono molto fratturate o che lo stress accumulato è relativamente basso, magari perché ci sono fluidi (come gas o acqua surriscaldata) che facilitano lo scivolamento lungo le faglie.
- Un b-value basso, al contrario, suggerisce che la proporzione di terremoti più forti sta aumentando. Questo può indicare che le rocce stanno accumulando più stress, che sono meno fratturate o che le condizioni stanno cambiando in un modo che favorisce rotture più significative.
Capite bene che monitorare come cambia il b-value nel tempo e nello spazio può darci indizi preziosissimi su quello che sta succedendo nel sistema vulcanico.
Nel nostro studio, abbiamo messo a confronto proprio le due grandi crisi recenti dei Campi Flegrei (1982-84 e 2005-2024) analizzando il b-value. E per farlo, abbiamo usato un metodo innovativo, chiamato “b-more positive”. Il vantaggio di questo metodo? È più robusto perché analizza la differenza di magnitudo tra terremoti successivi e non ci costringe a stimare la “magnitudo di completezza” (cioè la magnitudo minima sopra la quale siamo sicuri di registrare tutti i terremoti), un parametro che a volte può essere difficile da definire con precisione e che può influenzare i risultati.
Confrontando Due Crisi: 1982-84 vs. 2005-Presente
Cosa abbiamo scoperto confrontando le due crisi con la lente del b-value? Beh, le differenze ci sono e sono significative!
La crisi attuale (dal 2005) mostra un sollevamento del suolo mediamente più lento rispetto a quella degli anni ’80. Uno penserebbe: “Meno male, forse è meno preoccupante”. Ma attenzione, l’analisi del b-value ci racconta una storia più complessa. Durante la crisi attuale, abbiamo osservato fluttuazioni del b-value molto più ampie, specialmente per i terremoti più superficiali (quelli che avvengono nei primi 2 km di profondità). Cosa significa? Potrebbe indicare che i meccanismi che guidano l’attuale unrest sono, almeno in parte, diversi da quelli della crisi 1982-84. Forse il sistema idrotermale superficiale (quell’insieme di rocce calde imbevute di acqua e gas) sta giocando un ruolo più “turbolento” oggi?
La storia dei Campi Flegrei è lunga e complessa, segnata da eruzioni potenti come quella dell’Ignimbrite Campana (39.000 anni fa) e del Tufo Giallo Napoletano (15.000 anni fa), fino all’ultima eruzione del Monte Nuovo nel 1538. Dal 1950, abbiamo assistito a quattro crisi bradisismiche principali, con un sollevamento totale del suolo che supera i 4 metri! Le crisi del 1950-52 e 1970-72 furono meno documentate sismicamente, ma quelle del 1982-84 e l’attuale sono state caratterizzate da migliaia di terremoti.
Durante la crisi 1982-84, ci furono circa 16.000 eventi registrati, con un sollevamento massimo di 1.8 metri in poco più di due anni. La sismicità si concentrava principalmente sotto Pozzuoli e l’area della Solfatara, a profondità relativamente basse (sopra i 3 km). L’attuale crisi, iniziata nel 2005, ha visto un’accelerazione del sollevamento negli ultimi anni, accompagnata da un’intensa attività sismica (oltre 7700 eventi con magnitudo > 0.0 registrati fino a metà 2024) e un notevole degassamento (circa 5000 tonnellate di CO2 al giorno!). È interessante notare che, sebbene l’unrest attuale sia più lento nel sollevamento, il terremoto più forte registrato finora ((M_d=4.4)) è stato leggermente più energetico del massimo evento degli anni ’80 ((M_d=4.0)).
Mappando lo Stress Sotto i Nostri Piedi
Grazie al metodo CUBITm+ e all’analisi del b-value, siamo riusciti a creare delle vere e proprie “mappe dello stress” tridimensionali sotto i Campi Flegrei per entrambi i periodi. Confrontando queste mappe, abbiamo notato delle zone specifiche dove lo stress sembra essere aumentato durante la crisi attuale rispetto a quella degli anni ’80 (cioè dove il b-value è diminuito, (Delta b > 0)). Queste aree includono:
- La zona sotto il duomo lavico dell’Accademia.
- L’area di Pisciarelli (nota per le sue intense fumarole).
- Una zona a nord-ovest della Solfatara.
- La parte più profonda sotto il porto di Pozzuoli.
Questi “punti caldi” di stress potrebbero indicare dove la crosta sta subendo maggiori tensioni oggi. È come se il sistema stesse “spingendo” in punti leggermente diversi o con intensità differente rispetto al passato. Un ruolo chiave in tutto questo sembra giocarlo il cosiddetto “caprock”, uno strato di roccia più compatta e meno permeabile, osservato vicino alla superficie (attorno a 1.5-2 km di profondità), che potrebbe influenzare come i fluidi e lo stress si distribuiscono nel sottosuolo. Molti dei terremoti analizzati sembrano avvenire proprio all’interno o vicino a questo strato.
Un’altra osservazione interessante, confermata anche in altre aree tettoniche del mondo, è che il b-value tende a diminuire con la profondità in entrambi i periodi. Questo è generalmente interpretato come un riflesso dell’aumento dello stress man mano che si scende nella crosta terrestre. Le rocce più profonde sono sottoposte a pressioni maggiori e tendono a rompersi generando terremoti proporzionalmente più grandi (b-value più basso).
Guardando l’Orologio: Come Cambia lo Stress nel Tempo?
Non ci siamo limitati a fare una fotografia statica, ma abbiamo guardato anche come il b-value è cambiato nel corso del tempo durante le due crisi, separando i terremoti superficiali (< 2 km) da quelli più profondi (> 2 km). Anche qui, le differenze sono istruttive.
Nella crisi 1982-84:
- Il b-value per l’intero set di dati mostrava grandi fluttuazioni.
- I terremoti più profondi avevano fluttuazioni minori e mostravano una tendenza iniziale alla diminuzione del b-value (aumento dello stress), per poi stabilizzarsi.
- L’attivazione della sismicità profonda è stata relativamente rapida dopo l’inizio della crisi.
Nella crisi 2005-2024:
- Le fluttuazioni del b-value per l’intero set di dati sono minori, ma quelle per i terremoti superficiali sono notevolmente più ampie, soprattutto dal 2018 in poi.
- Il b-value superficiale tende mediamente ad aumentare, ma con picchi e valli molto pronunciati.
- Il b-value profondo ha mostrato una tendenza alla diminuzione (aumento dello stress) fino a metà 2023 circa, per poi risalire leggermente con maggiori fluttuazioni.
- C’è stato un notevole ritardo nell’attivazione significativa della sismicità profonda rispetto all’inizio dell’unrest (parliamo di anni!).
Queste differenze temporali, soprattutto il ritardo della sismicità profonda nell’attuale crisi e le grandi fluttuazioni superficiali, suggeriscono dinamiche complesse. Forse la fratturazione del caprock e l’intrusione di fluidi caldi nel sistema idrotermale superficiale ((z < 2) km) inducono prima la sismicità lì, e solo quando lo stress si accumula (o viene trasferito verso il basso) si attivano le strutture più profonde.
Cosa Significa Tutto Questo? Tentativi di Interpretazione
Mettendo insieme tutti i pezzi del puzzle – le differenze spaziali, le fluttuazioni temporali, il confronto tra le due crisi – possiamo provare a delineare uno scenario. L’ipotesi è che l’attuale unrest, pur guidato da processi simili a quelli degli anni ’80 (probabilmente legati a gas magmatici che risalgono da profondità maggiori e interagiscono con il sistema idrotermale), stia avvenendo in un sistema che ha “memoria” della crisi precedente e forse con condizioni leggermente diverse.
Le maggiori fluttuazioni del b-value superficiale oggi potrebbero essere legate a variazioni più rapide e intense della pressione e della temperatura nel sistema idrotermale, forse a causa di un flusso di gas più “pulsante” o di una diversa interazione con le acque sotterranee. Il ritardo nell’attivazione della sismicità profonda potrebbe indicare che ci è voluto più tempo perché lo stress raggiungesse il livello critico per rompere quelle rocce, forse perché le vie di risalita dei fluidi sono diverse o perché le rocce stesse hanno proprietà meccaniche leggermente cambiate.
Perché il sollevamento attuale è mediamente più lento? Le ipotesi sono diverse:
- Forse il calore si diffonde più lentamente nel sistema idrotermale rispetto agli anni ’80.
- Forse la rete di fratture è più sviluppata oggi, permettendo ai gas di sfuggire più facilmente (degassamento) senza accumulare la stessa pressione che causa il sollevamento.
- Forse la composizione chimica dei gas in risalita (ad esempio il rapporto CO2/H2O) è cambiata, influenzando l’efficienza con cui l’energia termica si traduce in pressione e deformazione.
Quello che è certo è che l’analisi del b-value si conferma uno strumento diagnostico potentissimo. Non ci dice *se* o *quando* ci sarà un’eruzione, sia chiaro, ma ci aiuta a “sentire il polso” del vulcano, a capire come lo stress si distribuisce e si evolve nel tempo e nello spazio. È un tassello fondamentale nel complesso mosaico del monitoraggio vulcanico, che ci permette di seguire da vicino l’evoluzione di un sistema affascinante e potenzialmente pericoloso come quello dei Campi Flegrei. Continuare a monitorare questi parametri, affinando le tecniche di analisi, è cruciale per migliorare la nostra comprensione e la nostra capacità di valutazione.
Fonte: Springer