Tesori Nascosti e Voci della Terra: La Riscoperta dei Geositi con la Comunità nel Geoparco Mixteca Alta!
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante, un’avventura che mescola scienza, scoperta e, soprattutto, il potere incredibile delle comunità locali. Parleremo di come abbiamo letteralmente riscritto la mappa dei tesori geologici in un posto magico: il Geoparco Globale UNESCO della Mixteca Alta, in Messico. E la parte più bella? Lo abbiamo fatto insieme alla gente del posto, ascoltando le loro voci e valorizzando il loro sapere ancestrale.
Ma cosa sono questi “Geositi” e perché un “Inventario”?
Immaginate un inventario non come una noiosa lista della spesa, ma come una mappa del tesoro geologico. I geositi sono luoghi speciali che raccontano la storia della Terra: formazioni rocciose spettacolari, fossili antichissimi, vulcani spenti, paesaggi mozzafiato modellati da forze naturali nel corso di milioni di anni. Un inventario di geositi è fondamentale, è la base per capire, proteggere e valorizzare questo patrimonio. Solitamente, questi inventari sono compilati da squadre di geoscienziati, ognuno con la sua specializzazione. Ma c’è un “ma”.
Nei Geoparchi UNESCO, l’obiettivo non è solo scientifico. Si cerca di creare un legame forte tra il patrimonio geologico e lo sviluppo locale, coinvolgendo attivamente chi vive in quei territori. E qui sorge la domanda: come possiamo far sentire nostro un patrimonio se la sua identificazione è fatta solo da esperti, magari concentrati su aspetti super tecnici che, per quanto importanti a livello internazionale, dicono poco alla comunità locale?
La Sfida: Unire Scienza e Sapere Locale
Ecco, questa è stata la nostra sfida e la nostra grande opportunità nella Mixteca Alta. Questo territorio, vasto 415 km², abbraccia nove municipalità nello Stato di Oaxaca ed è abitato prevalentemente da comunità indigene di etnia Mixteca. Qui, la gestione partecipativa e le decisioni comunitarie sono una tradizione radicata. C’era già un primo inventario, fatto nel 2015 per la candidatura a Geoparco UNESCO, ma si sa, gli inventari sono organismi vivi, hanno bisogno di essere aggiornati!
Così, ci siamo detti: perché non coinvolgere direttamente le autorità locali, rappresentanti delle comunità, per creare una lista di geositi che partisse dalla loro prospettiva? Volevamo capire quali luoghi fossero significativi per loro, quali storie raccontassero, quali legami avessero con la loro cultura, le loro leggende, la loro vita quotidiana. E, naturalmente, volevamo anche valutare lo stato di conservazione di questi siti.
Il bello è che nella Mixteca Alta c’è una relazione preziosissima tra le comunità indigene e il loro territorio. Questo legame si riflette nella lingua, nelle tradizioni orali, nei nomi dei luoghi (toponimi). Un patrimonio immateriale che si intreccia indissolubilmente con quello geologico.

Il Nostro Metodo Partecipativo: Un Percorso a Tappe
Abbiamo strutturato il nostro lavoro in una serie di fasi, un po’ come un’escursione ben pianificata:
- Fase 1: Condividere la Conoscenza. Per prima cosa, abbiamo lavorato sodo per diffondere e rafforzare i concetti chiave: cos’è un geoparco, un geosito, un geotrail (sentiero geologico), il geoheritage (patrimonio geologico), la geodiversità. Abbiamo organizzato workshop, condiviso documenti, discusso. È stato fondamentale, perché anche se i rappresentanti comunali potevano conoscere questi temi come cittadini, il loro ruolo di autorità richiede una comprensione più profonda, per poter poi spiegare e coinvolgere a loro volta la popolazione.
- Fase 2: La Parola alle Comunità. Qui è entrato in gioco il “brainstorming”. Abbiamo chiesto a ogni consiglio municipale di discutere internamente e stilare una lista dei geositi più caratteristici e con il maggior potenziale geologico e geomorfologico del proprio territorio. Nessun intervento diretto da parte nostra, del team tecnico del geoparco, in questa fase. Volevamo che emergessero le loro priorità, basate sulle informazioni condivise nella prima fase.
- Fase 3: Sul Campo, Insieme! Questa è stata la parte più avventurosa! Abbiamo organizzato visite sul campo ai geositi proposti, accompagnati dalle autorità locali e, in alcuni casi, da guide locali, persone con una conoscenza profonda del territorio. Noi, come team tecnico (geologi e geografi), abbiamo verificato le segnalazioni, applicato tecniche cartografiche e di prospezione per descrivere correttamente i siti. È stato uno scambio continuo: noi fornivamo informazioni specialistiche sui geositi che loro avevano identificato, e loro ci arricchivano con il loro sapere.
- Fase 4: Analisi e Valutazione. Infine, abbiamo analizzato la vulnerabilità intrinseca e il rischio di degrado dei siti identificati, usando una metodologia semplice basata su indicatori. Questo ci ha permesso di capire lo stato di conservazione e se i siti fossero pronti per essere utilizzati nelle attività del geoparco.
Questo processo si è svolto tra novembre 2023 e maggio 2024, un periodo intenso ma incredibilmente gratificante!
I Risultati: Un Tesoro Ritrovato e Condiviso
E i risultati? Strepitosi! Siamo passati da 35 geositi del vecchio inventario (concentrati in soli 4 comuni) a ben 48 geositi, distribuiti in maniera molto più uniforme su tutte e nove le municipalità del geoparco! Questo significa che ogni comunità ora ha almeno un sito di interesse che la rappresenta. Pensate, ben 29 dei “vecchi” geositi sono stati riconfermati dalle comunità, segno della loro importanza intrinseca.
Ma non è solo una questione di numeri. La cosa più entusiasmante è che il 77,1% dei geositi inventariati con questo metodo ha un valore culturale, archeologico o antropologico collegato, direttamente o indirettamente. E il 100% ha, ovviamente, un interesse geologico o geomorfologico a varie scale di importanza. Questo dimostra quanto sia forte il legame tra patrimonio geologico e culturale in quest’area.
Abbiamo identificato siti con interesse geomorfologico (33,04%), petrologico (rocce, 19,79%), stratigrafico e sedimentologico (strati e sedimenti, 12,17%), tettonico e strutturale (faglie, pieghe, 11,01%), mineralogico (9,28%), paleontologico (fossili, 6,09%), idrogeologico (acque sotterranee, 4,93%) e pedologico (suoli, 3,77%). Un vero campionario della geodiversità!

Anche se l’inventario è stato generato da cittadini senza una formazione geoscientifica avanzata, la loro selezione si è rivelata incredibilmente accurata. Abbiamo scoperto che il 4,2% dei siti ha importanza internazionale, il 16,7% nazionale, e il resto valori regionali e locali. E quali sono questi aspetti di rilevanza internazionale? Beh, la Mixteca Alta, e lo Stato di Oaxaca in generale, è un “hotspot” tettonico! Si trova alla convergenza di quattro placche tettoniche. Pensate che il 25% dei terremoti del Messico avviene qui! Abbiamo geositi che mostrano faglie geologiche spettacolari, testimoni silenziose di questa incessante attività.
Un altro fiore all’occhiello è la paleoecologia. La regione è considerata il paleolimite meridionale delle praterie nordamericane, un habitat favorevole per la megafauna del Pleistocene. E infatti, abbiamo ritrovato resti fossili di mammut, cavalli, bradipi giganti! Immaginate l’emozione!
Infine, non possiamo dimenticare i processi erosivi, che qui creano forme spettacolari, quasi un’aula a cielo aperto sull’erosione. E poi i paleosuoli, antichi suoli che raccontano storie ambientali, biologiche e culturali, e gli elementi culturali come i lamabordos (terrazzamenti agricoli preispanici), esempi di come le culture ancestrali si siano adattate al loro ambiente.
Stato di Salute dei Geositi: Buone Notizie (con qualche eccezione)
L’analisi di vulnerabilità ci ha dato una notizia confortante: in media, i geositi identificati dalla comunità presentano un basso rischio di degrado. Questo è probabilmente legato al modello di gestione territoriale dei comuni della Mixteca Alta, basato su sistemi normativi interni o “usi e costumi”. In pratica, il forte senso di appartenenza e la gestione comunitaria dei terreni (dove “tutto appartiene a tutti”) diventano un potente strumento di geoconservazione. La responsabilità di preservare i siti ricade sulla collettività.
Certo, non è tutto rose e fiori. Ci sono situazioni specifiche che richiedono attenzione. Ad esempio, il geosito El Jagüey, un lago artificiale che ospita diverse specie di uccelli, soffre di inquinamento acustico. Nel geosito El Chorro, abbiamo trovato scritte vandaliche sulle rocce e rifiuti. E a El Catrín, una diga costruita in un’area a rischio è crollata dopo solo un anno, un monito eloquente sui rischi di costruzioni sconsiderate.

Perché Questo Approccio è Vincente?
Questo lavoro ci ha dimostrato che il sapere empirico delle comunità, se adeguatamente accompagnato e integrato, può essere la base concettuale per strategie di sviluppo come i geoparchi. Gli inventari partecipativi sono doppiamente vantaggiosi: non solo otteniamo una lista aggiornata di geositi, ma coinvolgiamo e istruiamo la società sull’importanza di preservare il proprio patrimonio.
Certo, concetti come “geosito” o “geoparco” possono sembrare astratti. Ma questo processo ha avuto un duplice scopo: divulgare e inventariare. Ha rafforzato il coinvolgimento delle comunità locali nella gestione del loro geoheritage, trasformando una partecipazione spesso solo simbolica in azioni pratiche e concrete. È un processo di democratizzazione della conoscenza e di dialogo tra saperi che non va sottovalutato.
Ora, con un inventario aggiornato e partecipato, il prossimo passo è diffondere queste informazioni al grande pubblico e alle guide comunitarie, attraverso workshop e formazione, e strutturare strategie di divulgazione e conservazione. Perché i geoparchi sono questo: strumenti potenti per diffondere la conoscenza delle geoscienze e promuovere l’intervento attivo della comunità.
È stata un’esperienza incredibile, che mi ha confermato ancora una volta come l’ascolto e la collaborazione siano le chiavi per scoprire e proteggere i tesori del nostro pianeta, rendendo le persone protagoniste della storia del loro territorio. E voi, avete mai pensato a quali meraviglie geologiche nasconde il luogo in cui vivete?
Fonte: Springer
