Paesaggio grandangolare, obiettivo da 15 mm, un enorme collegamento a catena di ormeggio delle navi parzialmente immersi in acqua di mare mosse vicino a una parete di banchina arrugginita, lunga esposizione per un movimento dell'acqua leggermente offuscato, focalizzazione forte sul collegamento a catena che mostra i dettagli dell'usura e della corrosione precoce, un drammatico cielo overcasto che suggerisce un duro ambiente marino.

Acciaio per Catene d’Ormeggio: Durezza vs Corrosione, la Sfida Nascosta negli Abissi Marini

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel mondo dei materiali, un mondo che spesso diamo per scontato ma che è fondamentale per la nostra sicurezza e per il funzionamento di tante industrie, specialmente quella marittima. Parliamo di acciaio, ma non uno qualunque: l’acciaio ad alta resistenza e bassa lega (HSLA) usato per le catene d’ormeggio delle navi. Immaginate queste enormi catene, immerse costantemente nell’acqua di mare, che devono tenere saldamente ancorate navi gigantesche, piattaforme petrolifere o altre strutture offshore, resistendo a onde, vento e… a un nemico subdolo: la tribocorrosione.

Cos’è la Tribocorrosione e Perché Dovrebbe Interessarci?

Forse il termine “tribocorrosione” suona un po’ tecnico, ma l’idea è semplice e, credetemi, piuttosto “cattiva”. Si tratta della combinazione micidiale di due processi: l’usura meccanica (dovuta allo sfregamento, all’attrito, agli impatti) e la corrosione elettrochimica (la classica “ruggine”, ma accelerata dall’ambiente aggressivo come l’acqua salata). Pensate alla catena che sfrega contro il fondale o contro altre parti metalliche, mentre è immersa in un “brodo” salino che non vede l’ora di “mangiarsi” il metallo. Questi due fenomeni, agendo insieme, sono molto più distruttivi della somma delle loro parti. È un po’ come avere un nemico che ti colpisce e contemporaneamente ti indebolisce con un veleno. Capire come i materiali reagiscono a questo attacco combinato è cruciale per garantire la sicurezza e la durata di queste strutture vitali.

L’Acciaio S355J2+AR Sotto la Lente: Due “Gradi” a Confronto

Nel nostro studio, ci siamo concentrati su un tipo specifico di acciaio, l’S355J2+AR, molto usato proprio per queste applicazioni. La cosa interessante è che questo acciaio può essere “preparato” in modi diversi attraverso trattamenti termici, ottenendo proprietà meccaniche differenti. Noi abbiamo messo a confronto due “versioni” comuni, chiamate Grade 2 e Grade 3.

  • Il Grade 2 si ottiene con un trattamento chiamato “normalizzazione”. Pensatelo come un processo che rende l’acciaio più “rilassato”, con una struttura interna (microstruttura) più fine e omogenea, migliorandone alcune proprietà.
  • Il Grade 3, invece, subisce un trattamento più “energico”: tempra e rinvenimento. Questo lo rende significativamente più duro e resistente all’usura meccanica pura. Sulla carta, sembrerebbe il campione perfetto, no?

Avevamo quindi due contendenti: il Grade 2, più “equilibrato”, e il Grade 3, più “muscoloso”. La domanda era: come si comporteranno nell’arena della tribocorrosione marina? Le aspettative iniziali potrebbero portarci a pensare che il Grade 3, essendo più forte, vinca a mani basse. Ma l’ambiente marino è pieno di sorprese…

Simulare il Mare in Laboratorio: Come Abbiamo Fatto?

Per capirlo, abbiamo dovuto ricreare le condizioni marine nel nostro laboratorio. Abbiamo usato un dispositivo chiamato “tribometro”, una sorta di macchina che simula l’usura facendo sfregare una piccola sfera (nel nostro caso, di allumina, un materiale ceramico molto duro) contro un campione del nostro acciaio, il tutto immerso in una soluzione salina (3.5% NaCl) che imita l’acqua di mare. Ma non ci siamo fermati qui! Abbiamo aggiunto un “tocco” elettrochimico, usando un potenziostato. Questo strumento ci permette di controllare e misurare le correnti e i potenziali elettrici che si sviluppano durante la corrosione, e persino di “forzare” il campione a comportarsi in modi specifici, simulando diverse condizioni:

  • Potenziale a Circuito Aperto (OCP): Lasciamo che il campione e l’ambiente interagiscano “naturalmente”, misurando il potenziale che si instaura spontaneamente.
  • Condizioni Catodiche: Applichiamo un potenziale molto negativo (es. -1.5 V). Questo “protegge” il metallo dalla corrosione, permettendoci di isolare e studiare l’effetto della pura usura meccanica. È come mettere uno scudo anti-ruggine.
  • Condizioni Anodiche: Applichiamo un potenziale positivo (es. +0.3 V). Questo accelera la corrosione, simulando condizioni particolarmente aggressive e permettendoci di vedere come l’acciaio si dissolve sotto l’attacco combinato di usura e corrosione spinta.
  • Scansioni Potenziodinamiche: Facciamo variare il potenziale gradualmente da valori molto negativi a positivi, registrando la corrente. Questo ci dà una “mappa” completa del comportamento elettrochimico del materiale sotto usura.

Lenti macro, 90 mm, colpo vicino di due diversi campioni di acciaio (grado 2 e grado 3) fianco a fianco in una configurazione del tribometro da laboratorio, concentrandosi precisa sull'area della pista di usura, illuminazione controllata che evidenzia le trame, immerse in acqua di mare simulata all'interno di una piccola cella trasparente con elettrodi visibili.

Dopo ogni test, abbiamo analizzato le “cicatrici” lasciate dalla sfera usando microscopi ottici 3D e microscopi elettronici a scansione (SEM), che ci permettono di vedere dettagli finissimi della superficie e persino di analizzare la composizione chimica punto per punto (analisi EDS).

I Risultati: Un Ribaltamento delle Aspettative!

E qui arriva la parte succosa! Cosa abbiamo scoperto? Beh, le cose non sono andate esattamente come ci si potrebbe aspettare basandosi solo sulla durezza.

Quando la corrosione è il nemico principale (Condizioni OCP e Anodiche):
Sorprendentemente, l’acciaio Grade 3, quello più duro e meccanicamente resistente, ha mostrato una maggiore usura complessiva rispetto al Grade 2! Com’è possibile? Sembra che il trattamento di tempra e rinvenimento, pur aumentando la durezza, renda l’acciaio Grade 3 più suscettibile alla corrosione in ambiente marino. La sua microstruttura, pur essendo più dura, contiene forse delle tensioni interne residue o delle piccole fasi (come precipitati di carburi) che agiscono come minuscole pile, accelerando i processi corrosivi locali, specialmente quando la superficie viene continuamente “graffiata” dall’usura. Abbiamo visto chiaramente, nelle immagini al microscopio, che sotto queste condizioni il Grade 3 sviluppava più vaiolature (pitting) e micro-cricche legate alla corrosione. L’usura meccanica rimuoveva lo strato protettivo di ossido che si forma naturalmente, esponendo metallo fresco all’attacco aggressivo degli ioni cloruro (Cl-) presenti nell’acqua salata (li abbiamo trovati depositati sulle superfici usurate con l’analisi EDS!), e nel Grade 3 questo processo sembrava più rapido e dannoso.

Quando l’usura meccanica domina (Condizioni Catodiche):
Qui, come previsto, il Grade 3 ha mostrato la sua superiorità. Essendo protetto dalla corrosione, la sua maggiore durezza gli ha permesso di resistere meglio allo sfregamento puro e semplice. Le tracce di usura erano meno profonde rispetto a quelle sul Grade 2. Le immagini SEM mostravano i segni tipici dell’usura meccanica, come solchi e adesione di materiale (plowing), ma senza i danni evidenti della corrosione.

Comportamento Elettrochimico Generale:
Le scansioni potenziodinamiche hanno confermato questo quadro. In condizioni di sola corrosione (senza sfregamento), i due acciai si comportavano in modo simile. Ma non appena iniziava lo sfregamento (tribocorrosione), il potenziale di corrosione si spostava verso valori più “nobili” (anodici), indicando una maggiore tendenza a corrodersi. E, cosa importante, il Grade 2 manteneva un potenziale di corrosione leggermente più basso (meno nobile) rispetto al Grade 3 sotto sfregamento, suggerendo una sua migliore resistenza alla corrosione in queste condizioni dinamiche.

Stile immagine SEM simulato, vista ravvicinata di dettagli elevati di una pista di usura in acciaio in condizioni anodiche, che mostrano una significativa corrosione per la corrosione e micro-crack insieme a scanalature di usura meccanica, monocromo con aree corrose che evidenziano colori falsi.

Interessante anche notare il coefficiente d’attrito (COF). In alcune condizioni (come quelle anodiche), il COF del Grade 3 tendeva a diminuire più di quello del Grade 2. Questo potrebbe sembrare un vantaggio, ma la realtà è che la perdita di materiale complessiva era comunque maggiore a causa della corrosione aggressiva che, forse, “lubrificava” leggermente il contatto ma al prezzo di un’usura più profonda.

Cosa ci insegna tutto questo? La Morale della Favola Marina

Questa ricerca ci dice una cosa fondamentale: quando si sceglie un materiale per un ambiente complesso come quello marino, non basta guardare una sola proprietà, come la durezza o la resistenza meccanica. La tribocorrosione è una bestia complessa, e l’interazione tra usura e corrosione può portare a risultati controintuitivi.

L’acciaio Grade 3 è senza dubbio più forte meccanicamente, ed è ottimo se l’usura meccanica è l’unico problema. Ma nell’ambiente marino reale, dove la corrosione è sempre in agguato e viene esacerbata dallo sfregamento, la sua maggiore suscettibilità alla corrosione può renderlo, paradossalmente, meno durevole del Grade 2. Il Grade 2, con la sua microstruttura normalizzata più “equilibrata”, sembra offrire un compromesso migliore, sacrificando un po’ di durezza pura in cambio di una maggiore resistenza all’attacco combinato di usura e chimica aggressiva dell’acqua di mare.

Paesaggio grandangolare, obiettivo da 10 mm, vista espansiva di una piattaforma offshore al tramonto con grandi catene di ormeggio che si estendono nel mare calmo, una lunga esposizione creando acqua liscia e nuvole morbide, una forte attenzione alla piattaforma e alle catene, trasmettendo la scala e l'ambiente duro.

Capire queste dinamiche è essenziale per progettare sistemi d’ormeggio più sicuri e duraturi, scegliendo il materiale giusto per il lavoro giusto, o magari sviluppando trattamenti superficiali specifici che possano migliorare la resistenza alla tribocorrosione senza compromettere le altre proprietà necessarie. È una sfida continua, ma ogni passo avanti nella comprensione ci aiuta a navigare mari più sicuri!

Fonte: Springer

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