Un’Alga Supereroe Potrebbe Salvare i Coralli della Florida dal Caldo Infernale?
Ragazzi, lasciate che vi racconti una storia che arriva dritta dal cuore pulsante dell’oceano, una storia di sopravvivenza, di fragilità, ma anche di incredibile speranza. Parliamo di un corallo magnifico, il corallo corna d’alce, scientificamente noto come Acropora palmata. Immaginate delle maestose strutture ramificate, simili appunto alle corna di un alce, che per secoli hanno costruito le fondamenta delle barriere coralline caraibiche. Un vero architetto degli oceani!
Un Gigante Fragile Sotto Attacco
Questo gigante buono, però, sta vivendo un periodo terribile. Negli ultimi decenni, le sue popolazioni sono crollate drasticamente, parliamo di riduzioni pazzesche, anche oltre il 79% in tutti i Caraibi! Le cause? Un mix letale: sviluppo costiero selvaggio, morie di ricci diadema (i loro “giardinieri”), malattie, uragani sempre più potenti e, soprattutto, il riscaldamento degli oceani. L’acqua troppo calda manda letteralmente in tilt questi organismi.
Pensate che in Florida, nonostante gli sforzi enormi per ripristinare le colonie perdute piantando nuovi frammenti (un po’ come fare delle talee subacquee!), l’ondata di calore marino del 2023 è stata una vera e propria apocalisse. Un caldo record, prolungato, che ha causato sbiancamenti e mortalità gravissimi. Lo sbiancamento, per chi non lo sapesse, avviene quando il corallo, stressato dal caldo, espelle le microscopiche alghe che vivono in simbiosi con lui e che gli forniscono nutrimento e colore. Senza di loro, il corallo diventa bianco “fantasma” e rischia di morire di fame. Le stime post-2023 sono da brividi: in alcune aree monitorate della Florida Keys, oltre il 95% dei coralli Acropora palmata trapiantati non ce l’ha fatta. Addirittura, solo 23 delle 84 colonie “fondatrici” selvatiche monitorate sono sopravvissute, e di queste, solo 6 sembravano non aver subito danni apparenti. Una decimazione.

C’è Chi Resiste: Ma Come?
Di fronte a questo scenario desolante, la domanda sorge spontanea: come hanno fatto quei pochi coralli a sopravvivere? C’è un segreto nella loro resistenza? È proprio qui che entra in gioco la ricerca di cui vi parlo oggi, uno studio affascinante che ha cercato di capire le differenze nella tolleranza al calore all’interno della popolazione di Acropora palmata della Florida, *prima* che l’inferno del 2023 si scatenasse.
Nel 2022, gli scienziati hanno utilizzato dei test rapidi di stress termico acuto (chiamati CBASS) su 172 colonie adulte provenienti da quattro diverse “nursery” sottomarine (dove i coralli vengono coltivati per il ripopolamento). Hanno scoperto che, sì, c’era una variabilità notevole nella resistenza al caldo! Alcuni coralli sopportavano temperature più alte di altri, con una differenza che arrivava fino a 4.17°C nel punto critico di tolleranza (il cosiddetto ED50, la temperatura che dimezza l’efficienza fotosintetica delle alghe simbionti).
Da cosa dipendeva questa differenza? Un po’ dalla nursery di provenienza (le condizioni ambientali locali contano, spiegando circa il 17.2% della variazione), un po’ dalla genetica specifica del corallo (il “genet”, che spiegava il 25.9%), e un po’ dall’abbondanza delle alghe simbionti (più alghe, paradossalmente, sembravano correlate a una minor tolleranza, spiegando il 15.6%).
L’Alga Supereroe: Durusdinium alla Riscossa!
Ma il fattore che faceva davvero la differenza, il vero game-changer, era il TIPO di alga simbionte ospitata dal corallo. La maggior parte dei coralli Acropora palmata vive in simbiosi con alghe del genere Symbiodinium (in particolare, la specie S. fitti). Tuttavia, un piccolo gruppo di coralli analizzati (solo 10 su 172, provenienti tutti da una nursery specifica, la Mote Marine Laboratory o MML, che li cresceva a terra e non in mare) ospitava prevalentemente un altro tipo di alga: Durusdinium (probabilmente D. trenchii).
Ebbene, tenetevi forte: i coralli con Durusdinium erano, in media, 1.9°C più tolleranti al calore rispetto ai loro cugini con Symbiodinium! Sembra poco? Assolutamente no! Calcolando l’impatto che questa maggiore resistenza avrebbe avuto durante l’ondata di calore del 2023, si stima che lo stress termico accumulato sarebbe stato ridotto del 92%! Passare da uno stress devastante (23.0 °C-settimane) a uno quasi trascurabile (1.85 °C-settimane). È come passare dall’essere esposti a una bufera di neve in maglietta all’avere addosso una tuta da sci termica!

Questo suggerisce fortemente che, nonostante le altre variabili, avere Durusdinium come “inquilino” sia il meccanismo più efficace per sopravvivere a ondate di calore così estreme per l’Acropora palmata in Florida.
Implicazioni per il Futuro: Coltivare la Resilienza
Cosa ci dice tutto questo? Che forse la chiave per salvare questo corallo iconico non sta solo nel ripiantarlo, ma nel ripiantare coralli “potenziati”. Le strategie future di restauro potrebbero concentrarsi proprio su questo:
- Favorire la crescita di nuove leve di Acropora palmata (ottenute da riproduzione sessuata, per aumentare la diversità genetica) che ospitino fin da piccole le alghe Durusdinium.
- Studiare attentamente in quali ambienti queste associazioni corallo-Durusdinium sono più stabili nel tempo dopo il trapianto sulla barriera. Non è detto che l’associazione duri per sempre ovunque.
- Combinare questo approccio con l’introduzione di nuova diversità genetica, magari portando in Florida coralli Acropora palmata da altre popolazioni caraibiche che si sono dimostrate più resistenti, specialmente quelle provenienti da zone naturalmente più calde (una pratica chiamata “flusso genico assistito”).
Certo, ci sono ancora cose da capire. I coralli con Durusdinium nello studio provenivano tutti da una nursery a terra (MML), quindi è difficile separare completamente l’effetto dell’alga dalle condizioni di crescita specifiche di quella nursery o dal fatto che fossero individui nati da riproduzione sessuata (che potrebbero essere intrinsecamente più robusti). Inoltre, bisogna capire se questa associazione con Durusdinium, che è rara in natura per questo corallo in Florida, possa essere mantenuta a lungo termine una volta che i coralli vengono messi in mare aperto, e se comporta dei “costi” per il corallo (magari una crescita più lenta?).

Tuttavia, la differenza di tolleranza termica misurata è così netta e in linea con quanto osservato in altre specie di corallo che ospitano Durusdinium, che l’ipotesi è davvero forte. Sembra proprio che questa piccola alga possa essere una grande alleata.
Una Speranza Concreta
La situazione dei coralli corna d’alce in Florida resta critica, e l’ondata di calore del 2023 ha dimostrato che la variabilità naturale nella tolleranza al caldo all’interno della popolazione attuale (quella con Symbiodinium) potrebbe non essere sufficiente per affrontare gli eventi estremi che il cambiamento climatico ci sta mettendo di fronte. Affidarsi solo alla selezione dei coralli locali più resistenti potrebbe non bastare.
Ma la scoperta del ruolo cruciale di Durusdinium apre una strada concreta. Non è una soluzione magica che risolve tutto il problema del riscaldamento globale (la cui mitigazione resta la priorità assoluta!), ma è un intervento mirato, potenzialmente potentissimo, per dare a questi meravigliosi architetti degli oceani una chance in più di sopravvivere e continuare a costruire le nostre preziose barriere coralline. È una corsa contro il tempo, ma avere identificato un alleato così piccolo e così forte ci dà una motivazione in più per non arrenderci.
Fonte: Springer
