Portrait photography di un uomo giovane e muscoloso, in una palestra moderna, mentre esegue un esercizio di panca piana con bilanciere. L'immagine è scattata con un obiettivo da 35mm, con profondità di campo che mette a fuoco l'atleta e sfoca leggermente lo sfondo. Dettagli nitidi sui muscoli pettorali e tricipiti in contrazione. Duotone blu e grigio per un effetto intenso.

Muscoli più Forti, Cuore più Sano? La Scienza dell’Allenamento di Forza Svela la Verità!

Ciao a tutti, appassionati di scienza e fitness! Oggi voglio parlarvi di una questione che mi ronza in testa da un po’, e che probabilmente interessa molti di voi che si dedicano con passione alla sala pesi: cosa succede davvero al nostro cuore quando ci imbarchiamo in un programma di allenamento di forza ad alta intensità? Sappiamo tutti che i muscoli diventano più grossi e forti, ma il nostro motore interno, il cuore, come reagisce? C’è il rischio che si “rovini” o, al contrario, ne trae beneficio? Bene, mettetevi comodi perché ho sottomano uno studio longitudinale freschissimo che fa luce proprio su questo.

Muscoli d’acciaio, cuore di burro? Non proprio!

Da tempo si discute sull’impatto dell’allenamento di resistenza, quello con i pesi per intenderci, sul rimodellamento cardiaco. Alcuni studi, soprattutto quelli trasversali su atleti d’élite, hanno sollevato il dubbio che potesse portare a un tipo di ipertrofia ventricolare sinistra concentrica, a volte associata a problemi di funzionalità diastolica. Ma, diciamocelo, spesso questi studi non tengono conto di “confounder” importanti, come l’uso di sostanze dopanti o la presenza di fattori di rischio cardiovascolare preesistenti in alcuni atleti. E poi, molti di questi studi si concentrano solo sul ventricolo sinistro e su persone già allenate. Mancavano dati solidi su cosa accade a chi parte da zero, in buona salute, e si butta a capofitto in un allenamento di forza serio e controllato.

Lo studio: chi, come e perché

Ed è qui che entra in gioco la ricerca che voglio raccontarvi. Un gruppo di scienziati ha reclutato 27 volontari maschi, sani e soprattutto non allenati, tra i 18 e i 40 anni. L’obiettivo? Valutare la risposta cardiaca biventricolare (cioè di entrambi i ventricoli, destro e sinistro) a un programma di allenamento di forza ad alta intensità della durata di 20 settimane. E, cosa super interessante, hanno voluto vedere se ci fosse un legame tra l’aumento della forza muscolare e le eventuali modifiche cardiache.

I partecipanti sono stati sottoposti a una serie di test prima di iniziare, a 12 settimane e alla fine delle 20 settimane. Parliamo di misurazioni della pressione sanguigna a riposo, elettrocardiogramma (ECG), ecocardiografia transtoracica tridimensionale (3DTTE – una figata per vedere il cuore in 3D!), test da sforzo cardiopolmonare per il picco di consumo di ossigeno (VO2peak), dinamometria isocinetica per la forza muscolare (il gold standard, ragazzi!) e registrazioni actimetriche per monitorare l’attività fisica quotidiana e il sonno. Insomma, non gli hanno fatto mancare nulla! Il programma di allenamento era tosto: tre sessioni supervisionate a settimana, con esercizi per la parte superiore e inferiore del corpo, carichi elevati (≥ 70% di 1-RM, cioè del massimale su una ripetizione) e fasi concentriche, eccentriche e isometriche. Un programma serio, insomma, pensato per massimizzare i guadagni di forza.

I risultati: muscoli più forti e un cuore che si adatta (in bene!)

Dei 27 partenti, 22 hanno completato tutto il percorso. E i risultati? Beh, prima di tutto, come c’era da aspettarsi, la forza muscolare è schizzata alle stelle! Quadricipiti, femorali, tricipiti, bicipiti: tutti significativamente più forti. E questa è già una gran bella notizia. Ma la vera sorpresa, o meglio, conferma positiva, arriva dal cuore.

Dopo 20 settimane di duro allenamento, la pressione sanguigna arteriosa, sia sistolica che diastolica, e la frequenza cardiaca a riposo erano significativamente diminuite. Questo è un segnale potentissimo di miglioramento della salute cardiovascolare! L’ecografia 3D ha mostrato un aumento significativo della massa del ventricolo sinistro (da circa 120g a 134g), ma – attenzione! – senza indurre ipertrofia ventricolare sinistra patologica. In pratica, il cuore è diventato un po’ più “muscoloso”, ma in modo equilibrato. Si è osservato un aumento bilanciato del volume telediastolico del ventricolo sinistro (da 146ml a 158ml) e del volume telediastolico del ventricolo destro (da 119ml a 129ml). Questo significa che le camere cardiache si sono leggermente “allargate” per accogliere più sangue, un adattamento tipico e fisiologico.
Primo piano di un giovane uomo, sui 25 anni, con espressione concentrata mentre esegue uno stacco da terra con bilanciere in una palestra moderna e ben illuminata. L'immagine è catturata con un obiettivo da 35mm, stile portrait photography, con una leggera profondità di campo che sfoca lo sfondo ma mantiene a fuoco l'atleta e il bilanciere. Dettagli nitidi sulla muscolatura e sull'attrezzatura. Duotone seppia e nero.

E la funzione cardiaca? Impeccabile! Sia la funzione sistolica (la capacità di pompa) che quella diastolica (la capacità di rilassarsi e riempirsi) di entrambi i ventricoli sono rimaste invariate e normali. Nessun cambiamento nemmeno nel picco di consumo di ossigeno (VO2peak) – il che ha senso, perché era un allenamento di forza, non di endurance – né nei livelli di attività fisica quotidiana al di fuori degli allenamenti. Questo ci dice che i cambiamenti cardiaci osservati sono proprio dovuti all’allenamento con i pesi.

Il legame nascosto: più forza, più adattamento cardiaco

Ma la ciliegina sulla torta è questa: la forza muscolare massima (misurata con la dinamometria isocinetica, il top!) nei vari distretti muscolari era significativamente correlata con i volumi telediastolici del ventricolo sinistro e destro e con la massa del ventricolo sinistro. In parole povere, più i ragazzi diventavano forti, più il loro cuore mostrava questi adattamenti dimensionali fisiologici. C’era una connessione diretta! Anche la massa muscolare corporea totale era correlata a questi parametri cardiaci. Questo suggerisce che l’adattamento cardiaco non è casuale, ma rispecchia le aumentate capacità prestative del sistema muscolare. Il corpo lavora come un’orchestra ben accordata!

Cosa ci portiamo a casa da questa ricerca?

Beh, per me questo studio è una vera boccata d’aria fresca. Dimostra che un programma di allenamento di forza ad alta intensità, anche bello tosto, in uomini sani e precedentemente non allenati, non solo porta a guadagni di forza rapidi e significativi e a una riduzione della pressione sanguigna, ma induce anche una risposta cardiaca adattativa e fisiologica. Parliamo di una moderata dilatazione biventricolare, un aumento bilanciato della massa ventricolare sinistra, il tutto con una funzione cardiaca preservata e senza segni di ipertrofia patologica. E, come abbiamo visto, questi cambiamenti sono legati all’aumento della forza.

Questo è importantissimo perché aiuta a distinguere il “cuore d’atleta” fisiologico da condizioni potenzialmente problematiche. Spesso si fa un gran parlare dei rischi dell’ipertrofia cardiaca negli atleti di forza, ma questo studio, essendo longitudinale e su soggetti “vergini” all’allenamento, ci dà un quadro più pulito. Sembra proprio che, in assenza di altri fattori di rischio o dell’uso di “aiutini”, l’allenamento di forza intenso porti a un cuore più efficiente e adattato, non a un cuore malato. Certo, lo studio ha coinvolto solo maschi giovani, quindi non possiamo generalizzare a tutti, e il follow-up era di 20 settimane. Chissà cosa succederebbe con anni di allenamento? Ma i dati iniziali sono molto incoraggianti.

Immagine macro di un ecografo cardiaco tridimensionale (3DTTE) in uso. Si vede la sonda appoggiata delicatamente sul torace di un paziente (il paziente è sfocato e non riconoscibile), mentre su uno schermo vicino, luminoso e dettagliato, è visibile una ricostruzione 3D del cuore con i ventricoli evidenziati. Illuminazione controllata da studio medico, obiettivo macro da 100mm per enfatizzare i dettagli della sonda e dello schermo.
Un altro aspetto interessante è che non ci sono state modifiche significative nel ciclo sonno-veglia o nei livelli di attività fisica quotidiana al di fuori dell’allenamento. Questo rafforza l’idea che i cambiamenti cardiaci osservati siano direttamente attribuibili al programma di resistance training. Anche il fatto che il VO2peak non sia cambiato è coerente: l’allenamento di forza mira all’aumento della forza massimale, non primariamente alla capacità aerobica, a differenza dell’allenamento di endurance.

Differenze con studi precedenti e prospettive future

Rispetto ad altri studi longitudinali, questo lavoro brilla per l’uso dell’ecocardiografia 3D, molto più precisa per le misurazioni volumetriche, e per la valutazione della forza con dinamometria isocinetica, che offre una stima più completa della performance muscolare rispetto al solo test 1-RM (anche se pure quello è stato usato per personalizzare l’allenamento, il che è ottimo). Studi precedenti avevano dato risultati contrastanti, a volte non trovando adattamenti cardiaci significativi, forse per intensità di allenamento insufficienti o perché i partecipanti avevano già una storia di allenamento. Qui, invece, il protocollo era intenso e i soggetti erano neofiti.

Certo, come dicevo, ci sono dei limiti. La popolazione era solo maschile, e sappiamo che ci possono essere differenze di genere nella risposta cardiaca all’allenamento. Inoltre, erano giovani adulti. Sarebbe interessante vedere studi simili su donne o su persone più anziane, anche se risultati comparabili sono stati visti in uomini di mezza età non allenati. E poi, 20 settimane sono un buon inizio, ma cosa succede nel lunghissimo periodo? Diminuisce la cinetica della risposta cardiaca dopo le prime settimane, come suggerito da un rallentamento dopo le 12 settimane in questo studio? Domande aperte che la ricerca futura dovrà affrontare.

In conclusione, se siete maschi, giovani, sani e state pensando di iniziare un programma di allenamento di forza ad alta intensità, o se già lo fate, questo studio porta ottime notizie. Il vostro cuore non solo non ne soffrirà, ma probabilmente si adatterà in modo fisiologico e benefico, diventando più efficiente in parallelo ai vostri muscoli. Quindi, continuate a spingere (con criterio e tecnica, mi raccomando!), perché sembra proprio che muscoli forti e cuore sano possano andare a braccetto!

Fonte: Springer

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