Cancro: E se potessimo prevederlo prima? Vi racconto i nuovi super-algoritmi!
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi sta davvero a cuore e che, ne sono convinto, potrebbe cambiare le carte in tavola nella lotta contro uno dei mali del nostro tempo: il cancro. Immaginate per un attimo di poter disporre di strumenti capaci di fiutare la presenza di un tumore nelle sue primissime fasi, quando è ancora piccolo, magari asintomatico, e soprattutto, curabile. Sembra fantascienza? Forse un tempo, ma oggi, grazie alla potenza degli algoritmi predittivi, ci stiamo avvicinando a questa realtà a passi da gigante.
Nel Regno Unito, purtroppo, i tassi di sopravvivenza al cancro non sono tra i migliori nel mondo sviluppato. Uno dei motivi principali, ahimè, è spesso legato a una diagnosi che arriva troppo tardi. E qui entriamo in gioco noi, o meglio, la nostra ricerca. L’obiettivo? Sviluppare e validare algoritmi di predizione che possano aiutare i medici, soprattutto quelli di base, a identificare più precocemente i pazienti ad alto rischio.
La Sfida della Diagnosi Precoce
Pensate che già nel 2011 il National Health Service (NHS) britannico si era posto l’ambizioso traguardo di diagnosticare il 75% dei tumori in uno stadio curabile (il famoso stadio 1 o 2). Un obiettivo nobile, che ha spinto verso lo sviluppo di strumenti come i punteggi QCancer, basati su enormi database sanitari. Questi algoritmi calcolano la probabilità assoluta che una persona abbia un cancro non ancora diagnosticato, basandosi su sintomi, età, sesso, stile di vita e altre condizioni mediche. Un aiuto prezioso, certo, ma si può fare di più. E si deve fare di più, visto che nel 2020 eravamo ancora poco sopra il 50% di diagnosi precoci in Inghilterra.
La vera svolta, secondo me, potrebbe arrivare da un alleato inaspettato, o forse non così tanto: i comuni esami del sangue. Recenti studi hanno infatti suggerito che alterazioni in alcuni valori ematici possono precedere la diagnosi di cancro anche di diversi anni. Variazioni nell’emoglobina, nei globuli bianchi, nelle piastrine… potrebbero essere la spia di una risposta infiammatoria sistemica scatenata da un tumore ancora silente. E se potessimo integrare questi “biomarcatori digitali” a basso costo nei nostri algoritmi?
Nascono i Nuovi Algoritmi: Modello A e Modello B
Ed è proprio quello che abbiamo fatto! Ci siamo messi al lavoro su dati anonimizzati di oltre 7,4 milioni di adulti in Inghilterra. Un mare di informazioni da cui abbiamo estratto la conoscenza per costruire due nuovi modelli predittivi. L’idea non è prevedere il rischio di sviluppare un cancro in futuro, ma stimare la probabilità di avere un tumore già presente ma non ancora diagnosticato. E non solo la probabilità generica, ma quella specifica per ben 15 tipi di cancro, includendo per la prima volta anche il tumore al fegato e quello orale.
- Il Modello A è il nostro “tuttofare”: considera fattori clinici come età, sesso, deprivazione socio-economica, fumo, alcol, storia familiare, diagnosi mediche pregresse e una vasta gamma di sintomi, sia generici che specifici per tipo di cancro.
- Il Modello B è l’evoluzione: prende tutto ciò che c’è nel Modello A e ci aggiunge i risultati degli esami del sangue più comuni (emocromo completo e test di funzionalità epatica).
Abbiamo usato una tecnica statistica chiamata regressione logistica multinomiale per sviluppare equazioni separate per uomini e donne. E la cosa più entusiasmante? Abbiamo poi messo alla prova questi modelli su due enormi coorti di validazione indipendenti, per un totale di oltre 5 milioni di pazienti tra Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord. Volevamo essere sicuri che funzionassero davvero, e non solo sulla carta!
Cosa Abbiamo Scoperto? I Fattori Chiave
Rispetto agli algoritmi QCancer esistenti, i nostri modelli hanno tirato fuori delle chicche interessanti. Abbiamo identificato quattro nuove condizioni mediche associate a un aumento della probabilità di cancro. Tre di queste (cirrosi epatica, epatite B, epatite C) sono legate, come c’era da aspettarsi, a un maggior rischio di cancro al fegato. La quarta, l’HIV/AIDS, è risultata associata a un aumento della probabilità di cancro renale nelle donne, di cancro del colon-retto, pancreatico e altri tumori negli uomini, e di tumori del sangue in entrambi i sessi. Abbiamo anche trovato nuove associazioni con la storia familiare per il cancro al polmone e i tumori del sangue.
E i sintomi? Ne abbiamo scovati sette nuovi (prurito, lividi, mal di schiena, raucedine, flatulenza, massa addominale, urine scure) che possono essere campanelli d’allarme per diversi tipi di tumore. È affascinante vedere come l’età interagisca con i sintomi: per molti tumori maschili, l’associazione è più forte nei giovani, mentre nelle donne spesso accade il contrario.
Parliamo un po’ dei valori del sangue, il cuore del nostro Modello B.
- Un calo dell’emoglobina è risultato associato a un aumento delle probabilità per tumori come quello del polmone, colon-retto, sangue e gastro-esofageo negli uomini, e colon-retto, sangue, stomaco e fegato nelle donne.
- Valori più bassi di linfociti (un tipo di globuli bianchi) sono correlati a un rischio maggiore per la maggior parte dei tumori, tranne per i tumori del sangue, dove invece un aumento è un segnale d’allarme.
- Alti livelli di neutrofili (un altro tipo di globuli bianchi) sono associati a un aumento del rischio per molti tumori nelle donne (soprattutto polmonare) e per sei tipi di cancro negli uomini. Curiosamente, bassi livelli di neutrofili sono invece legati a un rischio maggiore di tumore al fegato, sangue e prostata negli uomini, e tumori del sangue nelle donne.
- Più alte sono le piastrine, maggiore è il rischio per sei tipi di cancro negli uomini e otto nelle donne, con associazioni particolarmente forti per il tumore del colon-retto maschile e quello ovarico femminile.
In generale, i tumori associati a un aumento dei neutrofili tendono anche ad essere associati a un aumento delle piastrine e a una diminuzione dei linfociti. È come se il corpo ci stesse mandando segnali complessi attraverso il sangue!
Anche i test di funzionalità epatica hanno raccontato molto:
- Bassi livelli di albumina sono generalmente legati a un aumento delle probabilità per la maggior parte dei tumori.
- Alti livelli di fosfatasi alcalina sono associati a un rischio maggiore per quasi tutti i tumori, con legami particolarmente forti per il cancro al fegato e al pancreas.
- Un aumento della bilirubina è fortemente associato al cancro al fegato in entrambi i sessi, e in misura minore a tumori del sangue e pancreatici.
Queste scoperte non fanno che confermare quanto il nostro organismo sia un sistema interconnesso e quanto un semplice prelievo possa rivelare.
La Prova del Nove: Validazione e Confronto
Ma veniamo al sodo: i nostri modelli funzionano meglio di quelli esistenti? I numeri parlano chiaro. Le capacità di “discriminazione” (cioè di distinguere chi ha il cancro da chi non ce l’ha), misurate con una metrica chiamata statistica “c” (o AUROC), sono risultate superiori per i nostri Modelli A e B rispetto ai QCancer, specialmente negli uomini e con il Modello B (quello con gli esami del sangue). Per darvi un’idea, per il Modello B, la statistica “c” complessiva per qualsiasi tipo di cancro negli uomini è stata di 0.876 (dove 1 è la perfezione e 0.5 è come tirare una monetina) e di 0.844 nelle donne. Valori davvero promettenti!
Un altro aspetto cruciale è la “calibrazione”: i modelli prevedono correttamente le probabilità? Anche qui, i nostri algoritmi si sono dimostrati ben calibrati nella coorte di validazione inglese. E la “sensibilità”? Cioè, quanti casi di cancro riusciamo effettivamente a identificare usando la soglia del 3% di probabilità raccomandata dalle linee guida NICE per un invio urgente? Ebbene, il Modello A ha identificato l’82.6% dei casi di cancro negli uomini e il 77.4% nelle donne, contro il 78.1% e il 66.0% di QCancer rispettivamente. Il Modello B ha dato risultati molto simili al Modello A in termini di sensibilità generale, ma ha mostrato una sensibilità superiore per sette specifici tipi di cancro (colon-retto, sangue, fegato, polmone, ovaio, pancreas, prostata).
Questi miglioramenti, anche se a volte appaiono piccoli in termini assoluti sulla statistica “c”, si traducono in cambiamenti clinicamente importanti. Molti pazienti verrebbero riclassificati, ricevendo stime di probabilità più accurate, il che potrebbe portare a decisioni diverse su indagini o interventi, specialmente per chi presenta quei fattori predittivi aggiuntivi che abbiamo identificato.
L’Impatto Clinico: Cosa Cambia Davvero?
Non stiamo parlando di una sfera di cristallo, sia chiaro. Questi algoritmi non fanno una diagnosi di cancro da soli. Ma possono essere uno strumento potentissimo per aiutare i medici a “triagare” i pazienti, identificando quelli con le probabilità più alte che necessitano di ulteriori accertamenti o di un invio specialistico. Questo potrebbe rendere l’intero percorso diagnostico più efficiente.
Prendiamo il cancro al fegato: è la prima volta che abbiamo un algoritmo per stimare la probabilità di questa patologia in cure primarie, incorporando fattori come età, diabete di tipo 2, cirrosi, epatiti, sintomi e, appunto, gli esami del sangue. E questo è fondamentale, data la crescita del 50% nell’incidenza di questo tumore nell’ultimo decennio e il drastico miglioramento della sopravvivenza se diagnosticato al primo stadio anziché al quarto.
Certo, ci sono delle limitazioni. La completezza e l’accuratezza con cui i sintomi vengono registrati nelle cartelle cliniche possono variare. E anche se la nostra validazione è stata robusta, ulteriori studi in altri Paesi con tassi di cancro differenti sarebbero utili. Ma i punti di forza sono innegabili: la dimensione enorme dello studio, l’uso di dati reali, predittori clinicamente rilevanti e spiegabili, e soprattutto, l’aver dimostrato un miglioramento rispetto agli strumenti attuali.
Punti di Forza e Sfide Future
Abbiamo sviluppato due modelli diagnostici predittivi che, a mio avviso, rappresentano un passo avanti significativo. Si basano su variabili cliniche semplici, già presenti nelle cartelle elettroniche o facilmente accertabili, e il Modello B sfrutta la potenza informativa degli esami del sangue. Entrambi hanno dimostrato buone performance nell’identificare i pazienti con le più alte probabilità di cancro, superando i modelli QCancer attualmente in uso nell’NHS.
La strada è ancora lunga, ma la direzione è quella giusta. L’obiettivo finale è semplice e tremendamente importante: diagnosticare il cancro prima, trattarlo prima e, in definitiva, salvare più vite. E io sono entusiasta di contribuire, anche solo con un piccolo pezzetto, a questa grande impresa.
Fonte: Nature Communications (L’articolo originale è su Nature, ma per questa simulazione usiamo un link generico a Springer come da istruzioni, sebbene l’articolo sia open access su Nature)