Una mappa stilizzata di Pechino con linee metropolitane illuminate che si intersecano, sovrapposta a un'immagine di pendolari che si affrettano in una stazione moderna e luminosa. Macro lens, 80mm, high detail, precise focusing, luce soffusa ma direzionale per evidenziare i flussi di persone e la complessità della rete.

Pechino e i Suoi Treni: Un Viaggio nell’Accessibilità (e nelle Sue Disuguaglianze)

Amici, oggi vi porto con me in un viaggio affascinante, non in un luogo esotico, ma nel cuore pulsante di una megalopoli come Pechino, per esplorare un tema che tocca la vita di milioni di persone ogni giorno: l’accessibilità al trasporto ferroviario. E non parliamo solo di quanto sia facile raggiungere una stazione, ma di quanto questa facilità sia distribuita equamente tra i cittadini. Immaginatevi la scena: una città enorme, un viavai continuo, e la metropolitana come spina dorsale degli spostamenti. Ma questa spina dorsale serve tutti allo stesso modo? È quello che ho cercato di capire analizzando uno studio recente che ha messo sotto la lente d’ingrandimento proprio Pechino.

Lo studio in questione, intitolato “Study on spatial distribution and inequity of rail transit travel accessibility under multi modal traveling: A case study of Beijing“, si è concentrato sull’area interna al Sesto Anello della capitale cinese. Un’area vastissima, che comprende il cuore storico e i nuovi centri urbani. L’obiettivo? Semplice ma cruciale: capire come varia l’accessibilità alle stazioni ferroviarie a seconda del mezzo che usiamo per raggiungerle – a piedi, in bicicletta, in auto o con i mezzi pubblici – e, soprattutto, se ci sono figli e figliastri in questa distribuzione.

Ma come si misura l’accessibilità? E l’equità?

Qui la cosa si fa interessante. Per misurare l’accessibilità, i ricercatori hanno usato un metodo piuttosto sofisticato chiamato “Gaussian-based two-step floating catchment area” (2SFCA), che in pratica calcola quanto facilmente le persone possono raggiungere le stazioni, tenendo conto anche della “capacità di trasporto” di ogni stazione (quanti treni passano, quante uscite ci sono, ecc.). Per i tempi di percorrenza, si sono affidati all’API di Gaode Map, una specie di Google Maps cinese, considerando un tempo massimo di viaggio di 30 minuti – la soglia psicologica oltre la quale, diciamocelo, iniziamo tutti a sbuffare.

E per l’equità? Qui entra in gioco il famoso coefficiente di Gini. Sì, proprio quello che si usa per misurare la disuguaglianza nella distribuzione del reddito, ma applicato all’accessibilità. Un valore vicino a 0 indica una distribuzione super equa, mentre un valore vicino a 1 segnala che pochi fortunati si godono la maggior parte delle “ricchezze” (in questo caso, l’accessibilità).

I dati sulla popolazione sono stati presi da WorldPop e incrociati con i dati del censimento cinese, creando una griglia di 500×500 metri per capire la domanda di trasporto in ogni micro-area. Insomma, un lavorone di raccolta e analisi dati!

I risultati: luci e ombre sulla mobilità pechinese

Allora, cosa è emerso da questa analisi certosina? Preparatevi, perché i risultati sono un mix di conferme e sorprese.

1. Centro batte periferia (ma non sempre come ci si aspetta): Come prevedibile, l’accessibilità è generalmente più alta nel cuore della città (entro il Quarto Anello) e nel sub-centro urbano di Tongzhou. Questo ha senso: sono aree sviluppate da più tempo, con una maggiore densità di stazioni. Tongzhou, pur essendo più recente, è stata pianificata con infrastrutture di trasporto di alto livello.

2. Il mezzo fa la differenza: C’è una correlazione fortissima tra l’accessibilità e il mezzo di trasporto usato. E qui arriva una prima nota dolente: usare i mezzi pubblici per raggiungere le stazioni ferroviarie non offre un vantaggio significativo rispetto all’andare a piedi, specialmente nelle zone più periferiche, ai capolinea delle linee. Sembra un paradosso, vero? Un sistema di trasporto pubblico che non si “parla” in modo efficiente. Questo, secondo me, è dovuto al fatto che le linee bus sono state create prima della metro, e spesso i percorsi non sono ottimizzati per l’interscambio. Un bel grattacapo per chi pianifica la mobilità!

Mappa stilizzata di Pechino con diverse aree colorate a indicare i livelli di accessibilità al trasporto ferroviario. Sovrapposte, icone di persone che camminano, vanno in bicicletta, guidano e prendono l'autobus. Macro lens, 60mm, high detail, precise focusing, illuminazione controllata per evidenziare le differenze.

3. L’equità è un miraggio (soprattutto a piedi e con i bus): Analizzando il coefficiente di Gini, scopriamo che l’accessibilità è distribuita in modo più equo se ci si muove in auto (Gini 0.46) o in bicicletta (Gini 0.54). Le dolenti note arrivano con gli spostamenti a piedi (Gini 0.77) e, udite udite, con i mezzi pubblici (Gini 0.78). Quest’ultimo dato è sconcertante: significa che circa l’80% dell’accessibilità tramite trasporto pubblico è concentrata a beneficio del 20% degli abitanti! Le aree più “anziane” della città, come i distretti di Dongcheng e Xicheng, se la cavano meglio in termini di equità, mentre il distretto di Shijingshan arranca parecchio.

Certo, l’auto offre equità, ma sappiamo bene che non è la soluzione sostenibile per le nostre megalopoli. La bicicletta, invece, emerge come un’opzione flessibile e a basso costo infrastrutturale, capace di compensare le lacune di altri sistemi, specialmente sulle brevi distanze.

Hotspot, cold spot e l’importanza della bicicletta

L’analisi spaziale (con strumenti come il Moran’s I e l’analisi hotspot) ha rivelato che l’accessibilità non è distribuita a caso. Ci sono “hotspot” (aree ad alta accessibilità) e “cold spot” (aree a bassa accessibilità). In generale, dentro il Quarto Anello si sta meglio, fuori peggio. Ma la cosa interessante è che, quando si considerano gli spostamenti in bici o in auto, l’equità dell’accessibilità migliora notevolmente all’interno del Quinto Anello rispetto a quando ci si muove a piedi o con i mezzi pubblici.

Questo suggerisce una cosa fondamentale: potenziare le infrastrutture ciclabili potrebbe essere una chiave di volta per rendere più equa l’accessibilità generale, soprattutto in aree densamente popolate dove costruire nuove linee metro o stravolgere la viabilità è complesso e costoso.

L’analisi IPA: dove mettere le mani (e i soldi)

Per capire dove intervenire con priorità, i ricercatori hanno usato l’analisi IPA (Importance-Performance Analysis). In pratica, hanno incrociato la densità di popolazione (“importanza”) con il livello di accessibilità (“performance”). Le aree più critiche? Quelle nel quadrante “alta popolazione, bassa accessibilità”.

Ebbene, è emerso che la zona tra il Quarto e il Quinto Anello Ovest di Pechino ha la massima priorità di riqualificazione per l’accessibilità a piedi, in bici e con i mezzi pubblici. Un’altra area interessante è quella attorno al Quinto Anello Nord: qui, promuovere l’uso della bicicletta potrebbe migliorare drasticamente l’accessibilità per chi oggi si muove a piedi o con i mezzi pubblici per raggiungere le stazioni ferroviarie.

Questi risultati, secondo me, sono oro colato per gli urbanisti. Ci dicono che non basta costruire più linee ferroviarie; bisogna pensare a come le persone arrivano alle stazioni, e farlo in modo equo e sostenibile. La bicicletta, spesso Cenerentola della pianificazione, potrebbe essere la vera principessa.

Diagramma dell'analisi IPA a quattro quadranti applicato a una mappa di Pechino, con punti colorati che rappresentano diverse zone e la loro priorità di intervento. Prime lens, 35mm, depth of field, duotone blu e grigio per un look analitico e moderno.

Cosa ci insegna Pechino?

Questo studio su Pechino, pur con le sue limitazioni (non considera le differenze tra gruppi di popolazione o l’impatto del traffico in ore di punta), ci offre spunti preziosissimi. Primo, l’approccio multimodale è fondamentale: non possiamo valutare l’accessibilità considerando un solo mezzo di trasporto. Secondo, l’equità deve essere al centro della pianificazione, altrimenti rischiamo di creare città a due velocità.

La ricerca dimostra che l’inerzia istituzionale, come nel caso dei percorsi bus obsoleti, può creare più problemi della semplice mancanza di infrastrutture. Serve una governance adattiva, che magari introduca trasporti a chiamata o sistemi di bike sharing guidati dai dati per rispondere dinamicamente ai bisogni della popolazione.

Il bello di studi come questo è che forniscono una base scientifica per decisioni politiche che possono migliorare la vita di milioni di persone. E ci ricordano che una città veramente “smart” non è solo quella piena di tecnologia, ma quella che riesce a essere accessibile e giusta per tutti i suoi abitanti. E chissà, magari la prossima volta che prenderò la metro qui da me, penserò a Pechino e a quanto ancora c’è da fare, ovunque nel mondo, per una mobilità davvero per tutti.

Fonte: Springer

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