Agrobacterium Sotto la Lente: Quando Troppi Batteri Diventano un Problema (e Come Risolverlo!)
Ciao a tutti, appassionati di scienza e curiosi! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel mondo della biotecnologia vegetale, un campo dove a volte le cose più piccole, come i batteri, possono fare la differenza più grande. Parleremo di Agrobacterium tumefaciens, un batterio che per noi scienziati è una specie di superstar, capace di trasferire un pezzetto del suo DNA (chiamato T-DNA) nelle cellule vegetali. Questa sua abilità è la base di gran parte dell’ingegneria genetica delle piante. Pensate un po’, è come se avessimo un corriere specializzato che consegna pacchetti genetici direttamente dove servono!
Utilizziamo questa tecnica, chiamata agroinfiltrazione (soprattutto nelle foglie di tabacco, la nostra “cavia” preferita, Nicotiana benthamiana), per un sacco di cose fichissime: per esempio, per ricostruire complesse vie metaboliche o creare circuiti genici sintetici nelle piante, mescolando ceppi di Agrobacterium che portano T-DNA diversi. Ma c’è un “ma”. Per ottimizzare questi esperimenti, dobbiamo capire bene cosa succede a livello della singola cellula vegetale. Quanti batteri riescono a trasformare una cellula? E come interagiscono tra loro? Fino a poco tempo fa, la nostra comprensione era più qualitativa che quantitativa. Mancava un modello solido.
Il Vecchio Modello e le Prime Crepe
Per iniziare la nostra indagine quantitativa, siamo partiti da un modello classico, basato sulla distribuzione di Poisson. Questo modello, proposto quasi un secolo fa per descrivere le infezioni virali, è ancora il punto di riferimento. In pratica, assume che l’infezione di una cellula da parte di un batterio sia un evento casuale e indipendente: l’efficienza di infezione di un batterio non dovrebbe dipendere dalla densità totale della popolazione batterica. Inoltre, presume che tutte le cellule ospiti siano ugualmente suscettibili. Bello, no? Peccato che, mettendolo alla prova, abbiamo scoperto delle sorprese.
Per vedere cosa succedeva davvero, abbiamo usato dei “reporter” fluorescenti. Abbiamo ingegnerizzato ceppi di Agrobacterium che, una volta trasferito il loro T-DNA, facevano brillare i nuclei delle cellule vegetali di verde (GFP) o di rosso (RFP). Per controllare la densità batterica totale, abbiamo usato anche un ceppo “vuoto” (EV), senza reporter fluorescente. E per contare le cellule, abbiamo usato una linea di tabacco transgenica i cui nuclei brillavano di blu (BFP). Un vero spettacolo di luci a livello microscopico!
Abbiamo fatto esperimenti variando la densità dei ceppi reporter e quella totale (aggiungendo il ceppo EV). Se il modello di Poisson fosse stato perfetto, le curve di trasformazione sarebbero state identiche indipendentemente dalla densità totale. E invece no! Abbiamo visto che, a parità di densità del ceppo reporter, aumentando la densità del ceppo EV, la frazione di cellule trasformate diminuiva drasticamente. In altre parole, i batteri si “ostacolavano” a vicenda. Questo fenomeno l’abbiamo chiamato antagonismo. Più batteri ci sono, meno efficiente diventa ciascuno di essi nel trasformare le cellule. Addio, indipendenza degli eventi!
Nonostante questo antagonismo generale, abbiamo notato che la probabilità che una cellula venisse trasformata contemporaneamente da un ceppo GFP e da un ceppo RFP (se presenti entrambi) era più o meno quella che ci si aspetterebbe se fossero indipendenti, una volta fissata la densità totale. Quindi, l’antagonismo agisce come una variabile nascosta che riduce l’efficienza di trasformazione di ogni singolo batterio in funzione della densità totale. Siamo riusciti a trovare un fattore di correzione, una sorta di “handicap” che dipende dalla densità totale, che ci ha permesso di far tornare i conti e far collassare tutte le nostre curve sperimentali su un’unica “curva maestra” di Poisson. Questo suggerisce un meccanismo semplice alla base dell’antagonismo.
Da Dove Nasce l’Antagonismo? Una Caccia agli Indizi
Ci siamo chiesti: questo antagonismo avviene prima o dopo la consegna del T-DNA? Abbiamo usato un ceppo di Agrobacterium (C58C1) strettamente imparentato con quello che usiamo di solito, ma incapace di infettare le piante perché privo del plasmide Ti (pTi), essenziale per il trasferimento del T-DNA. Sorprendentemente, anche questo ceppo “innocuo” era in grado di antagonizzare i ceppi reporter! Questo ci ha detto che l’antagonismo avviene nello spazio apoplastico, cioè fuori dalla cellula vegetale, tra i batteri stessi.
Abbiamo esplorato tre ipotesi:
- Competizione spaziale: Forse i batteri lottano per attaccarsi alla superficie della cellula vegetale? Abbiamo creato mutanti incapaci di produrre polisaccaridi e cellulosa, necessari per l’attacco. Risultato? Antagonizzavano tanto quanto il ceppo normale. Quindi, la competizione per lo spazio non sembra essere il fattore principale.
- Competizione metabolica: Magari i batteri competono per qualche nutriente vegetale che scarseggia ad alte densità? Abbiamo provato a supplementare con amminoacidi, minerali, vitamine… Niente, l’espressione del reporter non migliorava. Anche questa pista sembrava fredda.
- Risposta immunitaria della pianta: E se fosse la pianta a reagire? Alte cariche batteriche potrebbero scatenare una risposta immunitaria che riduce l’efficienza di trasformazione. Per testarlo, abbiamo “pre-allertato” le foglie con diverse densità di Agrobacterium EV e poi le abbiamo sfidate con un altro batterio patogeno, Pseudomonas syringae, che normalmente causa la morte cellulare. Abbiamo osservato che le foglie pre-trattate con Agrobacterium erano più protette, e questa protezione dipendeva dalla densità di Agrobacterium usata per il pre-trattamento. Bingo! Abbiamo anche misurato la produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS), un classico segnale di allarme immunitario, e abbiamo visto un aumento dipendente dalla densità batterica. Sembra proprio che l’antagonismo sia indiretto: tanti batteri insieme allertano il sistema immunitario della pianta, che a sua volta rende più difficile la vita (e la trasformazione) ai singoli batteri.
La Sorpresa della Sinergia: Non Solo Nemici!
Ma non è finita qui! Durante i nostri esperimenti, abbiamo notato qualcosa di intrigante. Aggiungendo basse densità del ceppo EV (quello con pTi e T-DNA, ma senza reporter) al nostro ceppo reporter GFP, l’espressione della GFP aumentava rispetto al controllo senza EV! Un effetto sinergico. Questo effetto, però, non si vedeva usando il ceppo C58C1 (senza pTi e T-DNA) come “aiutante”. E con un ceppo che aveva il pTi ma non un T-DNA (GV3101), l’effetto sinergico c’era, ma più debole.
Questo ci dice che sia il T-DNA che il pTi sono necessari per la massima sinergia. Sembra esserci una dualità dipendente dalla densità: a basse densità, i ceppi con pTi possono aiutarsi a vicenda ad aumentare l’espressione genica nelle cellule già trasformate. Ma quando la densità aumenta, l’antagonismo prende il sopravvento. E la cosa interessante è che questi effetti non dipendono dal “quorum sensing”, un meccanismo di comunicazione batterica basato sulla densità.
Come funziona questa sinergia? Abbiamo scoperto che non aumenta il numero di cellule trasformate, ma piuttosto il livello di espressione del T-DNA nelle cellule che sono già state trasformate. L’ipotesi è che un ceppo possa beneficiare delle proteine effettrici Vir, codificate dal pTi e secrete da un secondo ceppo, che aiutano il trasporto del T-DNA nel nucleo o ne aumentano l’espressione. In particolare, una proteina chiamata VirE2 sembra cruciale per questo effetto sinergico. È un po’ come se i batteri, a basse densità, si dessero una mano a vicenda condividendo “attrezzi” molecolari per fare meglio il loro lavoro.
Superare l’Antagonismo: Nasce il Sistema “BiBi”
Queste scoperte sono fondamentali, ma hanno anche implicazioni pratiche. Se voglio esprimere tanti geni diversi in una cellula vegetale, ad esempio per ingegnerizzare una via metabolica complessa, dovrei aumentare la densità totale del mix batterico. Ma abbiamo visto che questo ha un rendimento decrescente a causa dell’antagonismo. Come uscirne?
Abbiamo pensato: e se potessimo aumentare la diversità dei T-DNA espressi senza aumentare la densità batterica? Così è nato il sistema “BiBi”: ceppi di Agrobacterium che portano due vettori binari diversi per cellula, ognuno con un suo T-DNA. Uno con un’origine di replicazione pVS1 e l’altro BBR1. Abbiamo confrontato l’infiltrazione di un ceppo BiBi (con GFP su un plasmide e RFP sull’altro) a bassissima densità con una coinfiltrazione di due ceppi normali (uno con GFP, l’altro con RFP) alla stessa densità batterica totale. Risultato? Con il BiBi, una proporzione molto più alta di nuclei esprimeva sia GFP che RFP! Questo dimostra la co-consegna dei T-DNA dai due plasmidi.
Interessante notare che i due T-DNA del BiBi non sono sempre co-espressi. Abbiamo sviluppato un modello matematico a due passaggi: primo, il batterio contatta la cellula (processo di Poisson); secondo, può trasferire il T-DNA pVS1 con una probabilità p e il T-DNA BBR1 con una probabilità r, in modo indipendente. Questo modello si adatta bene ai nostri dati.
Il Test sul Campo: Ricostruire la Glucorafanina
Per mettere alla prova il sistema BiBi in uno scenario realistico, ci siamo concentrati sulla via biosintetica della glucorafanina, un composto naturale chemio-preventivo che richiede l’espressione di ben 14 geni. Abbiamo creato un mix di 14 ceppi normali (ognuno con un gene) e un mix di 7 ceppi BiBi (ognuno con due geni della via). Abbiamo infiltrato questi mix a diverse densità totali e misurato la produzione di glucorafanina.
A basse densità (OD 0.05 e 0.1), il sistema BiBi ha prodotto molta più glucorafanina rispetto ai ceppi normali. Questo è in linea con le nostre previsioni: il BiBi aumenta la frazione di cellule che co-esprimono tutti i trasgeni necessari. A densità più alte, la differenza era minore, probabilmente a causa di effetti non lineari nelle vie metaboliche (come la diffusione di intermedi tra cellule). Ma il vantaggio del BiBi, soprattutto per vie lunghe o quando non si possono usare alte densità, è chiaro.
Cosa Ci Portiamo a Casa?
Questo “tuffo” quantitativo nel mondo dell’agroinfiltrazione ci ha permesso di scoprire aspetti prima sottovalutati della patogenesi di Agrobacterium, come l’antagonismo apoplastico, la sinergia nell’espressione del T-DNA e la consegna stocastica a due passaggi nei ceppi BiBi. Questi fenomeni non sono limitati ad Agrobacterium e rivelano principi applicabili ad altri patogeni batterici. E dal punto di vista biotecnologico, queste scoperte, come dimostra il sistema BiBi, hanno implicazioni chiare per gli sforzi di ingegneria genetica, aprendo la strada a esperimenti sempre più sofisticati e a una migliore comprensione e sfruttamento di questo incredibile “ingegnere genetico” naturale. È proprio vero che guardare le cose da vicino, con gli strumenti giusti, può rivelare un universo di complessità e opportunità!
Fonte: Springer