Una Casa per Ricominciare: Voci da un Programma Canadese per Senzatetto tra Dipendenze e Salute Mentale
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi sta molto a cuore: le sfide immense che affrontano le persone senza fissa dimora, specialmente quando lottano anche con problemi di dipendenza e salute mentale. Mi sono imbattuto in uno studio pilota davvero interessante condotto in una città del nord dell’Ontario, in Canada, Sudbury per la precisione. Hanno avviato un programma di alloggiamento transitorio nuovo di zecca, e quello che emerge dalle voci dei diretti interessati è potente e fa riflettere.
Il Contesto: Una Crisi Silenziosa nel Nord
Prima di tuffarci nello studio, capiamo un attimo il contesto. Essere senza casa è già di per sé una battaglia durissima, ma aggiungeteci dipendenze, problemi di salute mentale, malattie infettive, problemi cardiovascolari… la lista è lunga e dolorosa. Queste persone, purtroppo, hanno un rischio di mortalità prematura molto più alto della media, spesso legato proprio all’uso di sostanze. E il Canada, come tanti altri posti, sta vedendo un aumento preoccupante del numero di senzatetto, specialmente nel nord dell’Ontario, dove le risorse sono più scarse e le distanze enormi. Pensate che tra il 2016 e il 2023, l’Ontario ha contato quasi 11.000 morti per overdose da oppioidi, e una fetta significativa di queste tragedie è avvenuta proprio nel nord. In più, siamo nell’era del Fentanyl e di droghe sempre più contaminate e pericolose, il che rende tutto ancora più complesso.
Housing First vs Treatment First: Un Cambio di Prospettiva
Tradizionalmente, molti programmi per senzatetto seguivano l’approccio “treatment first”: prima ti disintossichi, prima segui le cure psichiatriche, e *poi* forse ti diamo un tetto. Ma questo spesso finisce per escludere proprio chi ha più bisogno. L’approccio “Housing First”, invece, ribalta la logica: prima ti diamo una casa sicura, un posto stabile, e poi lavoriamo insieme sugli altri problemi, senza precondizioni di sobrietà o aderenza alle cure. È un approccio che si è dimostrato efficace nel ridurre il tempo passato per strada. Tuttavia, c’è ancora poca ricerca su come integrare al meglio i principi della riduzione del danno (harm reduction) in questi programmi, soprattutto in contesti difficili come il nord Canada.
Il Programma di Sudbury: Un Modello Unico
Ed ecco che entra in gioco il programma di Sudbury, lanciato nel gennaio 2022 da Health Sciences North (HSN) e dalla Città di Greater Sudbury. Si basa sulla filosofia Housing First, ma con delle particolarità. È un programma transitorio (fino a 18 mesi), pensato per aiutare le persone a sviluppare le capacità necessarie per vivere poi in un alloggio permanente. Offre un supporto integrato clinico e sociale direttamente sul posto: medici di base, psichiatri, specialisti in dipendenze, infermieri, assistenti sociali, tutti lavorano insieme. Ogni persona ha una stanza e un bagno privati, condividendo una cucina comune. L’ammissione avviene tramite una lista specifica (la By Name list) e si basa su un punteggio di vulnerabilità elevato. Importante: il programma accetta persone indipendentemente dal fatto che stiano usando attivamente sostanze o meno, seguendo una filosofia di riduzione del danno. L’obiettivo è migliorare il benessere e preparare i residenti a una vita indipendente.

La Parola ai Protagonisti: Cosa Dicono i Clienti?
Lo studio pilota di cui vi parlo ha intervistato 12 clienti del programma per raccogliere le loro esperienze e i loro suggerimenti. E cosa è emerso? Hanno usato la famosa Piramide dei Bisogni di Maslow per dare un senso ai racconti. Vediamo un po’.
Bisogni Fisiologici: La Base di Tutto
* Stabilità Abitativa: La cosa più importante, quasi scontata ma fondamentale. “Sapere dove dormirai stanotte è enorme”, ha detto un partecipante. Avere un tetto sicuro dà stabilità, permette di “andare avanti”, di “sentirsi meglio”.
* Cibo: Qui emergono le difficoltà. Molti faticano a mettere insieme il pranzo con la cena con i pochi soldi a disposizione. “300 dollari non bastano per mangiare”. Paradossalmente, per alcuni era più facile trovare cibo per strada grazie alle reti di supporto per senzatetto, da cui ora si sentono un po’ tagliati fuori. Questo è un punto critico su cui il programma deve lavorare.
* Accesso ai Farmaci: Un grande punto a favore. Avere la possibilità di ricevere le cure (come la terapia agonista oppioide) direttamente nel centro, senza dover andare in giro per la città, è stato apprezzato moltissimo. “Mi aiuta a seguire la terapia”, ha detto un altro, “quando ero fuori non prendevo le medicine”.
Bisogni di Sicurezza: Sentirsi Protetti
La sicurezza è fondamentale, ma difficile da bilanciare con l’autonomia e la riduzione del danno. Molti vengono dalla strada con “comportamenti di sopravvivenza” radicati, come la diffidenza o, purtroppo, il furto. “Ci sono così tanti furti qui, è incredibile”, ha confidato un partecipante. È una sfida per lo staff lavorare con i clienti per capire cosa significhi “sicurezza” per loro e stabilire regole ragionevoli che bilancino libertà e protezione, passando da una logica di sopravvivenza individuale a una di convivenza comunitaria.
Bisogno di Appartenenza: La Forza della Comunità
* Senso di Comunità: Questo aspetto è stato valutato molto positivamente. Sentirsi accettati da staff e altri clienti, come in una “piccola famiglia”, fa una differenza enorme.
* Visite e Relazioni Sociali: Qui c’è un tasto dolente. Le regole sulle visite sono state percepite come troppo restrittive. “Vorrei che i miei amici potessero venire a trovarmi”, “Sarebbe bello mostrare la mia stanza alla mia famiglia”. C’è un desiderio forte di mantenere e rafforzare i legami sociali e familiari, e le politiche del programma dovrebbero tenerne conto, trovando un equilibrio con le esigenze di sicurezza.

Bisogno di Stima: Riconoscimento e Crescita Personale
* Indipendenza e Autostima: I partecipanti hanno espresso orgoglio per i traguardi raggiunti: ottenere documenti, migliorare l’aspetto personale, iniziare percorsi formativi. “Sapere che sto facendo qualcosa della mia vita… mi rende orgoglioso. Sono capace”, ha detto uno di loro. Il supporto dello staff, sia pratico che emotivo, è cruciale in questo.
* Equità e Adattamento: È emersa la necessità di un trattamento equo tra tutti i residenti e l’importanza di avere un periodo iniziale per “decompressione”, per adattarsi alla nuova vita dopo la strada.
* Riconoscimento Oltre la Dipendenza: Un punto fondamentale. I partecipanti vogliono essere visti e apprezzati per i loro sforzi e miglioramenti complessivi, non solo per la riduzione dell’uso di sostanze. “Sto migliorando. Non vedi quanto lavoro stiamo facendo? […] Sono cambiato grazie a questo programma; sto ripensando a chi sono e a come tratto gli altri”. Vogliono che si riconosca la loro crescita personale, relazionale, mentale.
Bisogno di Autorealizzazione: Guardare al Futuro
Nonostante le difficoltà, c’è un forte desiderio di crescita. Molti parlano di voler tornare a studiare, trovare un lavoro, migliorare la propria vita. C’è ambizione, c’è speranza.
Cosa Ci Insegna Questo Studio?
Questo programma, pur essendo un progetto pilota e con i suoi limiti (pochi partecipanti, follow-up a breve termine), mostra risultati incoraggianti. L’approccio integrato, con un forte focus sulla riduzione del danno e sui bisogni fondamentali secondo Maslow, sembra funzionare. Ha portato a una percepita riduzione dell’uso di sostanze, a un miglioramento del benessere mentale ed emotivo e delle condizioni socio-economiche.
Tuttavia, le voci dei clienti ci dicono anche dove si può e si deve migliorare:
- Migliorare il supporto per i bisogni fisiologici, soprattutto la sicurezza alimentare.
- Trovare un equilibrio migliore tra sicurezza e autonomia, lavorando insieme ai residenti sulle regole (specialmente quelle sulle visite).
- Adottare approcci ancora più empatici e individualizzati.
- Riconoscere e valorizzare tutti gli aspetti della crescita personale, non solo la lotta alla dipendenza.
- Fornire tempo e supporto per l’adattamento iniziale.
La buona notizia è che la ricerca ha già portato a cambiamenti concreti nel programma: hanno rivisto la politica sulle visite, migliorato la disponibilità di cibo e ridefinito gli obiettivi dei clienti in collaborazione con loro. E il programma si espanderà, passando a un edificio con 40 unità!

In conclusione, questo studio canadese ci offre una prospettiva preziosa. Ci ricorda che dietro le etichette di “senzatetto”, “tossicodipendente”, “malato mentale”, ci sono persone con bisogni, desideri, e un potenziale enorme. Programmi come questo, che mettono al centro la persona con un approccio olistico, empatico e basato sull’evidenza (come la Piramide di Maslow e la riduzione del danno), sono fondamentali. Fornire un alloggio è il primo passo, ma è l’insieme dei supporti, costruiti *insieme* ai diretti interessati, che può davvero fare la differenza nel percorso verso la stabilità, la resilienza e una vita piena.
Fonte: Springer
