Primo piano estremo fotorealistico di un occhio umano miope. L'iride è a fuoco, ma si intravede un riflesso dettagliato della retina periferica attraverso la pupilla dilatata, suggerendo l'esame con imaging a campo ultra-ampio. Illuminazione drammatica stile film noir, con forti contrasti e ombre definite. Profondità di campo molto ridotta. Obiettivo prime 35mm.

Occhio Miope Allungato: Il Mistero delle Macchie Svelato dall’Ultra-Widefield?

Ciao a tutti! Sono qui oggi per parlarvi di qualcosa che mi affascina enormemente nel mio campo, l’oftalmologia, e che riguarda molti di noi: la miopia. Ma non parleremo solo di occhiali e lenti a contatto. Andremo più a fondo, letteralmente, dentro l’occhio, per esplorare delle particolari alterazioni della retina chiamate lesioni “Bianche e Scure Senza Pressione” (in inglese, White and Dark Without Pressure, o WDWP). Cosa c’entra la miopia? E come fa una tecnologia pazzesca come l’imaging a campo ultra-ampio (UWF) a svelarci nuovi segreti? Mettetevi comodi, iniziamo questo viaggio!

Cosa sono queste strane macchie WDWP?

Immaginate la retina, il “sensore” del nostro occhio, come una pellicola fotografica ultrasensibile. A volte, soprattutto nella sua parte più esterna, la periferia, possono comparire delle aree dall’aspetto particolare. Le lesioni “Bianche Senza Pressione” (WWOP) appaiono come chiazze biancastre traslucide, mentre quelle “Scure Senza Pressione” (DWOP) sono aree più scure, grigiastre o marroni (più comuni nelle persone di origine africana). La cosa importante è che queste alterazioni non sono causate da una pressione meccanica diretta sull’occhio.

Sono spesso associate a una degenerazione della retina periferica e, anche se di solito non danno sintomi (sono asintomatiche), la loro presenza potrebbe indicare una certa fragilità strutturale in quella zona. Pensateci: se l’occhio si allunga, come succede nella miopia, la retina viene “stirata”, soprattutto ai bordi. Questo stress meccanico, forse combinato a fattori vascolari, potrebbe essere la chiave. Ma come e dove si formano esattamente queste WDWP? È qui che entra in gioco la tecnologia.

La nostra indagine: Occhi miopi sotto la lente (Ultra-Widefield!)

Per capirci di più, abbiamo condotto uno studio retrospettivo, cioè analizzando dati già raccolti. Abbiamo esaminato ben 2.940 occhi di 1.470 pazienti che si erano sottoposti a chirurgia refrattiva (interventi come LASIK, SMILE, PRK o ICL per correggere la miopia) presso il Centro Oculistico dell’Università di Pechino. Perché proprio loro? Perché avevamo a disposizione dati preziosi, tra cui la misurazione esatta della lunghezza dell’occhio (la famosa lunghezza assiale) e, soprattutto, immagini dettagliatissime della retina ottenute con l’imaging a campo ultra-ampio (UWF).

Questa tecnologia è fantastica perché ci permette di vedere una porzione vastissima della retina, fino alla periferia più estrema, cosa impensabile con le tecniche tradizionali. È come passare da una foto standard a una panoramica a 360 gradi! Abbiamo quindi “mappato” la retina di ogni occhio, dividendola in 12 settori, per vedere esattamente dove si trovavano le lesioni WDWP (se presenti) e quanto erano estese. L’obiettivo era chiaro: cercare correlazioni tra la presenza, la posizione e l’estensione di queste lesioni e la lunghezza assiale dell’occhio.

Immagine fotorealistica di un oftalmologo che esamina attentamente un'immagine retinica a campo ultra-ampio (UWF) su uno schermo ad alta definizione. La stanza è in penombra, mettendo in risalto i dettagli luminosi della scansione retinica. Utilizzo di un obiettivo macro da 90mm per catturare la precisione della messa a fuoco sui vasi sanguigni e sulle strutture della retina visibili sullo schermo.

Risultato #1: L’occhio si allunga? Aumentano le lesioni!

La prima scoperta è stata netta: abbiamo trovato lesioni WDWP nel 30,8% degli occhi esaminati, un dato in linea con studi precedenti. Ma la cosa più interessante è che c’era un’associazione fortissima e statisticamente significativa (P < 0.001, un valore che in statistica indica alta probabilità che il risultato non sia casuale) tra una maggiore lunghezza assiale e una maggiore probabilità di avere lesioni WDWP. In pratica, più l’occhio è “lungo” (cioè più è miope), più è facile trovare queste alterazioni. Questo conferma l’idea che lo “stiramento” meccanico e forse lo stress vascolare associati all’allungamento dell’occhio giochino un ruolo cruciale.

Risultato #2: Dove si nascondono queste macchie? E perché si spostano?

Analizzando la distribuzione delle lesioni nei 12 settori retinici, abbiamo notato una chiara preferenza per la retina temporale (la parte verso le tempie), in particolare nei settori inferotemporale (in basso e fuori) e superotemporale (in alto e fuori). Queste sono le zone dove la retina è forse più sottile e più soggetta a forze di trazione, specialmente durante i movimenti oculari.

Ma non è finita qui. Abbiamo osservato un altro fenomeno affascinante: negli occhi con una lunghezza assiale maggiore, le lesioni WDWP tendevano a trovarsi più posteriormente, cioè più vicine al centro della retina (la macula). È come se l’allungamento progressivo dell’occhio “tirasse” queste zone di alterazione verso il polo posteriore.

Illustrazione medica comparativa, stile rendering 3D fotorealistico, che mostra la differenza tra un occhio emmetrope (normale) e un occhio miope con marcato allungamento assiale. L'immagine evidenzia lo 'stiramento' delle tuniche oculari nell'occhio miope, con linee di stress visibili sulla retina periferica. Illuminazione da studio controllata, alto dettaglio anatomico, obiettivo macro 100mm.

Risultato #3: L’età gioca un ruolo inaspettato?

Un dato curioso riguarda l’età. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare (l’invecchiamento di solito porta più problemi), nel nostro studio è emerso che un’età più giovane era associata sia a una maggiore probabilità di avere WDWP, sia a un maggior numero di settori retinici coinvolti. Sembra controintuitivo, ma potrebbe esserci una spiegazione legata al tipo di pazienti analizzati (giovani che si sottopongono a chirurgia refrattiva). Forse i più giovani nel nostro campione avevano una miopia a insorgenza più precoce o a progressione più rapida, portando a una lunghezza assiale maggiore nonostante l’età. Inoltre, il vitreo (la sostanza gelatinosa che riempie l’occhio) è più denso nei giovani, e questo, combinato all’allungamento, potrebbe esercitare una trazione maggiore sulla retina. Serviranno comunque studi più ampi per chiarire questo punto.

Qual è il meccanismo dietro a tutto questo? L’ipotesi della trazione

Mettendo insieme i pezzi, la nostra ipotesi è che l’allungamento assiale aumenti le forze di trazione esercitate dal vitreo sulla retina. Queste forze sembrano essere più intense vicino al polo posteriore rispetto alla periferia estrema. Questo spiegherebbe perché, man mano che l’occhio si allunga, le lesioni WDWP tendono a “migrare” verso il centro. Immaginate dei tiranti: più si allunga la struttura, più la tensione aumenta, soprattutto in certe zone. Queste forze potrebbero alterare l’ambiente meccanico all’interfaccia tra vitreo e retina, portando ai cambiamenti di colore e microstruttura che vediamo come WDWP. Anche fattori vascolari, come una possibile ipoperfusione periferica o alterazioni dei capillari indotte dalla trazione (come suggerito da studi con angiografia a fluorescenza), potrebbero contribuire.

Immagine fundus a campo ultra-ampio (UWF) fotorealistica di un occhio miope. Si evidenziano chiaramente lesioni WDWP (aree biancastre e grigiastre) nella retina temporale periferica. I vasi sanguigni retinici sono nitidi e ben definiti. Utilizzo di un obiettivo macro da 60mm con messa a fuoco selettiva sulle lesioni, colori naturali della retina.

Il superpotere dell’imaging a campo ultra-ampio

Voglio sottolineare ancora una volta quanto sia stata fondamentale la tecnologia UWF in questo studio. Ci ha permesso di vedere e quantificare lesioni nella periferia estrema che altrimenti sarebbero sfuggite. È uno strumento potentissimo che completa l’esame clinico e ci aiuta a capire meglio cosa succede negli occhi miopi.

Limiti e prospettive future

Certo, ogni studio ha i suoi limiti. Il nostro è retrospettivo e basato su pazienti specifici (candidati a chirurgia refrattiva), quindi i risultati vanno generalizzati con cautela. Inoltre, abbiamo raggruppato WWOP e DWOP perché spesso appaiono insieme e sono difficili da distinguere nettamente nelle immagini UWF; ricerche future potrebbero analizzarle separatamente. Ci sono anche potenziali distorsioni nelle immagini periferiche UWF da considerare, anche se abbiamo usato accorgimenti per mitigarle.

La ricerca non si ferma qui! Serviranno studi prospettici (che seguono i pazienti nel tempo) su popolazioni più diverse per confermare questi risultati, capire l’evoluzione naturale delle WDWP e chiarire ulteriormente i meccanismi esatti. L’uso combinato di altre tecniche di imaging avanzato, come l’OCT (Tomografia a Coerenza Ottica), potrebbe darci ancora più dettagli sulla struttura di queste lesioni.

In conclusione

Il messaggio chiave che emerge dal nostro lavoro è che l’allungamento assiale dell’occhio miope è un fattore cruciale non solo per la presenza, ma anche per la localizzazione più posteriore delle lesioni WDWP. Capire questa relazione ci aiuta a comprendere meglio la fisiopatologia di queste alterazioni retiniche e, in generale, l’impatto della miopia sulla salute dell’occhio. L’avventura nella conoscenza dell’occhio continua, grazie anche a tecnologie sempre più potenti!

Fonte: Springer

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