Fotografia paesaggistica di campi terrazzati in Ruanda con alberi integrati tra le coltivazioni, luce del mattino, obiettivo grandangolare 20mm, a simboleggiare l'agroforestazione e la sostenibilità ambientale e agricola.

Agroforestazione in Ruanda: L’Esposizione Fa la Differenza per i Piccoli Agricoltori?

Amici, oggi voglio portarvi con me in un viaggio nel cuore dell’Africa, precisamente in Ruanda, per parlare di un tema che mi sta particolarmente a cuore: come possiamo aiutare i piccoli agricoltori a rendere la loro terra più fertile e la loro vita un po’ meno precaria? Parleremo di agroforestazione, una parola che suona un po’ tecnica, ma che in realtà significa semplicemente integrare alberi e arbusti nelle coltivazioni e nei pascoli. Una pratica antica, ma oggi più che mai cruciale.

Il Contesto: Terra Preziosa e Sfide Enormi

Immaginatevi il Ruanda: un paese meraviglioso, con colline verdissime, ma anche con una densità di popolazione altissima (pensate, oltre 500 persone per chilometro quadrato!). Questo significa che la terra è poca e super sfruttata. I piccoli agricoltori, che sono la stragrande maggioranza, lottano ogni giorno contro il degrado del suolo, un nemico invisibile ma potentissimo che riduce i raccolti, minaccia la sicurezza alimentare e, diciamocelo chiaramente, aumenta la povertà. Se ci aggiungiamo i capricci del cambiamento climatico e pratiche agricole non sempre sostenibili, il quadro si complica ulteriormente.

L’agroforestazione, in questo scenario, sembra quasi una bacchetta magica. Piantare alberi nei campi aiuta a combattere l’erosione, migliora la fertilità del suolo, regola il microclima e fornisce prodotti utili come legna da ardere, frutta, foraggio per il bestiame. Insomma, un sacco di benefici che vanno dritti a segno per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, in particolare il numero 15 (Vita sulla Terra) e il numero 2 (Sconfiggere la fame).

La Domanda Cruciale: Ma se ti Spiego Come Fare, Tu lo Fai?

Ora, la domanda da un milione di dollari è: bello tutto, ma come facciamo a convincere i contadini ad adottare queste pratiche? Basta spiegarglielo? È qui che entra in gioco lo studio che voglio raccontarvi, condotto nella Provincia Orientale del Ruanda, un’area particolarmente colpita dal degrado e dove, non a caso, è stato implementato un programma chiamato “Regreening Africa”.

I ricercatori si sono chiesti: l’“esposizione” – cioè ricevere formazione, consigli, assistenza tecnica su come piantare e curare gli alberi – ha un impatto reale sull’adozione di queste pratiche? E non solo sull’adozione in sé (pianto o non pianto l’albero?), ma anche sull’intensità (quanti alberi pianto? Di che tipo? Dove li metto?).

Per rispondere, hanno usato dati raccolti intervistando le stesse famiglie di agricoltori in due momenti diversi (nel 2018 e nel 2022) e una metodologia statistica piuttosto sofisticata (chiamata AIPW, per gli amici) che aiuta a capire l’effetto reale dell’esposizione, cercando di eliminare altri fattori che potrebbero confondere le idee. Pensate, è come cercare di capire se un farmaco funziona davvero, tenendo conto che chi lo prende potrebbe essere diverso da chi non lo prende per altri motivi.

I Risultati: L’Esposizione Conta, Eccome!

Ebbene sì, i risultati sono incoraggianti! L’esposizione alle pratiche di agroforestazione ha aumentato la probabilità che una famiglia adottasse la piantumazione di alberi del 7%. Sembra poco? Aspettate. Per quelle famiglie che erano state “esposte” sia prima che dopo il periodo iniziale dello studio, la probabilità di adozione schizzava al 15%! Questo ci dice una cosa fondamentale: la costanza paga. Non basta un’infarinatura, serve un impegno continuo nel tempo.

Ma non è tutto. L’esposizione ha anche portato a una maggiore diversità di specie arboree piantate e a un maggior numero di alberi nei campi coltivati. C’è un “ma”, però: i contadini tendevano a piantare più specie esotiche che indigene. Questo potrebbe dipendere da tanti fattori, come la disponibilità delle piantine o una precedente promozione che ha spinto di più sulle specie esotiche. Un punto su cui riflettere per il futuro.

Fotografia macro di giovani piantine di alberi che spuntano da un terreno fertile in Ruanda, illuminazione controllata, alta definizione, obiettivo macro 90mm, a simboleggiare l'inizio delle pratiche di agroforestazione e la resilienza della natura.

Un altro dato che mi ha fatto molto pensare riguarda il genere. Quando ad essere “esposti” alla formazione erano i membri maschi della famiglia, si osservava una maggiore probabilità di adozione e un numero più alto di alberi piantati. Questo, purtroppo, riflette dinamiche socio-culturali diffuse in molte parti dell’Africa subsahariana, dove gli uomini spesso detengono la proprietà della terra e prendono le decisioni finali sull’uso del suolo. Nonostante gli sforzi del Ruanda per l’uguaglianza di genere, sembra che ci sia ancora strada da fare per valorizzare appieno il ruolo delle donne, che pure possiedono conoscenze preziose e svolgono un lavoro fondamentale nella gestione degli alberi, specialmente nelle prime fasi.

Piantine, Informazione e Altri Dettagli Interessanti

E le piantine? Beh, fornire piantine agli agricoltori che avevano già deciso di adottare queste pratiche ha dato una bella spinta: più alberi e più specie diverse, anche se, di nuovo, soprattutto esotiche. Questo conferma che la disponibilità materiale è un tassello cruciale.

Un’altra chicca: sembra che ricevere informazioni da una sola fonte ben strutturata possa essere efficace quanto riceverle da più fonti. Forse, a volte, troppi cuochi guastano la cucina, o meglio, troppe voci rischiano di confondere. Meglio un messaggio chiaro, mirato e costante. E, a proposito di messaggi, concentrarsi specificamente sulla “piantumazione di alberi” come argomento di formazione ha dato risultati migliori sull’adozione rispetto ad altri temi pur correlati come la gestione dei vivai o l’innesto.

Lo studio ha anche messo in luce che chi era già stato esposto a pratiche di agroforestazione o le aveva già adottate prima dell’inizio dello studio, era più propenso a partecipare ai nuovi programmi. Un po’ come dire che chi ha già assaggiato qualcosa di buono, è più facile che ne voglia ancora!

Cosa Ci Portiamo a Casa da Questa Avventura Ruandese?

Allora, tirando le somme, cosa ci insegna questa ricerca?

  • L’esposizione continua e l’impegno a lungo termine con gli agricoltori sono fondamentali. Non basta un workshop e via.
  • Bisogna affrontare le dinamiche di genere. Le donne sono attrici chiave e devono essere coinvolte attivamente e messe nelle condizioni di poter decidere e agire. Forse servono approcci formativi pensati specificamente per loro, che tengano conto dei loro impegni e dei loro ruoli.
  • La disponibilità di piantine, soprattutto quelle giuste (magari più indigene e multifunzionali!), è essenziale. E qui si apre il tema dei vivai locali e del loro supporto.
  • Un’informazione chiara, mirata e ben strutturata può essere più efficace di mille voci diverse.
  • È importante promuovere la diversità, incentivando la piantumazione di specie indigene, che spesso sono più adatte all’ecosistema locale e più resilienti.

Certo, lo studio ha anche le sue limitazioni, come ammettono onestamente i ricercatori. Ad esempio, il tasso generale di “esposizione” nel campione non era altissimo, e questo potrebbe aver reso più difficile cogliere effetti ancora più marcati. E poi, la domanda sulla provenienza delle piantine (gratis o comprate?) è stata fatta solo a chi aveva già piantato, il che potrebbe aver introdotto qualche piccola distorsione.

Ritratto di un agricoltore ruandese, uomo, sulla quarantina, che sorride mentre tiene in mano una giovane piantina, sfondo di campi coltivati, luce naturale dorata, obiettivo da ritratto 35mm, effetto profondità di campo, che esprime speranza e impegno nell'agroforestazione.

Ma al di là di questo, il messaggio è forte e chiaro: investire nella formazione e nel supporto tecnico ai piccoli agricoltori per l’agroforestazione funziona. Non è una soluzione semplice né immediata, richiede pazienza, ascolto e un approccio che tenga conto delle specificità locali, comprese le complesse relazioni sociali e di genere. Ma è una strada che vale assolutamente la pena percorrere, per il bene del pianeta e per quello di milioni di famiglie che dalla terra traggono il loro sostentamento.

Personalmente, trovo affascinante come uno studio così specifico possa aprirci gli occhi su dinamiche tanto complesse e importanti. Ci ricorda che dietro ogni statistica ci sono persone, storie, sfide e speranze. E che, a volte, anche un piccolo albero piantato con cura può fare una grande, grandissima differenza.

Fonte: Springer

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