Accumulo Solare Termico: La Rivoluzione Silenziosa dei Materiali a Cambiamento di Fase!
Ciao a tutti, appassionati di scienza e tecnologia! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi affascina tantissimo e che ritengo fondamentale per il nostro futuro energetico: l’accumulo di energia termica (TES – Thermal Energy Storage), in particolare applicato al solare termico. Immaginate di poter “catturare” il calore del sole quando c’è e usarlo quando serve, anche di notte o quando il cielo è coperto. Fantastico, vero? Beh, non è fantascienza, ma una realtà resa possibile da tecnologie ingegnose, tra cui spiccano i sistemi basati sui materiali a cambiamento di fase (PCM – Phase Change Material).
Il Sole: Un Amico Prezioso ma Incostante
Sappiamo tutti che il sole è una fonte di energia pulita e praticamente inesauribile. Il problema? Non è sempre disponibile allo stesso modo. C’è il ciclo giorno-notte, le stagioni, le nuvole… Insomma, la sua disponibilità è intermittente e, diciamocelo, un po’ imprevedibile. Se vogliamo davvero sfruttare al massimo questa risorsa, dobbiamo trovare un modo per “mettere da parte” l’energia quando abbonda per usarla nei momenti di magra. Qui entra in gioco l’accumulo termico. Pensateci: è un concetto antico come il mondo, ma oggi lo stiamo perfezionando con la scienza. L’obiettivo è semplice: ridurre il divario tra quando l’energia è disponibile e quando ne abbiamo bisogno, rendendo i sistemi energetici più affidabili ed efficienti.
Entrano in Scena i Materiali a Cambiamento di Fase (PCM)
Tra le varie tecniche di accumulo termico (sensibile, latente, termochimico), quelle che utilizzano il calore latente tramite i PCM sono particolarmente promettenti. Ma cosa sono questi PCM? Sono materiali speciali che hanno la capacità di assorbire o rilasciare una grande quantità di calore a temperatura quasi costante durante il loro cambiamento di stato (tipicamente da solido a liquido e viceversa). Pensate al ghiaccio che si scioglie: assorbe calore senza aumentare la sua temperatura finché non è tutto liquido. I PCM fanno qualcosa di simile, ma a temperature utili per le nostre applicazioni.
I vantaggi?
- Alta densità di energia accumulata in volumi ridotti.
- Funzionamento a temperatura relativamente costante durante carica e scarica.
- Bassa variazione di volume durante il cambiamento di fase (se scegliamo la transizione solido-liquido).
Tra i PCM più studiati e utilizzati per applicazioni a bassa e media temperatura (quelle tipiche del solare termico per riscaldamento o acqua calda sanitaria, diciamo tra 0 e 250 °C) ci sono materiali organici come la cera di paraffina e gli acidi grassi. Sono stabili, non corrosivi e relativamente economici. Hanno però un tallone d’Achille: una bassa conducibilità termica, che può rallentare i processi di carica e scarica. Ma la ricerca non si ferma e si studiano soluzioni per migliorare questo aspetto, come vedremo.
L’Esperimento: Mettere alla Prova i PCM
Nel lavoro di ricerca che sto esplorando oggi (trovate il link alla fonte in fondo!), abbiamo voluto mettere sotto la lente d’ingrandimento le prestazioni di un sistema di accumulo termico proprio basato su questi materiali. Non ci siamo accontentati di usarne uno solo, ma abbiamo confrontato tre configurazioni:
- Solo cera di paraffina (punto di fusione 55-57 °C).
- Solo acido grasso (stearico, punto di fusione 65-67 °C).
- Un sistema “a cascata” che li combina entrambi.
L’idea della cascata è intrigante: usare materiali con punti di fusione diversi in sequenza per ottimizzare l’assorbimento e il rilascio del calore lungo il percorso del fluido termovettore (nel nostro caso, acqua).
Abbiamo costruito un sistema sperimentale in laboratorio: tre scambiatori di calore a fascio tubiero (shell-and-tube) con serpentine elicoidali all’interno, ognuno riempito con 5 kg di uno dei PCM o della combinazione. Abbiamo fatto circolare acqua calda (il nostro fluido termovettore, HTF) a diverse temperature (75 °C e 85 °C) e con diverse portate (0.0119 kg/s e 0.0277 kg/s) per simulare l’energia proveniente, ad esempio, da collettori solari. Abbiamo monitorato tutto per 240 minuti durante la fase di carica (accumulo di calore) e altrettanti durante la scarica (rilascio di calore): temperature dell’acqua in ingresso e uscita, temperature dei PCM in vari punti, temperatura ambiente, ecc. Con questi dati, abbiamo calcolato parametri chiave come l’efficienza energetica, l’efficienza exergetica (che misura la “qualità” dell’energia accumulata), l’efficacia del trasferimento di calore e abbiamo fatto anche un’analisi “entransica” (un concetto un po’ più avanzato legato alla capacità di trasferimento del calore).
I Risultati: Cosa Abbiamo Scoperto?
E qui viene il bello! I risultati sono stati davvero incoraggianti, soprattutto per il sistema a cascata.
Innanzitutto, abbiamo osservato che aumentare la temperatura dell’acqua calda (HTF) accelera sì la fase di carica (il PCM si scioglie prima), ma, attenzione, riduce l’efficienza exergetica. Perché? Perché una differenza di temperatura maggiore tra la sorgente calda e il PCM genera più “entropia”, cioè più disordine energetico, una misura dell’energia “sprecata” o degradata. È un classico compromesso: velocità contro qualità dell’accumulo. Per massimizzare l’exergia, dovremmo usare temperature dell’HTF più basse, vicine a quella di fusione del PCM, ma questo rallenterebbe troppo la carica. La scelta dipende dall’applicazione specifica.
La vera star, però, è stata la configurazione a cascata (paraffina + acido grasso). Rispetto ai sistemi con un solo PCM, ha mostrato un miglioramento pazzesco:
- Efficacia del trasferimento di calore migliorata del 100%! Questo significa che lo scambio termico è molto più efficiente.
- Efficienza energetica media aumentata del 30%!
Abbiamo raggiunto un’efficienza di carica massima dell’85.2% e un’efficienza exergetica del 47.5%. Non male, vero?
Abbiamo anche analizzato la “frazione liquida” del PCM, cioè quanto materiale si è sciolto durante la carica. Ad esempio, con la portata maggiore (0.0277 kg/s) e HTF a 70°C, dopo 200 minuti circa l’85% del PCM era liquido, indicando un buon processo di accumulo di calore latente.
Non Solo Efficienza: L’Analisi Exergetica ed Entransica
Vi ho accennato all’efficienza exergetica. È importante perché non ci dice solo *quanta* energia accumuliamo, ma anche *quanto è utilizzabile* quell’energia. Un’alta efficienza exergetica significa che stiamo conservando la capacità dell’energia di compiere lavoro utile, minimizzando le perdite di “qualità”. Il sistema a cascata si è comportato meglio anche sotto questo aspetto, mantenendo una differenza di temperatura più costante lungo lo scambiatore e riducendo la generazione di entropia rispetto ai sistemi a singolo PCM.
L’analisi entransica, un concetto meno comune ma utile, ci ha dato un’idea dell’efficacia con cui l’energia termica del fluido termovettore viene effettivamente trasferita e immagazzinata nel PCM. Anche qui, il sistema a cascata ha mostrato una tendenza all’aumento dell’efficienza entransica durante la carica, suggerendo un utilizzo progressivamente migliore del potenziale termico grazie alla stratificazione e alla fusione sequenziale dei due PCM.
Perché Tutto Questo è Importante? Le Applicazioni Pratiche
Ok, belle scoperte, ma a cosa servono in pratica? Beh, sistemi di accumulo termico efficienti come questi, basati su PCM e magari in configurazione a cascata, aprono le porte a tantissime applicazioni, soprattutto nel campo del solare termico:
- Riscaldamento e acqua calda sanitaria per edifici residenziali e commerciali: accumulare il calore solare di giorno per usarlo la sera o al mattino.
- Processi industriali a bassa/media temperatura: recuperare calore di scarto e riutilizzarlo.
- Serre agricole: mantenere temperature ottimali per le colture.
- Sistemi di essiccazione solare.
- Impianti di desalinizzazione ad energia solare.
- Miglioramento dell’efficienza di centrali solari termiche, garantendo una produzione più costante.
E non solo legate al sole! I PCM si usano anche per il raffreddamento di componenti elettronici, nella logistica della catena del freddo, nei tessuti intelligenti, in applicazioni medicali e persino nell’industria automobilistica per la gestione termica.
Uno Sguardo al Futuro
Questo studio conferma il grande potenziale dei sistemi TESS a PCM, specialmente quelli a cascata, per ottimizzare l’accumulo di energia solare termica. Certo, la ricerca non si ferma qui. Le direzioni future sono tante:
- Sviluppare PCM compositi o nano-potenziati (NEPCM) per migliorare la conducibilità termica, che resta una sfida.
- Studiare sistemi ibridi che combinino accumulo sensibile, latente e termochimico.
- Valutare la stabilità a lungo termine e la degradazione dei PCM dopo migliaia di cicli di carica/scarica in condizioni reali.
- Utilizzare modellazione computazionale e intelligenza artificiale per ottimizzare ulteriormente il design dei sistemi TESS.
- Realizzare analisi costi-benefici complete e valutazioni di impatto ambientale per guidare l’adozione su larga scala.
- Sviluppare soluzioni modulari e scalabili per applicazioni industriali, teleriscaldamento e accumulo su scala di rete.
Insomma, il cammino verso un utilizzo sempre più efficiente e sostenibile dell’energia solare passa anche da questi affascinanti materiali che “imparano” a gestire il calore. Il sistema a cascata con paraffina e acido grasso che abbiamo studiato è un tassello importante in questo puzzle, offrendo un buon equilibrio tra efficienza, stabilità e praticità. Continueremo a studiare e sperimentare, perché rendere l’energia solare disponibile quando serve è una delle chiavi per un futuro più green!
Fonte: Springer Nature