Fotografia naturalistica con teleobiettivo (300mm) di un visone americano (Neogale vison) che si aggira furtivo sulla costa rocciosa dell'Isola Navarino, Cile, al tramonto. L'alta velocità dell'otturatore congela il movimento, evidenziando la minaccia invasiva per gli uccelli nidificanti a terra come l'oca di Magellano visibile sfocata sullo sfondo. Profondità di campo ridotta per isolare il visone.

Visone vs Uccelli Subantartici: Quando l’Adattamento è Questione di Sopravvivenza

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un angolo remoto e affascinante del pianeta, l’Isola Navarino, nella Riserva della Biosfera di Capo Horn, laggiù nel Cile più meridionale. Immaginate paesaggi mozzafiato, tra foreste di faggi australi, tundre magellaniche e coste battute dal vento. Un paradiso naturale, o quasi. Perché anche qui, l’arrivo di specie invasive può mettere a soqquadro equilibri delicatissimi, costruiti in millenni di evoluzione.

Il Nuovo Arrivato: Il Visone Americano

Il protagonista (in negativo, ahimè) della nostra storia è il visone americano (Neogale vison). Questo piccolo carnivoro, introdotto accidentalmente o per l’industria della pelliccia in varie parti del mondo, è un predatore formidabile e generalista. Il problema è che su isole come Navarino, dove storicamente non c’erano predatori terrestri nativi (a parte qualche rapace dal cielo), le specie locali, soprattutto gli uccelli che nidificano a terra, non hanno sviluppato difese efficaci. Sono, come diciamo noi ricercatori, “ingenue” (naive). Non riconoscono il pericolo o reagiscono nel modo sbagliato.

Il visone è arrivato a Navarino nel 2001 e da allora ha fatto sentire la sua presenza, diventando una seria minaccia per la fauna locale, in particolare per due specie di uccelli che nidificano proprio lì, a portata di baffo: l’oca di Magellano (Chloephaga picta) e l’anatra vaporiera non volatrice (Tachyeres pteneres). Studi precedenti avevano mostrato tassi di predazione sui nidi piuttosto allarmanti, specialmente per l’anatra vaporiera.

La Domanda Cruciale: Si Impara a Difendersi?

Qui entra in gioco la nostra curiosità scientifica. Ci siamo chiesti: dopo circa vent’anni dalla comparsa di questo nuovo predatore, questi uccelli hanno imparato la lezione? Hanno modificato le loro strategie di nidificazione per sfuggire al visone? È una domanda fondamentale, perché ci dice molto sulla capacità di adattamento delle specie selvatiche di fronte a cambiamenti ambientali rapidi e impattanti come l’arrivo di un invasore.

Per rispondere, abbiamo confrontato dati raccolti in due periodi distinti:

  • +5 anni: Dati sui nidi raccolti tra il 2005 e il 2007, circa 5 anni dopo l’arrivo del visone.
  • +20 anni: Dati raccolti tra il 2021 e il 2022, circa 20 anni dopo l’invasione.

In totale, abbiamo analizzato le caratteristiche di 140 nidi, guardando sia il “macrohabitat” (l’ambiente generale attorno al nido, tipo di costa, densità della vegetazione) sia il “microhabitat” (le caratteristiche immediate del sito del nido, come l’altezza degli arbusti, la copertura laterale e superiore).

Le Oche di Magellano Cambiano Tattica

E qui le cose si fanno interessanti! Analizzando i dati, abbiamo scoperto che le oche di Magellano hanno effettivamente cambiato le loro abitudini. Rispetto a 15 anni prima, oggi tendono a:

  • Nidificare in aree con vegetazione meno densa (macrohabitat).
  • Nascondere i loro nidi sotto arbusti più bassi e con minore copertura laterale e superiore (microhabitat).
  • Deporre le uova più tardi nella stagione riproduttiva.

Sembra proprio una risposta adattativa! Una vegetazione meno fitta e una minore copertura potrebbero permettere alle oche di avvistare più facilmente un visone che si avvicina furtivamente, dando loro più tempo per reagire o fuggire. Nidificare più tardi potrebbe essere legato al fatto che studi precedenti avevano indicato un maggior successo riproduttivo per chi deponeva più avanti nella stagione, forse perché la disponibilità di prede alternative per il visone aumenta. È come se le oche stessero passando da una strategia ottimizzata contro i predatori aerei (massima copertura) a una più bilanciata contro quelli terrestri (migliore visibilità).

Fotografia naturalistica di un'oca di Magellano (Chloephaga picta) che sorveglia il suo nido seminascosto tra arbusti bassi e radi sulla costa dell'Isola Navarino. Obiettivo teleobiettivo zoom 200mm, alta velocità dell'otturatore per catturare l'attimo, luce naturale del mattino che evidenzia i dettagli del piumaggio e la vegetazione rada circostante, tipica della nuova strategia adattativa.

Il Mistero delle Anatre Vaporiere

E le anatre vaporeire non volatrici? Beh, qui la storia è diversa. Nonostante siano state pesantemente predate dai visoni in passato, i nostri dati mostrano che non hanno cambiato significativamente le loro preferenze di nidificazione. Continuano a scegliere siti simili a quelli di 15 anni fa, spesso in vegetazione fitta e vicino a coste rocciose. C’è solo una leggerissima tendenza a nidificare un po’ più tardi e su coste leggermente più ripide, ma niente di statisticamente rilevante come per le oche.

Perché questa differenza? Abbiamo qualche ipotesi:

  1. Limiti ecologici: Queste anatre si nutrono principalmente di invertebrati marini che trovano lungo le coste rocciose. Forse non possono permettersi di spostare i nidi troppo lontano dalle loro zone di foraggiamento preferite, anche se questo significa più rischio.
  2. Strategia alternativa: Potrebbero aver adottato un’altra tattica. Abbiamo notato che nel periodo più recente (+20 anni), la maggior parte dei nidi di anatra vaporiera è stata trovata su isolotti vicini alla costa principale. Questi isolotti potrebbero essere più difficili da raggiungere per i visoni, offrendo un rifugio più sicuro. Quindi, invece di cambiare *come* nascondono il nido, cambiano *dove* lo mettono.
  3. Ragioni evolutive: Le anatre vaporeire non migrano e vivono tutta la vita in un tratto di costa limitato. Anche se nella loro area di distribuzione storica esistono altri mustelidi, forse la popolazione di Navarino, isolata e senza predatori terrestri per lungo tempo, ha perso o non ha mai avuto la plasticità comportamentale per adattarsi rapidamente a un nuovo tipo di minaccia come il visone. Le oche, invece, migrano e potrebbero aver incontrato predatori simili altrove, mantenendo una maggiore “flessibilità” adattativa.

Adattamento Sì, Ma Basta?

Quindi, cosa ci dice tutto questo? Che l’adattamento è un processo complesso e non uguale per tutti. Le oche di Magellano sembrano sulla buona strada per sviluppare una risposta comportamentale al visone (anche se dobbiamo ancora capire quanto sia efficace nel ridurre *davvero* la predazione – potremmo essere a un livello di “ingenuità 3”, cioè risposta giusta ma risultato ancora scarso). Le anatre vaporeire, invece, sembrano più in difficoltà o stanno percorrendo una strada diversa (forse ancora a un “livello 2”, con una risposta non ottimale o affidandosi alla fuga sugli isolotti).

Un dato preoccupante, però, emerge confrontando le densità dei nidi trovati nei due periodi: sembra esserci una tendenza alla diminuzione per entrambe le specie. Questo suggerisce che, nonostante i tentativi di adattamento, l’impatto del visone rimane pesante.

La conclusione è chiara: anche se la natura cerca sempre di trovare un modo, l’adattamento richiede tempo (forse centinaia di generazioni per eliminare completamente l'”ingenuità”!) e non sempre è sufficiente a contrastare l’impatto devastante delle specie invasive, specialmente in ecosistemi fragili come quelli insulari. Per questo, il controllo delle popolazioni di visone nelle aree di nidificazione più importanti rimane una priorità assoluta per la conservazione di questi splendidi uccelli subantartici. La loro sopravvivenza potrebbe dipendere tanto dalla loro capacità di adattarsi quanto dal nostro intervento per ridurre la pressione predatoria.

Fonte: Springer

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