Immagine fotorealistica di un medico che esamina attentamente l'area del polso di un paziente, specificamente la tabacchiera anatomica, in un ambiente clinico moderno e luminoso. Obiettivo prime 50mm, profondità di campo ridotta per focalizzare sull'interazione, luce naturale laterale.

Accesso Radiale Distale: La Nuova Frontiera Sicura per la Terapia Vascolare?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di veramente interessante nel campo della medicina interventistica, specialmente per chi ha a che fare con la dialisi. Sapete, mantenere funzionante una fistola artero-venosa (AVF) è cruciale, ma a volte si creano delle stenosi, dei restringimenti, che compromettono tutto. La soluzione standard è la terapia interventistica dell’accesso vascolare (VAIVT), ma come accediamo a questi vasi fa una bella differenza. Tradizionalmente si usa l’arteria brachiale o le vene della fistola stessa, ma non sono approcci privi di rischi. Ed è qui che entra in gioco una tecnica più recente e, a mio avviso, affascinante: l’accesso radiale distale (DRA).

Cos’è esattamente l’Accesso Radiale Distale (DRA)?

Immaginate il polso. L’approccio radiale tradizionale (TRA), già un passo avanti rispetto all’accesso brachiale o femorale per molte procedure cardiache, punge l’arteria radiale proprio lì. Il DRA, invece, sposta il punto di ingresso un po’ più in là, verso la mano, nella cosiddetta “tabacchiera anatomica”. Sì, quella fossetta che si forma alla base del pollice quando lo estendete. Sembra un dettaglio, ma questo piccolo spostamento potrebbe portare grandi vantaggi. L’idea è nata per ridurre ulteriormente il rischio di occlusione dell’arteria radiale, un problema non da poco, e anche per minimizzare gli ematomi nel sito di puntura, soprattutto nelle procedure coronariche. Ma la domanda che ci siamo posti è: funziona ed è sicuro anche per la VAIVT, cioè per trattare le stenosi delle fistole per dialisi? Fino a poco tempo fa, non c’erano dati certi.

Perché il DRA Potrebbe Essere la Svolta per la VAIVT?

L’interesse per il DRA nella VAIVT non è campato in aria. Pensateci:

  • Meno rischi per l’arteria radiale: L’occlusione dell’arteria radiale, sebbene non frequentissima con il TRA, è una complicanza che vogliamo evitare. Il DRA sembra promettere un rischio ancora minore.
  • Emostasi più semplice: Fermare il sanguinamento dopo la procedura potrebbe essere più rapido e meno problematico con il DRA.
  • Vantaggi in casi specifici: A volte, specialmente nelle fistole “giovani” o con lesioni multiple, accedere tramite le vene può essere complicato o richiedere più tempo e radiazioni. Il DRA offre un’alternativa diretta dall’arteria, bypassando queste difficoltà.
  • Compatibilità con strumenti avanzati: Per trattare le restenosi, oggi usiamo sempre più spesso palloncini medicati (Drug-Coated Balloons, DCB). Molti di questi richiedono introduttori da 6 French (Fr). Il DRA, nonostante l’arteria sia più piccola in quel punto, si è dimostrato compatibile con questi strumenti, aprendo la porta a trattamenti più efficaci.

Certo, l’alternativa standard (SA), che include l’accesso brachiale o venoso, ha funzionato per anni. Ma l’accesso brachiale ha i suoi rischi (ematomi, lesioni nervose) e quello venoso può allungare i tempi e l’esposizione alle radiazioni. Il TRA è un’opzione, ma a volte il sito di puntura è troppo vicino alla fistola stessa, rendendo le cose complicate. Il DRA, essendo più distale, offre più spazio di manovra.

Primo piano macro di una mano con evidenziata la tabacchiera anatomica, luce controllata per enfatizzare i dettagli anatomici, obiettivo macro 90mm, messa a fuoco precisa sull'area dell'arteria radiale distale.

Lo Studio Giapponese: Cosa Abbiamo Scoperto?

Per vederci chiaro, è stato condotto uno studio retrospettivo in un centro medico giapponese (l’Awaji Medical Center), analizzando ben 421 procedure VAIVT eseguite tra il 2020 e il 2023. Di queste, 181 sono state fatte usando l’accesso radiale distale (gruppo DRA) e le restanti 240 con l’approccio standard (gruppo SA – brachiale o venoso). Abbiamo seguito i pazienti per una media di 24 mesi. E i risultati? Davvero incoraggianti!

Prima di tutto, il tasso di successo della VAIVT (cioè riuscire a trattare la stenosi senza dover rifare chirurgicamente la fistola) è stato praticamente identico nei due gruppi: 97.8% nel gruppo DRA contro 98.3% nel gruppo SA. Nessuna differenza significativa. Questo ci dice che il DRA è fattibile tanto quanto l’approccio standard per portare a termine il lavoro.

E la sicurezza? Qui le notizie sono ancora migliori. L’incidenza di ematomi nel sito di puntura è stata bassissima in entrambi i gruppi, e addirittura nulla (0.0%) nel gruppo DRA contro lo 0.8% nel gruppo SA (statisticamente non significativo, ma comunque un dato notevole). Ancora più importante, durante tutto il follow-up, nessun paziente nel gruppo DRA ha sviluppato sintomi della sindrome da furto associata all’accesso per dialisi (DASS), una complicanza temuta che riduce l’afflusso di sangue alla mano.

C’è stato un piccolo “contro”: il tempo necessario per pungere l’arteria radiale distale è stato leggermente più lungo (in media 5.3 minuti contro 2.9 minuti per l’SA). Tuttavia, il tempo totale della procedura non è cambiato significativamente. Probabilmente perché l’emostasi più rapida con il DRA compensa il tempo di puntura leggermente maggiore. Un compromesso più che accettabile, direi.

Un altro dato affascinante riguarda la ripetibilità. Sappiamo che le stenosi nelle fistole tendono a ripresentarsi, richiedendo nuove VAIVT. Ebbene, nel gruppo DRA, 90 pazienti hanno avuto bisogno di una seconda procedura. Di questi, ben 85 (il 94.4%!) hanno potuto rifare la VAIVT utilizzando nuovamente l’accesso radiale distale. Questo dimostra che il DRA non “brucia” l’accesso, ma lo preserva per usi futuri. Solo in pochissimi casi l’arteria si era ristretta o, in un solo caso, occlusa (ma senza causare sintomi!).

Fotografia in stile documentario medico, un operatore sanitario che esegue un accesso vascolare su un braccio paziente in una sala operatoria luminosa, focus sull'area del polso, obiettivo prime 35mm, profondità di campo che sfoca leggermente lo sfondo.

Affrontare le Preoccupazioni: DASS e Limiti dello Studio

La preoccupazione principale con qualsiasi manipolazione arteriosa, specialmente vicino a una fistola, è la DASS. Come detto, lo studio è stato rassicurante: zero casi sintomatici nel gruppo DRA. Anche l’unico paziente in cui l’arteria radiale distale si è occlusa non ha avuto problemi. Questo suggerisce che l’occlusione del piccolo tratto distale dell’arteria radiale, in questo contesto, potrebbe non essere così critica come si potrebbe temere, forse grazie alla buona circolazione collaterale della mano. Tuttavia, è importante notare una limitazione dello studio: nessun paziente arruolato presentava già sintomi di DASS *prima* della procedura. Quindi, non sappiamo ancora se il DRA sia sicuro in chi ha già questo problema.

Altre limitazioni sono la natura retrospettiva e non randomizzata dello studio (l’operatore sceglieva l’accesso, introducendo un potenziale bias di selezione) e l’uso sistematico di introduttori da 6 Fr (necessari per i DCB, ma forse non sempre indispensabili per palloni standard). Serviranno studi prospettici per confermare questi risultati su larga scala e valutare l’approccio “intention-to-treat” (cioè includendo anche i casi in cui si intendeva usare il DRA ma si è dovuto cambiare accesso).

In Conclusione: Un’Opzione Valida e Promettente

Tirando le somme, cosa ci portiamo a casa da questa ricerca? L’accesso radiale distale (DRA) si conferma una strategia fattibile e sicura per eseguire la terapia interventistica degli accessi vascolari (VAIVT). Offre tassi di successo paragonabili all’approccio standard, con un profilo di sicurezza eccellente (zero ematomi e zero DASS sintomatiche in questo studio) e il grande vantaggio di poter essere riutilizzato nella stragrande maggioranza dei casi.

Anche se la puntura richiede un po’ più di tempo, il tempo totale della procedura non ne risente, e i benefici in termini di comfort del paziente, riduzione del rischio di occlusione radiale e potenziale per trattamenti avanzati (DCB) lo rendono un’opzione decisamente attraente. Non è detto che sia la scelta giusta per tutti e in ogni situazione, ma sicuramente il DRA si guadagna un posto di rilievo tra gli strumenti a nostra disposizione per aiutare i pazienti in dialisi a mantenere le loro preziose fistole funzionanti il più a lungo e nel modo più sicuro possibile. Una piccola puntura in un posto leggermente diverso, ma un potenziale grande passo avanti per la cura del paziente.

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *