Primo piano di un medico endoscopista che esamina attentamente un monitor durante una procedura EUS-FNB, luce controllata in sala operatoria, obiettivo macro 90mm per dettaglio elevato sulla strumentazione high-tech e sullo schermo ecografico.

Mangiare Subito Dopo la Biopsia al Pancreas? Forse Sì, Ecco Perché!

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che tocca molti pazienti e anche noi medici: cosa succede *dopo* una procedura diagnostica importante come la biopsia pancreatica guidata da ecoendoscopia, o EUS-FNB per gli amici (Endoscopic Ultrasound-Guided Fine Needle Biopsy). Sapete, quella procedura un po’ high-tech dove usiamo un endoscopio con una piccola sonda ecografica sulla punta per vedere da vicinissimo il pancreas e prelevare dei campioncini di tessuto. È uno strumento fantastico, sviluppato negli anni ’80 e ormai fondamentale per diagnosticare problemi al pancreas, anche quelli piccoli piccoli che sfuggirebbero ad altri esami.

Cos’è l’EUS-FNB e Perché è Importante?

Immaginate un endoscopio super potente che non solo guarda dentro, ma fa anche un’ecografia dall’interno! Questo ci permette di avere immagini ad altissima risoluzione del pancreas e degli organi vicini. E la parte “FNB”? Significa che possiamo guidare un ago sottilissimo proprio dove serve per prendere un campione di tessuto (biopsia), anche in punti difficili da raggiungere dall’esterno. È cruciale per capire la natura di cisti o tumori pancreatici, ma si usa anche per altre malattie gastrointestinali.

Generalmente, è considerata una procedura relativamente sicura. Certo, come per ogni intervento, un minimo rischio c’è: le complicanze più comuni, anche se rare (parliamo di un 2% circa), sono pancreatite (un’infiammazione del pancreas), sanguinamento o infezioni.

Il Dilemma del Digiuno: Mangiare Subito o Aspettare?

E qui arriva il punto che mi (e ci) incuriosiva. Dopo questa biopsia, quando si può ricominciare a mangiare? Le linee guida attuali, sia americane che europee, non danno un’indicazione precisa. Per prudenza, molti esperti consigliano di aspettare 24 ore a digiuno, perché la maggior parte delle complicanze, se si verificano, lo fanno entro questo lasso di tempo.

Però, pensateci un attimo. Se il rischio di problemi non aumenta mangiando prima, non sarebbe meglio? Riprendere a mangiare presto potrebbe avere dei vantaggi:

  • Miglior supporto nutrizionale per il paziente.
  • Possibile riduzione dei giorni di ricovero in ospedale.
  • Maggiore comfort per la persona.

Studi recenti su altre procedure endoscopiche, come la colangiopancreatografia retrograda endoscopica (ERCP) o la legatura delle varici esofagee, hanno mostrato che mangiare presto non solo è sicuro, ma può addirittura ridurre i costi medici e migliorare gli esiti nutrizionali.

Allora ci siamo chiesti: vale lo stesso per l’EUS-FNB? Se mangiare dopo poche ore non comporta più rischi rispetto al digiuno di 24 ore, perché non farlo?

Immagine macro di un ago sottile da biopsia EUS-FNB appoggiato su un telo chirurgico sterile, illuminazione da studio controllata, obiettivo macro 100mm, alta definizione dei dettagli metallici dell'ago.

Il Nostro Studio: Cosa Abbiamo Scoperto

Per cercare di rispondere a questa domanda, abbiamo fatto uno studio retrospettivo, cioè siamo andati a vedere cosa era successo ai pazienti che avevano fatto una EUS-FNB per diagnosi di malattie pancreatiche nel nostro ospedale (il Samsung Changwon Hospital) tra gennaio 2021 e marzo 2022.

Abbiamo analizzato i dati di 110 pazienti, dividendoli in due gruppi:

  1. Il gruppo “alimentazione precoce”: 42 pazienti che hanno ricominciato a mangiare entro 4 ore dalla procedura (dopo aver verificato che non avessero dolore e che l’intestino funzionasse).
  2. Il gruppo “digiuno”: 68 pazienti che sono rimasti a digiuno per le classiche 24 ore.

Abbiamo definito “precoce” mangiare entro 4 ore, basandoci su studi relativi ad altre procedure come la gastrostomia endoscopica percutanea (PEG), dove questo intervallo si è dimostrato sicuro. Volevamo vedere se funzionava anche per l’EUS-FNB.

Abbiamo confrontato i due gruppi guardando principalmente due cose:

  • Complicanze post-procedura: C’erano state differenze nel numero o tipo di problemi (pancreatite, sanguinamenti, ecc.)?
  • Durata del ricovero: Quanto tempo erano rimasti in ospedale i pazienti *solo* per riprendersi dalla procedura (giorni di degenza correlati alla procedura)? E quanto era durato il ricovero totale (che poteva includere altri esami o terapie)?

I Risultati: Sorprese Positive!

E qui viene il bello! Analizzando i dati, abbiamo visto che non c’era una differenza significativa nel tasso di complicanze tra i due gruppi. L’unico evento avverso registrato è stata la pancreatite, che si è verificata in 1 paziente del gruppo “precoce” (2.4%) e in 2 pazienti del gruppo “digiuno” (2.9%). Una differenza praticamente inesistente (P > 0.99). Inoltre, tutti e tre i casi erano di pancreatite lieve, risolta con terapie conservative in pochi giorni. Questo tasso di pancreatite (circa 2.7% totale) è in linea con quanto riportato in letteratura.

Ma la vera notizia è stata sulla durata del ricovero. I pazienti che avevano mangiato presto sono rimasti in ospedale, per motivi legati *esclusivamente* alla procedura EUS-FNB, per un tempo significativamente più breve: in media 3.8 giorni contro i 4.9 giorni del gruppo a digiuno (P = 0.001). Un giorno in meno, che non è poco!

Abbiamo anche fatto un’analisi statistica più complessa (multivariata) per essere sicuri che l’alimentazione precoce non fosse un fattore di rischio nascosto per le complicanze, e i risultati hanno confermato: nessuna associazione significativa (odds ratio: 0.83, P = 0.877).

Fotografia di un paziente in un letto d'ospedale che riceve un vassoio con un pasto leggero (brodo, purea) da un'infermiera sorridente, luce ambientale morbida, obiettivo 50mm, focus sul vassoio e l'interazione.

Cosa Significa Tutto Questo?

Beh, i risultati del nostro studio suggeriscono fortemente che riprendere a mangiare presto (entro 4 ore) dopo una EUS-FNB è sicuro e potenzialmente vantaggioso. Non sembra aumentare il rischio di problemi, anzi, potrebbe aiutare i pazienti a tornare a casa prima.

Questo è importante perché sfata un po’ il dogma del digiuno prolungato post-endoscopia, almeno per questa specifica procedura. Certo, la prudenza non è mai troppa, ma se possiamo migliorare il comfort del paziente, supportare meglio la sua nutrizione e magari ridurre anche i costi sanitari legati a degenze più lunghe, perché non considerare questa opzione?

Un Passo Avanti, Ma con Cautela

Ora, devo essere onesto. Il nostro è uno studio retrospettivo, condotto in un solo centro e con un numero di pazienti non enorme (110). Questo significa che ha delle limitazioni. Ad esempio:

  • La dimensione del campione potrebbe non essere sufficiente per rilevare complicanze molto rare (come sanguinamenti maggiori o perforazioni, che infatti non abbiamo osservato).
  • La scelta di far mangiare presto o tardi i pazienti dipendeva dalla preferenza del medico che eseguiva la procedura, non da criteri casuali, il che potrebbe introdurre un bias.
  • Non avevamo un protocollo dietetico standardizzato post-procedura.
  • Altri fattori (come l’uso di farmaci anticoagulanti o antiaggreganti, anche se la maggior parte li aveva sospesi) potrebbero aver influenzato i risultati.

Per tutte queste ragioni, non possiamo ancora dire “via libera per tutti!”. Servono studi più grandi, magari multicentrici e prospettici (cioè disegnati apposta per testare questa ipotesi in modo controllato) per confermare questi risultati e renderli generalizzabili.

Conclusioni (Provvisorie)

Nonostante i limiti, credo che il nostro lavoro sia un primo passo importante. È, a quanto ne sappiamo, il primo studio a suggerire specificamente la sicurezza e i benefici dell’alimentazione precoce dopo una EUS-FNB.

L’EUS-FNB è uno strumento diagnostico prezioso e relativamente sicuro. Se ulteriori ricerche confermeranno che mangiare presto non comporta rischi aggiuntivi, potremmo davvero migliorare l’esperienza dei pazienti, aiutarli a recuperare prima e ottimizzare le risorse ospedaliere.

Insomma, la strada sembra promettente! Speriamo che studi futuri ci diano presto risposte definitive e magari portino a nuove linee guida più chiare su questo aspetto della cura post-procedura.

Fonte: Springer

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