Zampe Storte nei Puledri? Forse Abbiamo Nuove Carte da Giocare (Senza Scomodare gli Antibiotici!)
Ciao a tutti, appassionati di cavalli e curiosi di scienza! Oggi voglio parlarvi di un problema che, ahimè, è piuttosto comune nei nostri amici puledri: le deformità flessorie degli arti. Immaginatevi un puledrino appena nato, tutto zampe lunghe e incerte, che però presenta una o più articolazioni, come il nodello o il pastorale, che non si stendono come dovrebbero. Queste possono essere congenite, cioè presenti dalla nascita, o acquisite poco dopo.
Da un bel po’ di tempo, uno dei trattamenti conservativi più gettonati è la somministrazione endovenosa di ossitetraciclina (OTC). Questo farmaco, un antibiotico appartenente alla famiglia delle tetracicline, ha mostrato un effetto “rilassante” sull’unità muscolo-tendinea dei puledri. L’ipotesi più accreditata è che l’OTC agisca inibendo le metalloproteinasi di matrice (MMP), enzimi che giocano un ruolo chiave nel rimodellamento del collagene nei tendini. Frenando questi enzimi, si rende il tendine un po’ più “cedevole” alla trazione.
L’Ossitetraciclina: Un’Amica con Qualche “Ma”
L’effetto benefico dell’OTC sulle deformità flessorie è stato scoperto quasi per caso negli anni ’70 e descritto meglio negli anni ’80. Studi successivi hanno confermato questi primi riscontri. Tuttavia, l’uso dell’OTC per questa indicazione solleva qualche perplessità. Innanzitutto, stiamo parlando di un antibiotico. Le linee guida moderne sull’uso prudente degli antimicrobici ci dicono, giustamente, di limitare il loro impiego alle infezioni batteriche per contrastare il fenomeno dell’antibiotico-resistenza. Usare un antibiotico per un problema non infettivo è una pratica che andrebbe riservata a casi molto specifici e ben ponderati.
In secondo luogo, la dose di OTC necessaria per trattare le deformità flessorie (parliamo di 40-70 mg/kg di peso corporeo) è significativamente più alta rispetto a quella usata per le sue proprietà antimicrobiche (circa 6.6 mg/kg). Questo aumento di dosaggio porta con sé un rischio maggiore di effetti collaterali potenzialmente gravi per i puledri, come l’insufficienza renale acuta. Insomma, una soluzione efficace, ma non priva di ombre.
La Caccia a Nuove Soluzioni: L’Obiettivo del Nostro Studio
Ecco che entra in gioco la ricerca! Data l’importanza etica, clinica ed economica di trovare alternative più sicure e mirate, ci siamo chiesti: esistono sostanze che potrebbero mimare l’azione dell’OTC sui tendini, magari agendo sempre come inibitori delle MMP, ma senza avere proprietà antibiotiche? E, soprattutto, queste sostanze sarebbero sicure per le cellule dei tendini dei puledri?
Per rispondere a queste domande, abbiamo condotto uno studio preliminare in vitro, cioè in laboratorio. L’obiettivo era duplice:
- Isolare e caratterizzare i miofibroblasti (le cellule protagoniste nei tendini e nei legamenti giovani) prelevati dal tendine flessore digitale superficiale (TFDS) e dal legamento accessorio del tendine flessore digitale profondo (LA-TFDP, noto anche come briglia carpica) di puledri.
- Valutare l’effetto di alcune sostanze candidate sulla vitalità e sulla capacità di proliferazione di queste cellule.
Le sostanze che abbiamo messo alla prova sono state:
- Incyclinide e Ilomastat: due inibitori delle MMP.
- Aprotinina: un inibitore delle proteasi con attività anche sulle MMP.
- Pentossifillina: una xantina derivata, usata in medicina equina per problemi vascolari, che ha dimostrato anch’essa proprietà di inibizione delle MMP.
- β-aminopropionitrile fumarato (BAPN): un agente latirogeno, che agisce interferendo con la formazione dei legami crociati del collagene, rendendolo meno resistente.
L’ossitetraciclina stessa è stata usata come controllo positivo, insieme al normale terreno di coltura delle cellule.

Cosa Abbiamo Scoperto in Laboratorio?
Innanzitutto, siamo riusciti a isolare e coltivare i miofibroblasti dai tessuti dei puledri. L’aspetto al microscopio e il profilo immunoistochimico (cioè la presenza di specifiche proteine come il collagene di tipo I e III e l’alfa-actina muscolare liscia, α-SMA) erano compatibili con quelli tipici dei miofibroblasti di tendini e legamenti. È interessante notare che abbiamo osservato una certa variabilità nell’espressione di α-SMA tra le cellule del TFDS e quelle del LA-TFDP, il che potrebbe suggerire differenze nel loro potenziale contrattile, ma serviranno studi più ampi per confermarlo.
E veniamo al dunque: come si sono comportate le cellule a contatto con le nostre sostanze candidate? I test di vitalità (MTS assay) e di proliferazione (Crystal Violet assay) hanno dato risultati molto incoraggianti! Nessuna delle sostanze testate, alle concentrazioni utilizzate, ha mostrato un impatto negativo significativo sulla vitalità o sulla capacità di proliferazione dei miofibroblasti rispetto al controllo con solo terreno di coltura. In pratica, si sono dimostrate biocompatibili, proprio come l’ossitetraciclina nel nostro esperimento.
Questo è un primo passo fondamentale. Prima di poter pensare di usare un farmaco, dobbiamo essere ragionevolmente sicuri che non sia tossico per le cellule bersaglio. E, nel nostro caso, sembra che queste alternative non lo siano, almeno in vitro e alle dosi testate.
Limiti e Prospettive Future: La Strada è Ancora Lunga
Certo, è importante sottolineare che questo è uno studio preliminare. Le concentrazioni dei farmaci che abbiamo usato sono state scelte basandoci sulla letteratura scientifica esistente, ma la concentrazione ottimale da somministrare a un puledro per ottenere l’effetto desiderato potrebbe essere diversa. Inoltre, il fatto che una sostanza sia sicura per le cellule in una piastra di Petri non significa automaticamente che sia sicura ed efficace in un organismo vivente complesso come un puledro.
Un altro aspetto da considerare è il solvente. Alcune sostanze sono state disciolte in dimetilsolfossido (DMSO). Abbiamo verificato che il DMSO all’1% (la concentrazione massima usata per sciogliere i farmaci) non fosse tossico per le cellule, ma concentrazioni più alte (10%, usato come controllo negativo) hanno mostrato, come atteso, un effetto negativo.
Il prossimo passo cruciale sarà quello di verificare se queste sostanze promettenti hanno effettivamente la capacità di inibire la contrazione dei miofibroblasti equini giovani in un sistema in vitro che mima meglio l’ambiente tendineo (ad esempio, un gel di collagene). Se i risultati saranno positivi, si aprirà la strada a studi più complessi per valutare gli effetti collaterali, la farmacocinetica (come il farmaco viene assorbito, distribuito, metabolizzato ed eliminato dall’organismo) e la farmacodinamica (come il farmaco agisce sull’organismo) nei puledri.

In conclusione, anche se la strada per trovare un’alternativa all’ossitetraciclina per il trattamento delle deformità flessorie nei puledri è ancora lunga e richiede ulteriori indagini, i nostri risultati preliminari sulla biocompatibilità di alcuni inibitori delle MMP e del BAPN con i miofibroblasti tendinei e legamentosi giovanili sono decisamente un buon punto di partenza. Speriamo che questa ricerca possa, un giorno, portare a terapie più mirate, più sicure e che ci permettano di riservare gli antibiotici solo per le battaglie in cui sono veramente indispensabili. Incrociamo le dita (o, meglio, gli zoccoli!) per i nostri amici puledri!
Fonte: Springer
