Agricoltori Europei del Futuro: Chi Resisterà Davvero? Uno Sguardo Curioso dalla Lituania
Amici, parliamoci chiaro: il futuro dell’agricoltura europea è una faccenda che mi appassiona e, ammettiamolo, un po’ mi preoccupa. Ci nutriremo ancora con prodotti locali e di qualità? I nostri agricoltori riusciranno a tenere botta di fronte a cambiamenti climatici, crisi economiche e richieste sempre più stringenti? Ecco, proprio di questo voglio chiacchierare con voi oggi, prendendo spunto da uno studio scientifico fresco fresco che ha provato a sbirciare nel futuro, usando la Lituania come una sorta di “laboratorio”.
L’UE si Immagina gli Agricoltori del 2040: Una Sfida di Resilienza
L’Unione Europea, saggiamente, ha iniziato a delineare quelli che potrebbero essere i profili degli agricoltori del futuro, i cosiddetti “Euro2040 farmer profiles”. Pensate un po’, ne hanno identificati ben 12, ognuno con le sue caratteristiche: dall’agricoltore “adattivo” a quello “aziendale”, passando per l'”intensivo”, il “patrimoniale” (quello che porta avanti la tradizione di famiglia, per intenderci), fino a figure super innovative come l’agricoltore in “ambiente controllato” (tipo serre verticali super tecnologiche) o quello che si occupa di “agricoltura cellulare” (sì, avete capito bene, carne coltivata e simili!). E poi ci sono quelli con un’impronta più sociale, come l’agricoltore “social care” o quello dedito al “lifestyle”, senza dimenticare il “rigenerativo”, l'”urbano”, l'”hobbista serio” e quello focalizzato sull’approvvigionamento comunitario.
Ora, la domanda da un milione di dollari è: quali di questi profili saranno davvero resilienti? E per resilienza, intendiamoci, non parlo solo della capacità di resistere alle intemperie, ma soprattutto della resilienza economica. Chi riuscirà a stare in piedi economicamente di fronte agli shock del mercato, alle crisi e alle instabilità varie? È una questione cruciale, perché la resilienza agricola è fondamentale non solo per la sicurezza alimentare (come ci ricorda l’ONU), ma anche per lo sviluppo socio-economico delle comunità rurali, la conservazione della cultura locale e la fornitura di quei servizi ecosistemici che tanto ci piacciono.
La Lituania ci Fa da “Cavia”: Cosa Abbiamo Scoperto?
Lo studio che ho letto si è concentrato sulla Lituania, un paese interessante perché presenta un mix di sfide strutturali (tante piccole aziende, disparità di reddito, poca diversificazione) e opportunità offerte dalle politiche UE. I ricercatori, attraverso interviste a esperti e l’uso di sofisticate tecniche decisionali multi-criterio (roba da cervelloni, ve lo assicuro!), hanno cercato di capire due cose fondamentali:
- Qual è la quota attuale di questi profili di agricoltori in Lituania e come potrebbe cambiare entro il 2040?
- Qual è il livello di resilienza economica di ciascun profilo?
E qui, amici, arrivano le sorprese. Innanzitutto, gli esperti lituani hanno aggiunto due profili “locali” alla lista dell’UE: i cosiddetti “sofa farmers” (agricoltori da divano, quelli che mantengono il terreno al minimo indispensabile, giusto per non perdere i requisiti) e i “cacciatori di sussidi finanziari“. Già questo ci fa capire quanto il contesto locale possa essere specifico!
Ma il dato più eclatante riguarda la popolarità e la resilienza. Attualmente, in Lituania, il profilo dominante è quello “intensivo“: parliamo di oltre il 43% delle aziende. E le proiezioni dicono che, seppur con un leggero calo, rimarrà il più diffuso anche nel 2040. Altri profili popolari oggi sono il “patrimoniale”, il “rigenerativo” e l'”hobbista serio”.
Nel 2040, però, la top 5 dei più popolari, secondo gli esperti, sarà: “intensivo”, “rigenerativo”, “cooperativo”, “adattivo” e “social care”. Insieme, questi cinque profili potrebbero rappresentare oltre l’80% delle aziende agricole lituane. Interessante notare come l’agricoltore “hobbista serio” sembra destinato a trasformarsi in figure con scopi sociali, ambientali o economici più definiti, come appunto il “social care” o l'”urbano”.
Il Paradosso della Resilienza: Popolare Non Significa Invincibile
E qui casca l’asino, come si suol dire. Quando i ricercatori hanno calcolato un indice di resilienza economica per ciascun profilo, i risultati sono stati, a mio avviso, abbastanza scioccanti. I profili che si prevede saranno più diffusi nel 2040, ovvero l'”intensivo“, il “rigenerativo” e l'”aziendale” (corporate), sono risultati tra i meno resilienti dal punto di vista economico! Avete capito bene: quelli che domineranno il settore agricolo lituano potrebbero essere i più vulnerabili. Questo, capite bene, rappresenta un bel rischio per l’agricoltura del paese.
Perché questa bassa resilienza? Prendiamo l’agricoltore “intensivo”: secondo gli esperti, soffre di un basso indice di liquidità corrente, un’alta percentuale di lavoratori stagionali rispetto a quelli fissi e una piccola quota di reddito extra-agricolo. L’agricoltore “rigenerativo”, pur con tutte le sue buone intenzioni ambientali, sembra avere margini di profitto lordo bassi e una forte dipendenza dai sussidi. Insomma, un quadro che fa riflettere.
Chi Sono Allora i “Campioni” della Resilienza?
Se i più popolari zoppicano, chi sono allora i più “tosti”? Lo studio indica chiaramente due profili come i più resilienti economicamente: l’agricoltore “social care” e quello in “ambiente controllato“. Il primo, che integra attività agricole con servizi sociali (terapie, supporto comunitario), e il secondo, che utilizza tecnologie avanzatissime per coltivare senza suolo (idroponica, aeroponica), mostrano una resilienza superiore, anche del 50% in più rispetto al profilo “intensivo”.
Cosa li rende così forti? Nonostante margini di profitto lordo magari inferiori, eccellono in altri aspetti. Ad esempio, hanno un rapporto tra lavoratori stagionali e permanenti molto più equilibrato e un’ottima diversificazione della clientela. L’agricoltore in “ambiente controllato” brilla per un basso rapporto di indebitamento, mentre quello “social care” mostra una minore dipendenza da materie prime importate (carburanti, fertilizzanti, ecc.). Anche i profili “urbano”, “cellulare” e “patrimoniale” mostrano una buona resilienza.
È interessante notare come la dipendenza dai sussidi statali dia risultati ambigui: il profilo “ambiente controllato” (molto resiliente) e quello “intensivo” (poco resiliente) ne dipendono poco. Al contrario, il “social care” (molto resiliente) e il “rigenerativo” (poco resiliente) ne sono fortemente dipendenti. Questo ci dice che la resilienza è una faccenda complessa, influenzata da tanti fattori che interagiscono tra loro.
Cosa Rende una Fattoria “Tosta” di Fronte alle Crisi?
Al di là dei singoli profili, lo studio evidenzia alcuni fattori chiave per la resilienza economica:
- Diversificazione: Sia dei clienti che della produzione agricola. Non mettere tutte le uova nello stesso cesto, insomma!
- Reddito extra-agricolo: Avere entrate anche da attività non strettamente agricole aiuta a bilanciare i conti.
- Minore dipendenza da input importati: Meno si dipende da fertilizzanti, carburanti o mangimi che arrivano da lontano, meglio è.
- Gestione della forza lavoro: Un buon equilibrio tra lavoratori fissi e stagionali, riducendo la precarietà.
- Solidità finanziaria: Indicatori come il rapporto di indebitamento e la liquidità corrente sono cruciali.
Lo studio sottolinea come, ad esempio, per i profili “intensivo” e “rigenerativo” sia fondamentale ridurre la dipendenza dai lavoratori stagionali e diversificare di più le attività e i clienti. Per l’agricoltore “intensivo”, poi, c’è un forte bisogno di migliorare la gestione finanziaria.
Implicazioni per le Politiche Agricole: Un Approccio “Sartoriale”
Cosa ci insegna tutto questo? Che se vogliamo un’agricoltura europea davvero resiliente, non possiamo fare di tutta l’erba un fascio. Le politiche di sostegno, come la famosa PAC (Politica Agricola Comune), dovrebbero essere tagliate su misura per le esigenze specifiche dei diversi profili di agricoltori. È necessario incoraggiare la diversificazione, sostenere la transizione verso pratiche meno dipendenti da input esterni e promuovere attivamente i profili che dimostrano maggiore resilienza.
Per esempio, per l’agricoltore “intensivo”, si potrebbe pensare a incentivi per la diversificazione verso la bioeconomia o prodotti a più alto valore aggiunto, supporto per sistemi agricoli integrati, o prestiti agevolati per tecnologie sostenibili. Per il “rigenerativo”, servirebbero eco-schemi più robusti, supporto per cooperative di commercializzazione e certificazioni che valorizzino i loro prodotti. Per il “social care”, si potrebbero creare schemi di pagamento per i servizi terapeutici offerti e partnership con i servizi sanitari. E per l'”ambiente controllato”, sussidi mirati per tecnologie avanzate ed efficienti.
Certo, non è facile. Ci sono resistenze al cambiamento, instabilità geopolitiche, fattori ambientali… Però, avere una mappa più chiara dei futuri agricoltori e della loro capacità di resistere è già un primo, fondamentale passo.
Un aspetto che mi ha colpito è la prevista drastica riduzione del profilo “patrimoniale” in Lituania entro il 2040. Questo tipo di agricoltura, che enfatizza il passaggio della fattoria di generazione in generazione, il mantenimento delle tradizioni e i legami sociali nelle comunità rurali, rischia di scomparire. Questo potrebbe non solo erodere tradizioni culturali, ma alterare profondamente lo stile di vita rurale basato su forti legami comunitari.
Uno Sguardo Oltre la Lituania e le Domande Aperte per il Futuro
Anche se lo studio si è focalizzato sulla Lituania, i suoi risultati possono offrire spunti interessanti per altri paesi europei con caratteristiche simili (piccola economia aperta, predominanza di cerealicoltura, dimensioni medie aziendali contenute). Certo, ogni contesto è diverso, e la resilienza può manifestarsi in modi differenti. E non dimentichiamo che il progresso tecnologico, specialmente l’intelligenza artificiale in agricoltura, potrebbe rimescolare le carte in modi che oggi facciamo fatica a immaginare.
La ricerca futura potrebbe approfondire le diverse dimensioni della resilienza (robustezza, adattamento, trasformazione) per ciascun profilo. Sarebbe anche interessante capire se gli stessi indicatori di resilienza vadano bene per tutti: un hobbista e un’azienda intensiva hanno obiettivi e strutture talmente diversi! E poi, c’è tutto il tema dell’interconnessione tra resilienza economica, finanziaria, ecologica e sociale.
Insomma, la sfida per un’agricoltura europea resiliente è complessa ma affascinante. Questo studio lituano ci ha dato una lente d’ingrandimento preziosa. Ci dice che dobbiamo essere pronti a sostenere una diversità di modelli agricoli, premiando l’innovazione, la sostenibilità e, soprattutto, la capacità di adattarsi e prosperare in un mondo che cambia alla velocità della luce. Il futuro del nostro cibo e delle nostre campagne dipende anche da questo. E io, da inguaribile curioso, non vedo l’ora di scoprire come andrà a finire!
Fonte: Springer