Primo piano sulla mano e polso di un paziente dove un medico sta eseguendo un accesso radiale distale (dTRA) nella tabacchiera anatomica per una procedura di stenting carotideo. Si intravede il catetere sottile. Obiettivo macro 70mm, alta definizione, illuminazione da studio controllata, focus preciso sul punto di inserzione.

Stenting Carotideo: Accesso Radiale Distale o Convenzionale? La Mia Esperienza su Tempi e Radiazioni

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta particolarmente a cuore e che riguarda un campo affascinante della medicina interventistica: lo stenting carotideo. Nello specifico, voglio condividere con voi i risultati di uno studio che abbiamo condotto per confrontare due diverse “strade” per arrivare all’arteria carotide partendo dal polso: l’accesso radiale convenzionale (cTRA) e quello più nuovo, l’accesso radiale distale (dTRA). La domanda che ci siamo posti è semplice ma cruciale: usare questa nuova via distale allunga i tempi della procedura o aumenta l’esposizione alle radiazioni per noi operatori e per i pazienti?

Perché l’accesso radiale è diventato così popolare?

Prima di tuffarci nel confronto, facciamo un passo indietro. Per anni, l’approccio standard per procedure come lo stenting carotideo è stato quello transfemorale (TFA), passando dall’arteria della gamba. Tuttavia, l’accesso transradiale (TRA), cioè passando dall’arteria del polso, si è fatto strada prepotentemente. Perché? Beh, diciamocelo, è spesso più sicuro, più comodo per il paziente (che può alzarsi quasi subito dopo) e potenzialmente più economico [1, 16, 17, 18]. Non a caso, le linee guida più recenti, come quelle dell’American Heart Association per gli interventi coronarici, lo raccomandano come prima scelta (Classe I, Evidenza A) [11, 13, 19, 20, 21]. Anche per gli interventi neurovascolari, come il nostro stenting carotideo, sta guadagnando sempre più consensi [2]. Le linee guida europee del 2023 (ESVS) lo suggeriscono come alternativa valida al TFA, specialmente se quest’ultimo presenta rischi maggiori [2]. Insomma, il polso batte la gamba, per così dire!

La sfida dell’occlusione e l’arrivo del dTRA

C’è un però. L’accesso radiale convenzionale (cTRA), quello che usiamo da più tempo, ha un tallone d’Achille: il rischio di occlusione dell’arteria radiale (RAO) dopo la procedura. Le percentuali variano, ma si parla di un tasso medio del 5-10%, che può arrivare anche al 38% in alcuni studi [4]. E un’arteria occlusa non è una buona notizia: non possiamo riutilizzarla per futuri interventi, limita le nostre scelte terapeutiche e addio alla possibilità di usarla come “condotto di bypass” se servisse.

Qui entra in gioco l’accesso radiale distale (dTRA). Si tratta di pungere l’arteria radiale un po’ più in là, nella cosiddetta “tabacchiera anatomica” sul dorso della mano. Studi nel campo della cardiologia interventistica (RCT su larga scala e meta-analisi) hanno mostrato risultati entusiasmanti: tassi di RAO bassissimi e tempi di emostasi (cioè il tempo per fermare il sanguinamento dopo aver tolto l’introduttore) più brevi [5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13]. Sembra la soluzione ideale, no? Tanto che consensus e linee guida iniziano a raccomandarlo [12]. Nel nostro campo, quello neurointerventistico e dello stenting carotideo, siamo ancora agli inizi, ma i primi studi ne confermano fattibilità e sicurezza [14, 15].

Fotografia macro dettagliata del polso di un paziente che mostra i due punti di accesso: uno per l'accesso radiale convenzionale (cTRA) vicino alla piega del polso e uno per l'accesso radiale distale (dTRA) nella tabacchiera anatomica. Obiettivo macro 80mm, alta definizione, illuminazione controllata per evidenziare le strutture anatomiche.

Il Dubbio: Tempo e Radiazioni Aumentano con il dTRA?

Nonostante i vantaggi promettenti, l’adozione del dTRA non è ancora diffusissima. Uno dei freni principali è la preoccupazione che questa tecnica possa richiedere più tempo e comportare una maggiore esposizione ai raggi X, sia per il paziente che per noi medici [27]. In effetti, gli studi che hanno confrontato i vari accessi (radiale vs femorale, radiale distale vs prossimale) hanno dato risultati a volte contrastanti, sia in cardiologia che in neurointerventistica [20, 28]. Quindi, la domanda resta: il dTRA ci fa perdere più tempo e ci espone a più radiazioni durante uno stenting carotideo [27, 29]? C’è uno studio retrospettivo di Hoffman et al. su angiografie diagnostiche (non stenting) che ha trovato tempi di fluoroscopia e dosi di radiazioni significativamente maggiori con il dTRA rispetto al cTRA [14]. Ma per lo stenting carotideo? Mancavano dati specifici.

Cosa Abbiamo Scoperto nel Nostro Studio

Ed eccoci al dunque! Tra gennaio 2022 e aprile 2024, nel nostro Dipartimento di Malattie Cerebrovascolari all’Ospedale Anzhen di Pechino, abbiamo arruolato 131 pazienti sottoposti a stenting carotideo. Li abbiamo divisi in due gruppi: 47 trattati con accesso dTRA e 84 con cTRA. Tutti gli interventi sono stati eseguiti da chirurghi esperti, con almeno 100 procedure transradiali all’anno alle spalle negli ultimi tre anni (un dettaglio non da poco, la curva di apprendimento conta!). Abbiamo raccolto un sacco di dati: caratteristiche dei pazienti, fattori di rischio, parametri di laboratorio, durata della procedura, tempo di fluoroscopia (cioè quanto tempo siamo stati sotto i raggi X), dose totale di radiazioni e complicanze.

I risultati? Sorprendenti, in un certo senso. Abbiamo confrontato i due gruppi e… *nessuna differenza statisticamente significativa*!
Ecco i numeri medi:

  • Durata dell’operazione: (51.47 ± 10.51) minuti per dTRA vs (50.08 ± 11.37) minuti per cTRA (P > 0.05)
  • Tempo di fluoroscopia: (20.48 ± 5.55) minuti per dTRA vs (20.96 ± 9.24) minuti per cTRA (P > 0.05)
  • Dose di radiazioni: (573.60 ± 185.17) mGy per dTRA vs (567.09 ± 329.96) mGy per cTRA (P > 0.05)

In pratica, usare l’accesso distale non ha allungato i tempi né aumentato le radiazioni in modo significativo rispetto all’accesso convenzionale, almeno nelle mani di operatori esperti.

Sala operatoria di interventistica neuroradiologica durante uno stenting carotideo. Si vede un medico esperto che utilizza l'accesso radiale distale (dTRA), concentrato sui monitor che mostrano immagini angiografiche in tempo reale. Obiettivo zoom 35mm, profondità di campo che sfoca leggermente lo sfondo per concentrarsi sull'azione.

Qualche Dettaglio in Più e le Complicazioni

Analizzando i dati di base, non abbiamo trovato grandi differenze tra i due gruppi per età, sesso, fumo, ipertensione, diabete, ecc. L’unica differenza significativa è stata una maggior percentuale di pazienti con una storia di infarto cerebrale nel gruppo cTRA (40.5% vs 17.0%, P=0.006). Una possibile spiegazione? Forse i pazienti con pregressi problemi neurologici collaborano un po’ meno, rendendo la puntura distale, tecnicamente un po’ più delicata, meno agevole e portando a scegliere o a dover passare all’accesso convenzionale. Anche il tempo di puntura non è risultato significativamente diverso, ma qui va detto che nel gruppo cTRA erano inclusi anche i casi in cui si era tentato il dTRA senza successo prima di passare al cTRA.

E le complicanze? Bassissime in entrambi i gruppi. Abbiamo registrato solo qualche caso di livido nel sito di puntura (5 nel gruppo cTRA e 1 nel dTRA, differenza non significativa) e nessun evento avverso maggiore perioperatorio come emorragie cerebrali, infarti cerebrali o miocardici. Ottime notizie!

Limiti e Prospettive Future

Come ogni studio, anche il nostro ha dei limiti. È retrospettivo, condotto in un singolo centro e con un numero di pazienti non enorme. Inoltre, non abbiamo tracciato specificamente quanti pazienti sono passati da un tentativo fallito di dTRA al cTRA, il che potrebbe influenzare leggermente i tempi di puntura. Infine, il controllo dell’occlusione dell’arteria radiale è stato fatto solo clinicamente (palpando il polso) alla dimissione, senza un follow-up ecografico sistematico.

Cosa faremo ora? Sicuramente vogliamo ampliare il campione, magari coinvolgendo altri centri e progettando uno studio randomizzato controllato, che è il gold standard per confrontare due tecniche.

Immagine astratta che simboleggia la ricerca medica e il progresso tecnologico. Onde luminose simili a raggi X si intrecciano con rappresentazioni stilizzate di arterie e vasi sanguigni. Obiettivo grandangolare 20mm, lunga esposizione per creare scie luminose fluide, colori blu e argento duotone.

In conclusione, la nostra esperienza suggerisce che, una volta superata la curva di apprendimento (e i nostri chirurghi erano decisamente esperti!), scegliere l’accesso radiale distale (dTRA) per lo stenting carotideo non comporta un aumento significativo dei tempi procedurali o dell’esposizione alle radiazioni rispetto all’accesso convenzionale (cTRA). Considerando i suoi noti vantaggi nel ridurre il rischio di occlusione dell’arteria radiale e nel migliorare il comfort del paziente, il dTRA si conferma come un’alternativa davvero interessante e valida nel nostro armamentario interventistico. Una strada in più, sicura ed efficiente, per aiutare i nostri pazienti!

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *