Rifugiati: Perché gli Austriaci Aprono le Porte agli Ucraini ma le Socchiudono ad Arabi e Afghani?
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di una questione che mi ha fatto molto riflettere ultimamente, e che tocca corde sensibili un po’ ovunque in Europa: l’accoglienza dei rifugiati. Mi sono imbattuto in uno studio austriaco davvero interessante, intitolato “Unequally welcome: Austrians’ differing attitudes towards Arab/Afghan and Ukrainian refugees. The impact of human values and perceived threat”, che cerca di capire perché, a quanto pare, non tutti i rifugiati sono “ugualmente benvenuti”. E, devo dire, i risultati aprono scenari complessi e, per certi versi, scomodi.
La ricerca, basata sui dati del “Austrian Values in Crisis Panel” con ben 1357 partecipanti, conferma un sentore che forse avevamo già: gli austriaci mostrano un atteggiamento decisamente più favorevole verso i rifugiati ucraini rispetto a quelli provenienti da paesi arabi o dall’Afghanistan. Ma perché questa disparità? È solo una questione di “pancia” o c’è dell’altro?
Il Contesto: Due Crisi, Due Percezioni Diverse
Ricordiamoci un attimo il contesto. L’invasione russa dell’Ucraina ha scatenato il più grande movimento di rifugiati in Europa dalla crisi del 2015. Pensate che, a marzo 2025, l’UNHCR parlava di 6,4 milioni di rifugiati ucraini in Europa. L’Austria, in particolare, si è trovata ad avere il secondo più alto afflusso pro capite di rifugiati nell’UE nel 2022 e 2023, dopo Cipro. Parliamo di 78.000 ucraini arrivati nel 2022 e altri 16.000 nel 2023. Numeri che, inevitabilmente, sollevano interrogativi su come la popolazione reagisca.
Durante la crisi del 2015, con l’arrivo di rifugiati siriani o afghani, l’atteggiamento generale in Europa, Austria inclusa, era piuttosto critico. Studi recenti, però, mostrano un cambio di passo con gli ucraini. Come mai? Gli autori suggeriscono che le caratteristiche dei due gruppi di rifugiati giocano un ruolo cruciale. I rifugiati siriani/afghani, spesso di fede islamica, tenderebbero a scatenare una sensazione di “minaccia simbolica”, mentre gli ucraini, in maggioranza cristiani e culturalmente percepiti come più “vicini”, no. Ma lo studio voleva andare oltre la semplice descrizione, analizzando i meccanismi profondi, come i valori umani e la percezione della sicurezza.
L’Austria, poi, è un caso studio interessante: non solo per l’alto numero di rifugiati accolti, ma anche perché non fa parte della NATO, il che potrebbe influenzare l’atteggiamento della popolazione verso i rifugiati ucraini in un modo particolare.
La Teoria della Minaccia Integrata (ITT): Quando la Paura Guida il Giudizio
Per capire meglio, lo studio si appoggia alla Teoria della Minaccia Integrata (ITT). Questa teoria distingue due tipi principali di minaccia percepita che possono portare a pregiudizi:
- Minaccia realistica: la paura che un gruppo esterno possa rappresentare un pericolo per il proprio gruppo, ad esempio in termini di criminalità, terrorismo o competizione economica.
- Minaccia simbolica: la sensazione che un gruppo minoritario stia sfidando i valori, la cultura e l’identità sociale della popolazione nativa.
Studi precedenti hanno dimostrato che entrambe le minacce sono forti predittori di atteggiamenti negativi verso gli immigrati. L’ipotesi qui era che i rifugiati arabi/afghani potessero scatenare sia una minaccia realistica (preoccupazioni per la sicurezza) sia una simbolica, mentre gli ucraini, essendo per lo più bianchi e cristiani, difficilmente avrebbero attivato la minaccia simbolica, e forse nemmeno quella realistica legata alla sicurezza nello stesso modo.
In effetti, i dati sembrano confermare in parte queste idee. Gli atteggiamenti negativi verso i rifugiati arabi/afghani sono associati a sentimenti di minaccia realistica, in particolare legata alla criminalità. Sorprendentemente, però, entrambi i gruppi, sia arabi/afghani che ucraini, sono associati a una minaccia simbolica. Questo è un punto interessante: anche se gli ucraini sono culturalmente più vicini, la loro presenza sembra comunque toccare qualche nervo scoperto legato alla coesione sociale e all’identità.
Il Peso dei Valori Umani: Chi Siamo Influenza Chi Accogliamo
Ma non è solo una questione di minacce percepite. Entrano in gioco anche i nostri valori umani fondamentali, quelle convinzioni profonde che guidano le nostre vite. Lo studio ha utilizzato la scala dei valori di Schwartz, che identifica orientamenti come:
- Autotrascendenza: valori come l’universalismo (comprensione, tolleranza, protezione del benessere di tutte le persone e della natura) e la benevolenza (preservare e migliorare il benessere delle persone con cui si è a contatto frequente).
- Autoaffermazione (Self-Enhancement): valori come il potere (status sociale, prestigio, controllo o dominio sulle persone e sulle risorse) e il successo (successo personale attraverso la dimostrazione di competenza secondo gli standard sociali).
- Conservatorismo: valori come la sicurezza (incolumità, armonia e stabilità della società, delle relazioni e di sé), la conformità (contenimento di azioni, inclinazioni e impulsi che potrebbero turbare o danneggiare gli altri e violare le aspettative o le norme sociali) e la tradizione (rispetto, impegno e accettazione dei costumi e delle idee che la propria cultura o religione impongono).
Ebbene, cosa è emerso? I valori di Autotrascendenza sono correlati con atteggiamenti favorevoli verso i rifugiati in generale, sia arabi/afghani che ucraini. Chi dà importanza a tolleranza e benessere altrui, tende ad essere più accogliente, punto. I valori di Autoaffermazione, invece, correlano con atteggiamenti più favorevoli solo verso gli ucraini. Forse perché, essendo in media più istruiti, vengono percepiti come un potenziale “asset” per l’economia da chi valorizza il successo e lo status?
I valori di Conservatorismo, infine, hanno un impatto indiretto sugli atteggiamenti verso i rifugiati arabi/afghani, intensificando l’influenza della minaccia percepita. In pratica, chi è più conservatore tende a percepire questi gruppi come una minaccia maggiore, e di conseguenza ad avere un atteggiamento più negativo. Questo effetto, però, non si manifesta con gli ucraini.
Cosa Dicono i Dati Austriaci? I Risultati dello Studio in Pillole
Mettiamo insieme i pezzi. Lo studio ha chiesto agli austriaci, ad esempio, se lo Stato dovesse essere generoso nella valutazione delle richieste di asilo o se i rifugiati ricevessero troppi soldi dallo Stato. I risultati sono netti:
- Gli austriaci sono più propensi a concordare sulla generosità dello Stato quando si tratta di ucraini rispetto ad arabi/afghani.
- I rifugiati arabi/afghani sono valutati più spesso come destinatari di “troppi soldi” dallo Stato.
Mentre il 29,5% degli intervistati è (piuttosto) d’accordo con valutazioni generose per le richieste d’asilo degli ucraini, questa percentuale crolla all’8,3% per arabi/afghani. Addirittura, il 73% non è affatto d’accordo che si debba essere generosi con questi ultimi. Un divario enorme!
Un dato curioso riguarda il genere: dopo aver controllato per i valori umani, le donne e gli uomini non differiscono nella valutazione dei rifugiati arabi/afghani. Tuttavia, contro le aspettative, le donne risultano più critiche verso i rifugiati ucraini rispetto agli uomini. Gli autori ipotizzano che ciò potrebbe essere legato a una percepita minaccia economica: i rifugiati ucraini cercano spesso lavoro in settori a predominanza femminile, e questo potrebbe generare preoccupazione.
In sintesi, le differenze negli atteggiamenti sembrano derivare da una combinazione di preoccupazioni per le minacce realistiche (soprattutto la criminalità associata ad arabi/afghani) e dal diverso impatto degli orientamenti valoriali. La minaccia simbolica, invece, sembra essere un fattore trasversale, anche se forse con sfumature diverse.
Limiti e Prospettive Future: La Ricerca Non Si Ferma Qui
Come ogni studio, anche questo ha i suoi limiti. C’è la possibilità di un bias da “desiderabilità sociale” (le persone potrebbero non esprimere le loro vere opinioni per paura del giudizio). Inoltre, la misurazione della minaccia realistica legata alla sicurezza era più indiretta rispetto a quella simbolica. E, come accennato, manca un’analisi approfondita della minaccia economica percepita, che potrebbe spiegare alcuni risultati inattesi, come l’atteggiamento più critico delle donne verso gli ucraini.
Nonostante ciò, trovo che questa ricerca sia un passo cruciale per capire le dinamiche complesse che stanno dietro all’accoglienza. Ci mostra che non è tutto bianco o nero, e che le nostre reazioni sono plasmate da un mix di paure, valori e percezioni che variano a seconda di chi abbiamo di fronte. È fondamentale continuare a studiare questi fenomeni, soprattutto per capire come l’opinione pubblica potrebbe evolvere nel tempo e come promuovere una solidarietà più inclusiva. Perché, alla fine, superare le crisi umanitarie richiede il supporto e la comprensione di tutti noi.
Fonte: Springer