ACT e Guillain-Barré: Quando Accettazione e Impegno Illuminano il Percorso di Guarigione
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel mondo della psicologia applicata a condizioni mediche complesse. Parleremo di come un approccio terapeutico relativamente nuovo, l’Acceptance and Commitment Therapy (ACT), possa fare la differenza per chi affronta una sfida improvvisa e devastante come la sindrome di Guillain-Barré (GBS). Immaginate di passare da una vita attiva a una dipendenza quasi totale dagli altri in pochissimo tempo. È un’esperienza che può scuotere profondamente, non solo fisicamente ma anche mentalmente. Ed è proprio qui che entra in gioco l’ACT.
Cos’è la Sindrome di Guillain-Barré (GBS)? Un Fulmine a Ciel Sereno
Prima di addentrarci nella terapia, capiamo meglio il nemico. La GBS, come ci ricorda l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è una condizione rara in cui il nostro stesso sistema immunitario, per errore, attacca i nervi periferici. Questo attacco può causare debolezza muscolare, perdita di sensibilità, difficoltà a deglutire o respirare, fino ad arrivare, nei casi più gravi, a una paralisi quasi totale. Nonostante sia rara (circa 1.12 casi ogni 100.000 persone all’anno), la sua insorgenza improvvisa e la potenziale gravità la rendono un problema serio. Pensate all’impatto: debolezza acuta, dipendenza forzata, dolore intenso… è facile capire come possa essere un’esperienza psicologicamente traumatica.
L’Impatto Psicologico: Oltre il Corpo
Quando il corpo viene colpito così duramente, la mente non resta illesa. Molti pazienti con GBS riportano difficoltà psicologiche persistenti anche dopo un apparente recupero neurologico. Parliamo di:
- Ansia
- Depressione
- Stress
- Fatica cronica
- Disturbi del sonno
- Paura intensa
- Ridotta qualità della vita
In alcuni casi, possono emergere anche sintomi più severi come allucinazioni, deliri paranoici e psicosi. È un fardello pesante da portare, che richiede un supporto mirato. Qui entrano in gioco figure fondamentali come gli assistenti sociali clinici in ambito medico, che aiutano i pazienti a navigare queste acque turbolente, fornendo supporto emotivo, pratico e interventi psicosociali.
Entra in Scena l’ACT: Un Approccio Diverso alla Sofferenza
Tra gli interventi basati sull’evidenza, l’Acceptance and Commitment Therapy (ACT) si sta rivelando particolarmente promettente per chi affronta malattie acute e croniche. Perché? Perché l’ACT non si concentra ossessivamente sull’eliminare pensieri e sentimenti negativi (cosa spesso difficile, se non impossibile, soprattutto all’inizio). Piuttosto, ci insegna a migliorare il nostro funzionamento significativo, anche in presenza di esperienze dolorose. L’obiettivo è aumentare la cosiddetta flessibilità psicologica.
Ma cos’è questa “flessibilità psicologica”? È la capacità di:
- Essere pienamente presenti nel momento attuale.
- Accogliere pensieri ed emozioni difficili senza lottare inutilmente o evitarli.
- Fare scelte e agire in linea con i nostri valori più profondi.
In pratica, è l’abilità di adattarsi alle sfide della vita, impegnarsi in azioni che contano per noi ed essere presenti, anche quando proviamo disagio o dolore. L’ACT utilizza tecniche come la defusione cognitiva (imparare a “sganciarsi” dai pensieri), la mindfulness, la chiarificazione dei valori e l’accettazione per promuovere questa flessibilità. Sembra proprio l’ideale per una condizione come la GBS, no? Eppure, fino a poco tempo fa, mancavano studi specifici sull’ACT in questo contesto.

Il Caso Studio: Un Viaggio di Trasformazione
Ed eccoci al cuore della questione: un caso studio che ha esplorato proprio l’efficacia di un breve intervento ACT su una paziente con GBS. Parliamo di S.S. (useremo le iniziali per privacy), una donna di 52 anni, sposata, proveniente da un contesto socioeconomico modesto. Dopo essersi ripresa da una forma grave di COVID-19, ha iniziato a manifestare i sintomi della GBS. Ci sono volute due settimane per la diagnosi e il ricovero. Dopo la fase acuta e un miglioramento iniziale (soprattutto respiratorio), è stata dimessa ma continuava a soffrire molto, sia fisicamente che psicologicamente.
S.S. riportava dolore fisico opprimente nonostante gli antidolorifici, sintomi di depressione e ansia, pensieri suicidari, episodi di rabbia e una forte riluttanza a continuare la fisioterapia, fondamentale per il recupero. Nonostante le raccomandazioni, aveva rifiutato una valutazione psichiatrica. È a questo punto che, tramite l’assistente sociale dell’ospedale, sono entrato in contatto con lei (ricordate, parlo in prima persona per rendere il racconto più coinvolgente, ma non sono io l’autore dello studio originale!).
Il mio ruolo (come assistente sociale clinico e medico con esperienza in ACT) era offrire un intervento psicologico. Durante il primo incontro a casa sua, S.S. ha espresso la sua frustrazione per non essere più indipendente, lei che si descriveva come una persona molto attiva. La famiglia era un forte punto di riferimento e supporto. Abbiamo stabilito un rapporto, discusso la riservatezza e pianificato le sessioni ACT.
Sei Sessioni per Cambiare Prospettiva
Abbiamo optato per un intervento breve: sei sessioni di ACT, di circa 50 minuti ciascuna, svolte prima a domicilio e poi via videoconferenza (Skype). La scelta di un formato breve teneva conto delle condizioni di S.S., dei vincoli di tempo e della letteratura scientifica che mostra l’efficacia anche di interventi ACT concisi. L’obiettivo era chiaro: aumentare la flessibilità psicologica, ridurre l’angoscia e migliorare l’impegno nella fisioterapia.
Ecco, in sintesi, cosa abbiamo fatto:
- Sessione 1: Introduzione e Valori. Spiegazione dell’ACT, enfasi sulla flessibilità psicologica. S.S. ha condiviso la sua esperienza, l’ansia per il futuro, la depressione per la perdita di indipendenza, i pensieri suicidari e il disagio derivante dal confrontarsi con gli altri. Abbiamo iniziato a identificare i suoi valori personali (famiglia, salute, crescita personale).
- Sessione 2: Defusione Cognitiva e Impegno. Abbiamo esplorato i valori emersi. Introdotte tecniche di defusione per distanziarsi dai pensieri inutili (quelli suicidari, di confronto). Esercizi come visualizzare i pensieri come nuvole che passano. Collegato l’impegno nella fisioterapia ai suoi valori di salute e crescita.
- Sessione 3: Accettazione e Mindfulness. Discussione sull’accettazione: resistere al dolore aumenta la sofferenza. Introdotte tecniche di mindfulness (es. respirazione consapevole) per ancorarsi al presente e osservare pensieri e sensazioni senza reagire. Questo l’ha aiutata a gestire i pensieri negativi (suicidari, di confronto), notando che erano in contrasto con i suoi valori.
- Sessione 4: Azione Impegnata e Sé come Contesto. Revisione dei valori e identificazione di piccoli passi concreti allineati ad essi (es. passare tempo di qualità con la famiglia, seguire corsi online). Introdotto il concetto di “Sé come contesto”: l’idea che noi non siamo i nostri pensieri o sentimenti, ma lo spazio in cui essi accadono. Questo ha rafforzato l’impegno verso la fisioterapia come parte di un impegno più ampio per la salute.
- Sessione 5: Integrazione e Barriere. Revisione delle abilità apprese. Combinazione di mindfulness, defusione e accettazione. Affrontate le barriere all’azione impegnata (limitazioni fisiche, paura del fallimento), trasformandole in sfide gestibili. Discusso come il confronto con gli altri potesse essere una barriera, imparando a vedere questi pensieri come transitori.
- Sessione 6: Progressi e Mantenimento. Revisione dei progressi. S.S. ha riportato una significativa diminuzione di ansia e depressione, riduzione dei pensieri suicidari, aumento del senso di scopo. Si sentiva più capace di gestire l’angoscia e agire secondo i valori. Migliorato l’impegno nella fisioterapia. Sviluppato un piano di mantenimento.

Risultati Sorprendenti: Numeri e Parole
Per valutare l’impatto, abbiamo usato due questionari prima dell’intervento (pretest), subito dopo (posttest) e a due mesi di distanza (follow-up): il CompACT per la flessibilità psicologica e il DASS-21 per depressione, ansia e stress.
I risultati sono stati notevoli:
- Flessibilità Psicologica (CompACT): Punteggi aumentati significativamente in tutte le dimensioni (Apertura all’Esperienza, Consapevolezza Comportamentale, Azione Valutata) e nel punteggio totale. I miglioramenti si sono mantenuti o addirittura incrementati al follow-up.
- Disagio Psicologico (DASS-21):
- Depressione: Da ‘grave’ a ‘moderata’ (posttest) e poi ‘lieve’ (follow-up).
- Ansia: Da ‘moderata’ a ‘normale’ (posttest e follow-up).
- Stress: Da ‘estremamente grave’ a ‘lieve’ (posttest e follow-up).
Questi cambiamenti erano statisticamente significativi. Al follow-up di due mesi, S.S. ha riferito di stare molto meglio, di camminare da sola, di non avere più pensieri suicidari (un traguardo enorme!), e di gestire meglio i pensieri negativi (soprattutto quelli di confronto) grazie agli esercizi di mindfulness. L’ACT l’aveva aiutata ad accettare i limiti fisici, ridurre l’impatto di pensieri ed emozioni angoscianti e impegnarsi in attività significative, promuovendo resilienza e empowerment.
Riflessioni Finali, Limiti e Prospettive Future
Questo caso studio, pur con i suoi limiti (è un caso singolo, manca un gruppo di controllo, il follow-up è breve, si basa su auto-valutazioni e c’è il potenziale effetto confondente del recupero fisico spontaneo), suggerisce fortemente che l’ACT possa essere un valido aiuto per le persone con GBS. Ha aiutato S.S. a gestire l’enorme fardello psicologico della malattia, compresi i pensieri suicidari (l’ACT riduce l’evitamento esperienziale, spesso legato a questi pensieri), e a ritrovare un impegno verso la vita e la riabilitazione.
È interessante notare come il contesto socioeconomico e culturale di S.S. abbia giocato un ruolo. Le difficoltà economiche iniziali e i forti legami familiari hanno influenzato la sua esperienza e la risposta alla terapia. Questo sottolinea l’importanza di adattare l’ACT culturalmente, usando metafore pertinenti e considerando valori collettivi o familiari, non solo individuali.
Le implicazioni pratiche sono chiare:
- L’ACT potrebbe essere integrata nei programmi di riabilitazione per GBS (e forse altre condizioni neuro-fisiche acute).
- È un approccio personalizzabile sui valori e le sfide individuali.
- Può migliorare l’aderenza ad altre terapie (come la fisioterapia).
- Formare gli assistenti sociali medici all’ACT potrebbe fornire strumenti preziosi.
Inoltre, questa ricerca tocca temi di Giustizia, Equità, Diversità e Inclusione (JEDI). Evidenzia la necessità di un accesso equo alle cure psicologiche come l’ACT, specialmente per popolazioni sottorappresentate o marginalizzate che affrontano barriere economiche, culturali o logistiche. Rendere l’ACT accessibile (tramite servizi pubblici, telemedicina, adattamenti culturali) è fondamentale per l’equità sanitaria.

In conclusione, anche se servono studi più ampi e rigorosi, questo caso apre una finestra di speranza. Mostra come, anche di fronte a una diagnosi spaventosa come la GBS, strumenti come l’ACT possano aiutare le persone non solo a sopravvivere, ma a ritrovare un senso e una direzione, coltivando la resilienza e imparando a navigare le tempeste interiori con maggiore accettazione e impegno verso ciò che conta davvero.
Fonte: Springer
